Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 12/03/2010, 12 marzo 2010
SEMPRE PIU’ SIGNORE DEI CAMION «ALL’ALBA SUI TIR, A CASA PER CENA»
Alle 5 di ogni mattina Cinzia Franchini ha già in messo in moto il suo camion blu e bianco. Alle 18.30 è di nuovo a casa a Modena, a scrutare il frigorifero e a farsi venire un’idea per la cena. In mezzo ci sono 500-600 chilometri, qualche telefonata al marito, socio e camionista pure lui, operazioni di carico e scarico, un paio di soste in autogrill «per dare una sistemata al trucco e ai capelli». Anche la giornata di Angiolina Mignolli è piuttosto pesante. Vive e lavora a Negrar, in provincia di Verona, dove gestisce un’azienda di autotrasporti, con 9 automezzi e 14 dipendenti. Ancora oggi, quando serve, si mette al volante di un 440 «il classico bestione», dopo aver sorvegliato il lavoro dei muletti che stivano le lastre di marmo sui cassoni.
Attenzione, però, questa non è l’ennesima storia edificante o consolatoria sull’8 marzo e dintorni. Cinzia Franchini, 38 anni, e Angiolina Mignolli, 51 anni, non sono il tocco di colore in un ambiente di lavoro considerato, a torto o a ragione, «machista» per definizione. Al contrario sono due dirigenti di vertice della categoria, due protagoniste della trattativa su costi e sicurezza, intavolata a Roma dagli autotrasportatori con il governo e la committenza (industriali, artigiani, commercianti). «Al di là dei luoghi comuni e delle difficoltà oggettive che rimangono, anche il nostro settore sta cambiando ed è un segnale importante, concreto, per tutto il mondo del lavoro. Siamo già oltre il folclore», dice Cinzia. Dall’ottobre del 2009 Franchini e Mignolli ricoprono la carica di «vicepresidente vicario» della Cna-Fita, l’Unione nazionale delle imprese di trasporto (35 mila associati). Il nuovo gruppo dirigente, guidato da Daniele Caffi, sta vivendo in questi giorni il test chiave: spuntare qualche margine in più sui costi, qualche garanzia aggiuntiva sui tempi di percorrenza e sulle condizioni di sicurezza delle strade. «Non so se in questo caso pesi la nostra sensibilità femminile – osserva Mignolli’ ma la cosa importante è che ora al tavolo ci siamo anche noi. Certo, con Cinzia stiamo insistendo molto per far passare il principio che i committenti non possono chiedere a un autista di coprire un percorso in 9 ore, quando le norme europee prevedono per quella stessa tratta, tra pause e riposo continuativo, un tempo di 18 ore». Le associazioni principali, Cna-Fita, Confartigianato e Anita contano circa 110 mila imprese, dalle società individuali (i «padroncini») ad aziende con 100-150 dipendenti. Non esistono al momento dati sulla divisione percentuale tra i sessi. «Le donne al volante dei tir sono in aumento. Forse oggi sono pari al 10-15%. un lavoro che piace perché ti mette in contatto con il mondo della produzione, ti dà un pizzico di avventura e una certa libertà», dice ancora Angiolina Mignolli.
La «normalità» di essere camionista sta diventando anche il principio ispiratore di alcuni gruppi di base. Lo strumento, naturalmente, è la Rete. Gisella Corradini, 44 anni, di Fiorano Modenese, diploma di scuola professionale, patente D (abilitazione a guidare camion e pullman) da più di vent’anni, guida una «motricetta da sette metri e mezzo». Per tutti i colleghi da due anni è «Ladytrack», lo pseudonimo usato nel blog «Buonastrada», all’interno di un forum animato da altre 10 «compagne di strada», come Rosa Di Gregorio e Marzia Guareschi. «I motori e il viaggio sono le mie passioni - racconta Gisella Corradini - Ho un marito che fa il mio stesso lavoro e una figlia di 21 anni che ha appena preso la patente C, ma che frequenta anche la facoltà di Economia all’Università di Modena. Chi visita il nostro forum sul web troverà le tracce del nostro percorso. Siamo tutte donne che hanno faticato molto per farsi accettare, che ci hanno messo tanta determinazione. Ma oggi stiamo raccogliendo i risultati: abbiamo il nostro spazio e il rispetto della grande maggioranza dei colleghi maschi». Nel sito di «Ladytrack» si trovano chiacchiere innocue e analisi di grande spessore sull’autotrasporto, sulla concorrenza, o meglio sul «dumping» dei conducenti in arrivo dall’Est, disposti ad accettare tratte massacranti a costi stracciati. La crisi livella i guadagni: l’incasso netto di un «padroncino» arriva a fatica a 2.300 mila euro al mese; 3-4 mila al massimo se lavora anche oltre frontiera. Senza distinzioni tra i sessi.
Giuseppe Sarcina