Luca Vinciguerra, Il Sole-24 Ore 11/3/2010;, 11 marzo 2010
BALZO DEL MADE IN CHINA (+46%)
Il commercio estero cinese torna a volare e apre la strada alla rivalutazione dello yuan. A febbraio, le esportazioni sono aumentate del 45,7% su base annua. Le importazioni hanno registrato un incremento del 44,7%, con un avanzo commerciale di 7,6 miliardi di dollari dopo i 14,2 di gennaio.Ma se il balzo dell’import (nettamente inferiore al boom di gennaio) è in linea con le previsioni,l’export è andato oltre le più rosee stime. Tuttavia, i dati di febbraio sugli scambi con l’estero vanno presi con le pinze. Per due buone ragioni. La prima è il Capodanno lunare. La festività che paralizza l’attività economica del paese per un paio di settimane nel 2009 era caduta in gennaio. Quest’anno, invece, la ricorrenza è caduta a metà febbraio. La seconda ragione di perplessità è il termine di confronto anno su anno. Febbraio 2009 fu un mese terribile per il commercio internazionale, non solo in Cina ma nel mondo intero. Qualsiasi paragone con quel periodo rischia di essere inattendibile e fuorviante per la comprensione del trend.
Più che analizzati, quindi, i dati sul commercio estero cinese del primo scorcio del 2010 vanno interpretati. E i pareri degli esperti sono discordanti. C’è chi, dopo essersi cimentato in complesse regressioni econometriche per armonizzare le cifre eliminando i fattori di stagionalità, è convinto che in realtà l’andamento tendenziale delle esportazioni non sia poi così brillante. Questo suggerirebbe che la tanto attesa ripresa dell’economia mondiale, destinata a tradursi in un aumento quasi simultaneo degli acquisti di beni made in China, sia in realtà assai meno vigorosa del previsto.
E c’è chi, invece, ritiene che, nonostante le distorsioni stagionali e congiunturali, l’andamento dell’export a gennaio e febbraio confermi la bontà della ripresa in corso. «Le esportazioni cinesi verso i grandi paesi industrializzati sono rimbalzate significativamente. Basti pensare - spiega Tao Wang, economista di Ubs Investment Research che quasi la metà della crescita delle esportazioni è stata generata da Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Secondo le nostre previsioni, nei prossimi mesi l’export continuerà a salire a tassi compresi tra il 25 e il 40%, per poi iniziare a decelerare nella seconda parte dell’anno ». Per scoprire chi ha ragione bisognerà attendere i dati sul commercio estero di marzo, i primi del 2010 non viziati da distorsioni. Il primo a voler sgombrare il campo dall’incertezza è il governo cinese. Fino a che le esportazioni non saranno tornate a crescere a un tasso sostenuto e sostenibile, infatti, non potrà cambiare le proprie politiche valutarie.
Nell’estate 2008,per contrastare gli effetti negativi della crisi globale, la Cina riagganciò lo yuan al dollaro. Da allora, il cambio è rimasto inchiodato a quota 6,8, suscitando le ire di Washington che ha più volte accusato Pechino di protezionismo valutario.
Ma ora, come ha lasciato intendere qualche giorno fa il governatore della People’s Bank of China, Zhou Xiaochuan, i tempi potrebbero essere maturi per sganciare lo yuan dal peg con il dollaro. Se l’export continuerà a tirare, nel secondo trimestre Pechinopotrebbe muoversi in questa direzione.
Tuttavia, gli speculatori che stanno scommettendo sull’apprezzamento della moneta rischiano di restare delusi. Nonostante le forti pressioni internazionali, infatti, è improbabileche Pechino decida una rivalutazione secca come fece nel luglio 2005. Il ritorno della moneta cinese al mercato avverrà in modo morbido e graduale, tramite un ampliamento della banda quotidiana di oscillazione.