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 2010  marzo 11 Giovedì calendario

UN ESERCITO DI ESCORT NEL CARNET DELLA CRICCA

Quelle imprese vanno commissariate perché sono una distorsione permanente del mercato. I pubblici ministeri di Perugia vanno all’attacco delle imprese di Diego Anemone: lui è in carcere, accusato di corruzione continuata, ma le sue imprese stanno lavorando ancora ai Grandi Appalti. Epperò la legge è chiara, esiste una responsabilità giuridica anche delle società. «Occorre tenere presente che l’attività di indagine fino a questo momento svolta ha evidenziato la sistematicità con la quale le persone poste ai vertici delle società coinvolte nel presente procedimento sono incorse allo strumento della corruzione per ottenere l’aggiudicazione di appalti pubblici». I magistrati sostengono anche di più. Questi imprenditori hanno adottato la corruzione «come normale modus operandi». E allora ecco la richiesta al gip di nominare un commissario straordinario che prenda in mano le diverse società della galassia Anemone e le riconduca a una organizzazione più rispettosa delle leggi e dell’etica del mercato per la assoluta «necessità di recidere la propensione verso la criminalità del profitto».
Sistema escort

Che non fosse soltanto Diego Anemone a utilizzare il sesso come gradita merce di scambio, emerge da un altro filone dell’indagine condotta dal Ros di Firenze. A fare i conti c’è da farsi girare a testa: sarebbero ben 350 le escort di lusso (e non) che i carabinieri hanno censito lungo la loro inchiesta. In un apposito faldone ci sono nomi, cognomi e indirizzi di signorine compiacenti a Bologna, Firenze, Roma, Venezia. Era il vizietto di diversi funzionari della «cricca». Che però, come hanno scoperto i carabinieri, a colpi di cinque-sei-settecento euro ad appuntamento, era anche abbastanza caro. ma tanto pagavano gli imprenditori. Anche un certo Guido Ballari, a sua volta in rapporti con parlamentari del Pdl, pagava spesso. In un’occasione, a Roma, al quartiere Balduina, Fabio De Santis fu accompagnato da Ballari a uno dei soliti appuntamenti. Lui su a spassarsela, Ballari giù in strada ad aspettare. Rivelerà poi l’intercettazione di una telefonata tra De Santis e Ballari: «Ma lo sai che te la sei cavata per un pelo? Un attimo dopo che sei uscito, là è arrivato il marito di quella... Sai che casino che succedeva...». Risate.
Come Toro e Ferrara frenarono

Che il procuratore aggiunto Achille Toro avesse bloccato l’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ecologico, negando le intercettazioni telefoniche era noto. Ma anche il procuratore capo, Giovanni Ferrara, aveva mille dubbi. E i suoi furono argomenti «politici», non giudiziari. Toro era sicuramente un magistrato che amava procedere con i piedi di piombo. «Anche in altre circostanze - ha messo a verbale il pm Assunta Cocomello - il dottor Toro è stato molto cauto». Ma questa volta, visto che c’entrava il G8, le prudenze erano state esasperate. «Il dottor Ferrara e il dottor Toro segnalavano la necessità di individuare il passaggio di somme di denaro... Al massimo individuavano elementi per ipotizzare un abuso d’ufficio. Il dottor Ferrara mi ha anche responsabilizzato in ordine alla delicatezza dell’indagine in relazione a una eventuale fuga di notizie in pieno G8».
Tante perplessità e dubbi della procura romana irritarono i carabinieri del Noe. Al punto che l’11 febbraio 2009, negate le intercettazioni e anzi scippati dell’inchiesta che passava alla Guardia di Finanza, inviarono una nota riservata al comando. Gli ufficiali dell’Arma misero per iscritto tutti i loro dubbi a futura memoria. Ha testimoniato uno dei firmatari, il capitano Pasquale Starace, che tutto si bloccava per contrasti tra magistrati. «Il procuratore capo dr Ferrara e il procuratore aggiunto dr Toro formulavano obiezioni di ”opportunità politica” e non di discrezionalità giudiziaria». E ribadisce il tenente Francesco Ceccaroni che i carabinieri rimasero perplessi perché loro volevano approfondire un’ipotesi di reato e gli veniva risposto che si temeva «il nocumento all’immagine del paese che sarebbe potuto derivare da un’indagine penale su un avvenimento di tale portata».
Ai pm perugini a questo punto dev’essere sorto un dubbio: ma anche Ferrara giocava la partita di Toro? E’ quanto ha intuito la stessa Cocomello, che ha concluso così: «Preciso di non avere mai avuto sospetti sull’operato dei miei capi».