Paolo Bricco, Il Sole-24 Ore 9/3/2010;, 9 marzo 2010
DA NORD A SUD INDUSTRIA DA ALTA QUOTA
All’origine di questa storia di jet e di tecnologie spaziali, ci sono due immagini che si sovrappongono. Le ragazze di Varese che a inizio secolo vanno sulle biciclette riparate dal signor Secondo Mona e i braccianti pugliesi che, negli anni 30, lasciano i campi per imparare a costruire aeroplani alla Saca, la fabbrica di Brindisi dell’avvocato Marcello Indraccolo. Cento anni dopo, ti ritrovi due dei cuori manifatturieri del nostro paese. Il blocco lombardo, nebbia umida e strade intasate. Il polo di Brindisi, caldo secco e un porto così così, che potrebbe fare molto di più per lo sviluppo industriale di questa terra.
Varese fa parte del Club dei 15, l’associazione di Confindustria che raduna le associazioni territoriali a più alta densità manifatturiera: il loro valore aggiunto industriale è pari almeno al 35% del Pil complessivamente generato e gli addetti impegnati nell’industria sono oltre il 40% della forza lavoro, contro una media italiana rispettivamente del 28 e del 30 per cento. Per la precisione, a Varese l’industria e gli occupati industriali valgono il 40 per cento.
Brindisi, invece, rientra nelle aree emergenti, il cui manifatturiero pesa fra il 20 e il 30%: sul Pil influisce per il 24 per cento. Come addetti, l’industria sale al 36 per cento. Ma, al di là delle statistiche, il Brindisino costituisce uno dei pochi punti del Sud in cui la politica industriale italiana non ha fallito clamorosamente la missione congegnata nel secondo dopoguerra dalla classe dirigente democristiana e socialista: impiantare siti produttivi che, pur con la loro verticalizzazione naturale, fossero in grado anche di generare nuova imprenditorialità.
Perno Finmeccanica per Varese
«Mio nonno Secondo - racconta Claudia Mona, 37 anni, esponente della quarta generazione - iniziò a riparare nel 1903 biciclette e ciclomotori. Dopo dieci anni di attività, si interessò dei primi aerei». Da allora l’azienda di Somma Lombardo, che appunto ha conservato il nome Secondo Mona Spa, si è trasformata in una specie di officina del cielo. Oggi ha 230 addetti e un fatturato di 31 milioni. Una decina d’anni fa, il salto evolutivo nella fornitura ai big player: dai singoli equipaggiamenti a sistemi più complessi.
Questa impresa fa parte di un comparto lombardo che ha, secondo gli ultimi dati disponibili, 185 aziende, 14.500 addetti e 4 miliardi di fatturato aggregato. All’incirca la metà di questo settore è a Varese, dove operano big player come Alenia Aermacchi (concentrata sullo sviluppo di un aereo addestratore per i top gun, M 346) e Agusta Westland (focalizzata sul convertiplano, misto fra aereo e elicottero, e sull’Us 101, l’elicottero presidenziale di cui Obama ha bloccato la fornitura, salvo indire una nuova gara internazionale). Dunque il perno più massiccio è Finmeccanica. « un sistema complesso - dice Roberto Del Giudice, capo dell’ufficio studi dell’Aifi e docente di finanza alla Liuc di Castellanza - in cui le imprese della filiera sono quasi tutte a proprietà familiare. A livello locale, è diventato operativo il fondo che l’Unione industriale ha creato con Intesa Sanpaolo per capitalizzare le aziende del di-stretto. Il che va bene. Certo, però, se i grandi investitori istituzionali internazionali fossero più presenti si aprirebbero molte possibilità di sviluppo».
Comunque sia, in questo tessuto le Pmi hanno una parte rilevante. «Un elemento positivo - dice a questo proposito Mona- è rappresentato dal distretto aerospaziale lombardo. Che non è un organismo formale: da poco ha compiuto la prima mappatura di tutte le imprese». C’è poi un versante internazionale: «Dall’8 al 13 giugno - spiega Mona- in 21 aziende andremo al Salone aeronautico di Berlino. Per la prima volta ci presenteremo uniti. Non è poca cosa».
Un’altra impresa che ha beneficiato dell’attività del distretto è la Auges di Borgomanero, in provincia di Novara. Una piccola società di consulenza fondata dalla 38enne Cristina Caprioli, ingegnere gestionale, e da Alessandro Piana, 62enne con la terza media e un passato da tecnico specializzato. Venerdì scorso la Auges ha organizzato un workshop nella sede dell’Utensileria Bustese, a Olgiate Olona. «La nuova tecnologia che abbiamo presentato serve a migliorare la lavorabilità dei materiali», dice Caprioli. Che aggiunge: «L’incontro di venerdì è stato organizzato in collaborazione con il distretto. Hanno partecipato, oltre a dei terzisti, i rappresentanti di alcune aziende del gruppo Finmeccanica, del Centro Ricerche Fiat e del Politecnico di Milano».
Brindisi prova a fare squadra
La dinamica grandi-piccoli è una delle chiavi con cui il settore brindisino cerca una maggiore coesione. Anche in Puglia, infatti, le realtà sono intrecciate: oltre ad Alenia, Agusta Westland e Avio, che hanno circa 1.700 addetti, il tessuto imprenditoriale nel Brindisino è formato da 22 aziende che fanno salire a poco meno di 3mila gli occupati. Su un fatturato pugliese di un miliardo, Brindisi pesa per 600 milioni, un terzo riferibile all’indotto. L’altra settimana, qui è venuta una delegazione americana composta dagli uomini di Boeing, Lockheed e Rockwell Automation. Due settimane fa c’erano i canadesi di Bombardier e di Pratt & Whitney.
Dice Amanda Sardelli, titolare della Tsm (200 addetti e 15 milioni di ricavi, verniciatura di aeromobili): «Grazie all’incontro organizzato dal distretto aerospaziale pugliese sono riuscita a parlare con loro. Avere un rapporto diretto con questi colossi è una cosa complicata, ma essenziale». Anche se, poi, il problema è proporsi non troppo in ordine sparso. «Quando arrivano gli stranieri - osserva Angelo Guarini, direttore di Assindustria Brindisi- sarebbe meglio presentarsi compatti: un numero ristretto d’interlocutori in grado di presentare offerte complesse. Oggi non è così. Se riuscissimo a farlo, potremmo aumentare di molto il tasso di crescita delle nostre imprese». Luci e ombre, dunque.
Sottolinea Vincenzo Ingrosso, piccolo industriale con la Processi Speciali (5 milioni di ricavi e 60 addetti), uno degli ultimi ad avere lavorato con il mitico avvocato Indraccolo, patriarca del Sud con la passione per gli aerei che riceveva nella sua masseria e faceva il presidente del Lecce Calcio: «Le politiche pubbliche dovrebbero essere più rapide. Le sembra possibile che, con l’accordo di programma finanziato dalla regione, io sia in ballo da almeno un anno? Su un investimento da 3,5 milioni, che mi permetterebbe di introdurre processi galvanici nuovi, i fondi pubblici a fondo perduto sarebbero pari alla metà. Io, però, non posso occuparmi solo di burocrazie, ritardi e chiarimenti».
C’è poi un altro elemento che ha rallentato lo sviluppo autonomo brindisino: la distanza, che negli ultimi anni si è tentato gradualmente di ridurre, fra università e imprese. Un sapere tecnico diffuso che, invece, rappresenta da sempre uno dei punti di forza informali dell’industria settentrionale. Anche se, nell’Italia che si specchia, mille chilometri più a Nord non è che tutto vada benissimo. Dice Claudia Mona: «Non c’è giorno in cui non arrivi in aereo un buyer straniero o che un nostro collaboratore non s’imbarchi da Malpensa per viaggi intercontinentali che spesso prevedono cambi e attese negli aeroporti di mezzo mondo».
Cento anni fa il bisnonno di Claudia smise di riparare biciclette perché vide gli aerei di pionieri come Gianni Caproni e Giovanni Agusta alzarsi dai campi di volo di Cascina Malpensa. E, oggi, Malpensa ha perso ogni pretesa da hub internazionale e si è ridotta a uno scalo locale, procurando rallentamenti e aritmie di fondo a uno dei cuori manifatturieri del nostro paese.