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 2010  marzo 12 Venerdì calendario

IRAQ, IL BUCO NERO DELLA CORRUZIONE

L’ufficio di Aqeel Turaihi si trova al decimo piano del ministero degli Interni, un fungo di cemento circondato da una selva di caserme e uffici amministrativi. Una città dentro la città. All’ingresso, sulla parete di una grande sala, sono affisse 15 foto protette da una lastra di vetro impolverata. Sono i volti dei colleghi del team di Aqeel uccisi in servizio; poche righe ricordano le loro generalità e la data della scomparsa. Tra loro si staglia il ritratto serio di una giovane donna, il capo coperto da un hijab.
Aqeel Turaihi è l’ispettore generale dell’agenzia anti-corruzione del più corrotto dei ministeri del quinto paese più corrotto del mondo. Non è un lavoro facile il suo. Deve indagare su un esercito di 600mila dipendenti, tra cui 300mila poliziotti. Sciita, 45 anni, Turaihi è un uomo affabile ma deciso. Gli scaffali della grande libreria in mogano sono ricoperti di libri, alcuni di poesia. Lui stesso, poeta amatoriale, ne pubblicò un volume 15 anni fa. «Ci troviamo in una morsa. Da un parte siamo minacciati dai terroristi di al-Qaeda e dai ribelli, in quanto funzionari e agenti delle forze dell’ordine incaricati di combatterli. Dall’altro dobbiamo affrontare i corrotti, disposti a tutto per ostacolare le nostre indagini, fino ad agire direttamente per eliminarci». Da quando ha assunto l’incarico, nel 2005, hanno cercato di ucciderlo diverse volte. L’ultima tre mesi fa, quando un kamikaze, fermato appena in tempo, stava per farsi saltare in aria al passaggio del suo convoglio. A 40 ispettori del suo team (2.500 persone in tutto) è andata molto peggio. Il ministero degli Interni dovrebbe essere uno dei luoghi più sicuri della città, forse è uno dei più insidiosi. Le sette perquisizioni a cui si è sottoposti per arrivare dall’ispettore, e i passaggi attraverso le unità cinofile, indicano che qui nessuno si fida di nessuno. Gli infiltrati potrebbero essere dappertutto. D’altronde un consulente britannico venne rapito nel 2008 da una milizia sciita proprio all’interno del ministero. «Il mio lavoro è avere dubbi. Con chiunque io abbia a che fare », confessa Turaihi.
La materia che tratta è molto delicata. La corruzione in Iraq arriva dappertutto, dalle bustarelle chieste dai poliziotti in strada fino alle decine di milioni di dollari rubati nei grandi contratti statali. Permea tutti gli strati della società irachena. «Guardi questi contratti – indica Turaihi – due milioni per la fornitura di derrate alimentaria un carcere spariti nel nulla.L’anno scorso abbiamo scoperto nel nostro ministero ammanchi pari a 200 milioni; abbiamo anche identificato i responsabili, grazie alle sentenze dei giudici 110 milioni dovrebbero essere recuperati in questi giorni».
Una somma ingente, che tuttavia rappresenta solo la punta di un iceberg. Secondo Stuart Bowen, responsabile americano per il monitoraggio della ricostruzione in Iraq, l’ex regno di Saddam starebbe affrontando una seconda violenta pandemia di corruzione; sarebbero quattro i miliardi di dollari che ogni anno scompaiono tra bustarelle, appalti sofisticati e mala gestione: più del 10% delle entrate statali. Cosa ancor più preoccupante, parte del denaro andrebbe a finanziare l’attività degli insorti, come ha ripetutamente denunciato un comitato parlamentare iracheno.
In Iraq la mala pianta della corruzione cresce dappertutto. Nessuno ne è immune, che siano sciiti, sunniti o cristiani, che siano poveri o ricchi. La lista di Aqeelè molto lunga: denaro che viene decurtato dai salari, stipendi pagati a 50mila poliziotti inesistenti (solo nell’ultimo anno), contratti manipolati ad uso personale.
«Sono arrivati persino a rubare- sottolinea Turaihi- la pensione destinata alle vedove dei colleghi uccisi in servizio. Siamo riusciti a restituire il denaro».
Per riguadagnare prestigio davanti alla comunità internazionale, e per non veder ridotto il fiume di miliardi destinati alla ricostruzione a causa di una brutta nomea,l’Iraq sta dunque cercando di correre ai ripari. «La corruzione endemica all’interno del sistema – non solo nelle forze disicurezza – è probabilmente ancora il problema più grande che sta affrontando l’Iraq», aveva spiegato qualche mese fa il generale Ray Odierno, comandante delle forze Usa nel Paese. « una minaccia alle strutture dello stato », gli aveva fatto eco poche settimane dopo il ministro degli Interni, Jawad al-Bolani.
Solo nei primi sei mesi del 2009 la commissione della pubblica integrità – uno dei tre organi che combattono la corruzione – ha diramato 1.455 ordini di arresto per reati di corruzione. Eppure, da quando la commissione ha iniziato a lavorare, nel 2004, solo 397 persone sono state condannate. Turaihi non lo nasconde: «A volte vengono pagati i carcerieri, a volte i giudici e i colpevoli vengono improvvisamente liberati. Ma non possiamo farci nulla, sono settori estranei alla nostra competenza. Le cose però stanno migliorando». L’ispettore tuttavia, pur ammettendo che ci sono ancora migliaia di casi, ci tiene a puntualizzare che una grande "pulizia" è in corso: dal 2005 già 62mila impiegati del ministero (tra cui molti poliziotti) con la fedina penale sporca o assunti senza essere "qualificati" sono stati licenziati.
Il cattivo esempio continuano a darlo i vertici del potere. All’inizio dello scorso anno il ministro del Commercio, uno dei più corrotti, quello con il giro di affari maggiore, è stato costretto a dare le dimissioni dopo uno scandalo che riguardava la distribuzione di alimenti. Fino al 2009 c’era una norma che garantiva a tutti gli iracheni una tessera per le derrate alimentari. Il budget a disposizione del ministero è immenso. «Consideriamo che almeno quattro milioni sono fuggiti all’estero, la maggioranza dopo l’invasione. Milioni di tessere esistono solo sulla carta ma il denaro viene sborsato», spiega l’analista più specializzato in materia, Majiid H. al-Soori. «Pochi mesi fa è stato arrestato un vice ministro dei Trasporti colto in flagranza mentre cercava di estorcere una bustarella di 100mila dollari per assegnare un contratto a una società privata per la sicurezza dell’aeroporto di Baghdad ». Gli arresti sono comunque un segno che la battaglia della commissione anti-corruzione non è del tutto vana, anzi.