Accossato e Amabile, La Stampa 11/3/2010, pp. 10-11., 11 marzo 2010
L’INFLUENZA SUINA (2
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Partito. L’Organizzazione mondiale della Sanità non ha ancora dichiarato ufficialmente superata la «fase 6» della pandemia da Influenza A/H1N1, ma in Italia il viaggio al contrario dei vaccini è già cominciato. Centinaia di migliaia di fiale non utilizzate stanno tornando a Roma, e da Roma - in parte - ripartiranno verso Paesi dove l’allarme non è affatto rientrato e i focolai sono ancora una minaccia, Africa compresa. Paesi che hanno chiesto aiuto all’Oms. Soltanto poche migliaia di dosi saranno conservate dal ministero e dalle Regioni per un eventuale improvviso nuovo allarme da virus mutato.
Un flop. Il verdetto è nei numeri: il timore è stato sproporzionato. A fronte di 10 milioni di dosi di vaccino distribuite in Italia, sono state meno di 900 mila le persone vaccinate al 31 gennaio scorso, quando la pandemia è definitivamente sparita dalle paure degli italiani.
Le Regioni hanno segnalato al ministero circa mille ricoveri e 228 vittime. Ma diverse Asl stanno comunicando la disponibilità alla restituzione di addirittura più della metà dei vaccini acquistati per fronteggiare l’allarme pandemia. I nuovi casi di malattia, dall’1 al 7 febbraio scorso, sono stati 114 mila, che portano il bilancio totale a 4 milioni e mezzo di contagi dal 19 ottobre, quand’è iniziata la sorveglianza Influnet. In Lombardia sono state somministrate però solo il 10 per cento delle dosi. In Piemonte, le 700 mila fiale avanzate vengono in questi giorni stoccate in una cella frigo del servizio farmaceutico dell’Asl To3 a Roletto, nel Pinerolese, a pochi chilometri da Torino: «Saranno mantenute qui a una temperatura tra i 4 e gli 8 gradi finché il ministero invierà la Croce Rossa a ritirarle - spiega la dottoressa Antonella Barale, responsabile delle attività vaccinali della Regione -: in Piemonte resteranno 15 mila dosi». Ventinovemila quelle somministrate finora a Torino e nelle altre province del Piemonte. All’Asl di Treviso, invece, su 128 mila vaccini disponibili, le persone che hanno aderito alla campagna sono state soltanto 1800.
Doveva essere una pandemia. Invece, il numero di vittime da Influenza A non ha superato lo 0,005 per cento dei malati. Significativa - e premonitrice - l’adesione alla campagna vaccinale di medici, infermieri e operatori sociosanitari: 161 mila, il 15 per cento del totale del personale impiegato in Asl, ospedali e ambulatori.
L’indecisione è stata più forte della paura. Future mamme comprese: solo 12 su cento (22.796 dosi) hanno chiesto di essere vaccinate per proteggere se stesse e il nascituro. Identica percentuale delle persone di età compresa fra 6 mesi e 65 anni considerate a rischio.
L’ultima distribuzione di vaccini a Regioni e Province Autonome risale al 22 dicembre scorso. Dal 19 gennaio l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) ha addirittura ridotto le attività connesse alla sorveglianza della pandemia influenzale A: i dati vengono ora trasmessi soltanto una volta la settimana, il venerdì. «Ciò - spiega il ministero della Salute - li rende non paragonabili a quelli precedentemente forniti». Modificate anche le procedure di rilevazione dei decessi: non più contati dal giorno di inizio della pandemia, ma dall’inizio della tradizionale stagione influenzale. «L’Oms - dice ancora il ministero - ha reso noto il 20 novembre che in Norvegia è stata riscontrata una mutazione in alcuni campioni del virus della nuova influenza A/H1N1», ma i dati italiani confermerebbero che questa mutazione «non appare per ora predominante nei casi gravi o letali che si sono ancora registrati».
In Piemonte il viaggio al contrario dei vaccini si concluderà probabilmente oggi. Le tredici Asl e i quattro ospedali che erano stati riforniti hanno quasi completato il trasporto nella speciale cella frigo, e da venerdì dosi singole e multidose saranno a disposizione del ministero: «Nelle aziende sanitarie dove le forniture erano maggiori sono stati utilizzati furgoni refrigerati per il trasporto - spiega ancora la dottoressa Barale -, dove le scorte erano minori sono state sufficienti borse frigo come quelle destinate al trasporto degli organi da trapiantare». La Croce Rossa arriverà con i tir. Poi partirà un nuovo conto alla rovescia: i vaccini non utilizzati scadono in autunno.
Marco Accossato
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INTERVISTA A SILVIO GARATTINI -
Silvio Garattini aveva avvertito tutti in tempi non sospetti. Farmacologo, una vita tra Organizzazione mondiale della sanità, Istituto superiore di Sanità, ministero della salute e ogni altra istituzione che abbia a che fare con la sanità, quando dall’Oms arrivavano le prime previsioni fosche: già lo scorso luglio esprimeva le sue perplessità su una vaccinazione di massa.
E’ andata così. Il ritiro delle dosi è iniziato. Di chi è stato l’errore? Del governo? Delle regioni? Dell’Oms?
«E’ facile criticare con il senno di poi. Supponiamo che non ci fosse stato il vaccino e si fossero verificati dei problemi: il governo sarebbe stato responsabile. Non è a questo livello che vanno cercate le responsabilità ma più a monte».
Ovvero?
«I governi si sono mossi seguendo le indicazioni ricevute dall’Oms. E’ lì che si sono verificati problemi, hanno esagerato la portata dell’evento. Di fronte all’allarme dell’organizzazione, però, i governi non potevano che adeguarsi. Si era parlato di una pandemia che avrebbe provocato 300 mila morti, come avrebbero potuto non cautelarsi? L’errore, quindi, è in partenza. Già poco tempo dopo si era capito che si sarebbe trattato di una forma piuttosto blanda di influenza, nessun danno sostanziale».
Ci sono stati morti, però.
«I morti ci sono stati ma in numero molto inferiore rispetto alle previsioni. Il Consiglio d’Europa ha istituito una commissione d’inchiesta per capire come mai l’Oms abbia commesso un errore così grande nelle sue previsioni e per verificare se ci sia stato eccesso di zelo o interessi da parte di alcuni membri dell’Organizzazione».
Non solo le previsioni sulle dosi sono state sbagliate, anche quelle sul picco dell’epidemia.
«Si è detto che sarebbe arrivata alla fine dell’anno e invece a fine novembre l’influenza era già in grande diminuzione. Non saprei dire però se si sia trattato di una previsione realizzata a livello internazionale o in Italia».
Dopo questo fallimento c’è un rischio: che il prossimo autunno si lanci un nuovo allarme per una pandemia e che nessuno ci creda.
«E’ vero, il rischio esiste. Penso che anche i mass media debbano svolgere un ruolo diverso in questi casi. Sarebbe utile stabilire accordi per il futuro tra ricercatori, mass media e aziende in modo da fornire informazioni che non siano contraddittorie e fornire maggiori certezze alla popolazione».
Flavia Amabile