Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 12 Venerdì calendario

L’ITALIA E’ IL PAESE DELLE DONNE DISOCCUPATE

Non era mai successo, almeno negli ultimi 10 anni: dal maggio 2009 in poi, il tasso di disoccupazione fra le donne è stato costantemente minore di quello registrato fra gli uomini, in 15 dei 27 Stati aderenti all’Unione. Lo dicono gli ultimissimi dati dell’Eurostat, l’Istituto europeo di statistica, diffusi lo scorso 5 marzo: la media Ue del tasso di disoccupazione è infatti del 9,3% per le donne, secondo la rilevazione fatta a gennaio, e del 9,7% per gli uomini.
La spiegazione, secondo gli esperti, può essere ricercata nella natura stessa della recessione che ha colpito l’Europa negli ultimi due anni: la crisi si è fatta sentire più duramente nelle industrie manifatturiere, o nell’edilizia, e fra i lavoratori di questi settori è tradizionalmente molto più alta la componente maschile.
Quanto all’Italia, marcia in senso contrario: il tasso di disoccupazione fra le sue lavoratrici, oggi al 9,8%, continua a essere sensibilmente più alto di quello registrato fra gli uomini (7,7%).
Anzi: come mettono in rilievo i ricercatori dell’Istat, l’Italia è il secondo Paese della Ue in cui è più evidente il divario fra i disoccupati dei due sessi, a sfavore delle donne. Il primo posto, in questa classifica non proprio esaltante, spetta alla Grecia: disoccupazione al 7,1% per gli uomini, e al 13,5% – quasi il doppio – per le donne. In questo caso, la spiegazione della crisi edilizia o manifatturiera c’entra presumibilmente poco: per gli esperti, contano di più i lineamenti tradizionali della società italiana e greca; e del resto anche in Portogallo, un altro Paese del Sud-Europa, la disoccupazione femminile (11,2%, a gennaio) è più marcata di quella maschile (10%).
Ci si può consolare in ogni caso con i dati del 2000, che erano molto più pesanti per entrambi le categorie: allora, in Italia, il tasso di disoccupazione femminile era inchiodato al 14,1%, e quello maschile all’8,3%. Che cosa stia significando questa crisi per l’Europa, le tabelle Eurostat lo «fotografano» (purtroppo) assai bene. Per esempio, dal 2008 al 2009, l’occupazione maschile in Lettonia è piombata dal 72,9 al 60,9; e in Irlanda, l’«ex tigre celtica», è scesa dal 75,4 al 66,1. Ancora più plumbeo il panorama alle porte della Ue: l’Islanda, la stessa che il 4 marzo ha deciso con un referendum popolare di non pagare il proprio debito estero, ha visto crollare il suo tasso di occupazione maschile dall’88,6% all’82,8%.
Come sempre, i dati Eurostat consegnano anche il ritratto demografico di quello che saremo fra 10 o 20 anni. E l’Italia, dicono, sarà un Bel Paese di nonne. Fra i 27 Stati della Ue, il nostro – con la Germania – è infatti quello che ha oggi la percentuale più alta di donne al di sopra dei 65 anni: il 23%; la media della Ue è ben più bassa, 19%, mentre l’Irlanda si ferma al 12%, la Slovacchia al 15%, la Gran Bretagna al 18%, e così via. Nel 2030, veleggerà oltre la boa dei 65 anni il 29% delle nostre donne: e ci supererà solo la Germania (30%); mentre l’Irlanda salirà «appena» al 17%, Cipro al 19%, e così via. La media europea delle donne sopra i 65 anni sarà in quell’anno del 26%.
Ma vivremo più a lungo tutti, giunge l’ennesima conferma. L’aspettativa di vita alla nascita, che nella Ue del 2008 era in media di 82,2 anni per le donne e 76,1 anni per gli uomini, nel 2030 toccherà rispettivamente gli 85,3 e gli 80 anni. In Italia, nel 2008, le donne vivevano in media fino a 84,2 anni e gli uomini fino a 78,7: nel 2030, le prime potranno contare «almeno» su 86,9 e i secondi su 81,7 anni. Roba da far invidia al povero Faust.
Luigi Offeddu