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 2010  marzo 12 Venerdì calendario

«PETROLIO», IL MISTERO IN MOSTRA

Questa è la strana storia di gente che dice e non dice, che afferma e poi si tira indietro, che allude e si guarda bene dal confermare, che ricorda e poi perde la memoria. Tanto che anche chi non avesse nessuna tendenza al complottismo a tutti i costi, alla fine qualche brutta idea se la fa venire per forza. Per esempio: il senatore Marcello Dell’Utri annuncia, in coda a una conferenza stampa di presentazione della Mostra del Libro Antico (martedì 2 marzo), che (probabilmente) verranno esposti i famigerati fogli di Petrolio, l’ultimo romanzo (rimasto incompiuto) di Pier Paolo Pasolini, misteriosamente scomparsi dopo la sua morte. Annuncio clamoroso. I giornali ovviamente si scatenano e, a poco a poco, col passare dei giorni, la notizia perde credibilità: sì, forse, ma... e alla fine non se ne fa niente. La Mostra si inaugura (oggi alla Permanente di Milano) e i fogli non ci sono: «La persona che me li ha promessi è scomparsa». Ma lei li ha visti? «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poterli leggere con calma dopo». Che fisionomia avevano? «Una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano». Poi si preciserà che sono esattamente 78 «di un totale di circa duecento». Potrebbe essere il famoso capitolo mancante, intitolato Lampi sull’Eni? Risposta: «Più esattamente Lampi su Eni ». Che la preposizione sia semplice o articolata, si tratterebbe, dunque, delle pagine del famoso Appunto 21 che nel romanzo coincidono con un foglio in bianco e che, secondo alcuni, dovevano contenere il racconto «sconvolgente» della scalata di Cefis all’ente petrolifero italiano e forse il mistero della morte di Mattei. O più probabilmente rivelazioni sull’oscuro passato partigiano dello stesso Cefis in val d’Ossola.
Ma cosa che già non si sappia? E cosa che non sia contenuto in un libro, Chi è Cefis? L’altra faccia dell’onorato presidente, firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz, pubblicato nel ”72 dall’Ami (Agenzia Milano Informazioni) e fatto immediatamente sparire dalla circolazione? Pamphlet di cui’ è acclarato’ Pasolini possedeva una delle rarissime copie sopravvissute e a cui lo scrittore attinse a piene mani per costruire il suo romanzo. Quel che rimane del presunto documento destinato alla Mostra sono esili tracce: sarebbe stato proposto a Dell’Utri da una persona di Roma che spaventata dal rumore seguito all’annuncio avrebbe pensato bene di tirarsi indietro (dopo aver offerto il libro di Steimetz, che invece è regolarmente esposto, accanto a un altro volume raro, intitolato L’uragano Cefis, a cura di Laura Betti, Giovanni Raboni e Francesca Sanvitale, pubblicato sotto la sigla editoriale EGR e privo di data). Insomma, tanti condizionali d’obbligo, a questo punto, se non si riesce neppure a capire come mai sia stato dato l’annuncio del sorprendente ritrovamento (sia pure in forma dubitativa) quando ancora l’acquisizione per la Mostra non era certa. Mistero gaudioso. O doloroso, a seconda dei punti di vista.
Ora, la soluzione più comoda sarebbe quella di tagliare la testa al toro e sentenziare che quel testo non è mai esistito e che si tratta solo di ipotesi fantasiose di impenitenti dietrologi, allineandosi così tranquillamente alle dichiarazioni degli eredi Pasolini. I quali hanno sempre escluso recisamente che dopo il 2 novembre 1975 sia avvenuto un furto in casa dello scrittore (peraltro smentiti dalla testimonianza di Guido Mazzon, un altro cugino di Pasolini). Affermazione che non basta, perché quelle carte potrebbero, eventualmente, essere state sottratte secondo modalità «lecite», magari in seguito a sopralluoghi delle forze dell’ordine (fatto di cui la famiglia non ha più memoria). questa un’altra ipotesi che circola presso ambienti universitari. Alessandro Noceti, che ha curato l’esposizione pasoliniana alla Mostra milanese, conferma che quelle pagine ci sono e non dispera che vengano fuori nei prossimi giorni. Ma rimane tutto appeso ai condizionali, come l’intera vicenda.
Il dato di fatto, interno al testo, è che all’Appunto 21 (quello mancante) viene fatto esplicito riferimento nel capitolo successivo come a un brano già compiuto: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto, della formazione partigiana guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato "Lampi sull’Eni", e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria». (In Petrolio, Mattei viene chiamato Bonocore, mentre a Cefis spetta il cognome, non proprio lusinghiero, di Troya). Ora, è pur vero che il romanzo si presenta in forma di brogliaccio, ma proprio per questo l’autore avrebbe dovuto sorvolare sui nessi interni quando ancora non erano certi, per precisarli in una fase successiva. Del resto, è lo stesso Pasolini a confessare: «Il mio non è un romanzo "a schidionata", ma "a brulichio" e quindi è comprensibile che il lettore resti un po’ disorientato». Forse non avrebbe immaginato che il disorientamento sarebbe stato accresciuto trentacinque anni dopo da troppe omertà. O dall’uso strumentale cui si presta un’opera ancora dolorosamente attuale.
Paolo Di Stefano