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 2010  marzo 10 Mercoledì calendario

Nello scorso mese di Dicembre ho pubblicato un post dal provocatorio titolo: ”E chi è mai stato questo Cavour?” (lo trovate qui) Lamentavo che le celebrazioni per l’Unità d’Italia si stiano praticamente dimenticando di questo nostro Grande

Nello scorso mese di Dicembre ho pubblicato un post dal provocatorio titolo: ”E chi è mai stato questo Cavour?” (lo trovate qui) Lamentavo che le celebrazioni per l’Unità d’Italia si stiano praticamente dimenticando di questo nostro Grande. Ne è seguito un dibattito che francamente mi ha sorpreso per toni e contenuto. Oggi leggo su La Stampa un editoriale che titola: ”L’Italia unita e voluta nel Risorgimento” (questo è il llink) Dice: ”Si è in tanti al lavoro, soprattutto a Torino, per realizzare l’anno venturo i vasti programmi di celebrazioni dell’Unità d’Italia; ma, imprevedibilmente, si sono levate distinte voci di dissenso. C’è chi sostiene che qui, dal Piemonte, non si volle un’Unità così come realizzata per tutta l’Italia e chi d’altra parte ritiene che alcune Regioni italiane fossero state brutalmente annesse contro la loro volontà ed i loro interessi.” ’ molto triste che così si dimentichino – o piuttosto si tradiscano – le migliaia e migliaia di patrioti e di intelligenze di tutta la penisola che credettero negli ideali degli illuministi, della rivoluzione francese, di quella napoletana del ”99, nell’unità degli italiani e per restarne fedeli andarono in esilio, nelle carceri o sacrificarono la loro vita.” ’Proprio qui in Piemonte, si guardò lontano: si dette la Costituzione (lo Statuto), si riconobbero i diritti delle minoranze (ebrei e valdesi), si combatterono con le guerre di indipendenza gli stranieri che occupavano regioni italiane, si stabilì che la giustizia ordinaria, senza distinzioni e privilegi, fosse applicabile anche agli ecclesiastici, si accolsero gli esuli qui venuti d’ogni parte d’Italia.” ’Intorno al decennio chiamato «di preparazione» (1849-1859), a Torino convennero i migliori da tutta l’Italia.” […] (seguono i loro nomi) ’E Benedetto Croce nel 1925 scrisse: «Quando io ripenso a quei calabresi e abruzzesi, balisicatesi e pugliesi, e napoletani di Napoli che agitavano ardenti problemi politici…, che entrarono nelle legioni italiane appena formate… e quando leggo i documenti delle relazioni e amicizie che essi allora legarono con lombardi e piemontesi e liguri e veneti dico tra me: ”’Ecco la nascita dell’Italia moderna, della nuova Italia, dell’Italia nostra’’». ’E in una lettera conservata all’istituto di Studi filosofici di Napoli, Bertrando Spaventa scrisse a Pasquale Villari (il grande allievo di De Sanctis) «di essere giunto alla Mecca a Gerusalemme, la Città Santa degli italiani: Torino» che descriveva così: «Torino, una città seria, silenziosa, gli abitanti non sono oziosi, badano ai loro affari e pare che non sia; pochi gesti, poche parole, proponimento…; hanno creduto e credono che la Costituzione non sia una burla, e la vogliono, ne godono e non sono contenti di perderla. Vita politica attivissima. A me pare una piccola città inglese. Donne… graziose e facilissime, anzi troppo». E così concludeva: «Ma l’anima è ora italiana». […] ”Soltanto chi manchi di letture o abbia spirito fazioso può oggi sostenere che nel Risorgimento – periodo favoloso della nostra Storia – non si volle l’Italia unita, o addirittura che non la si voglia oggi.” Chi firma l’editoriale è FRANZO GRANDE STEVENS. Lui è nato a Avola (Siracusa) e ha conseguito la maturità classica e la laurea in legge presso l’Università Federico II di Napoli , il tutto in quel territorio, ex Regno delle due Sicilie, da cui partono le maggiori contestazioni al nostro Risorgimento. Franzo Grande Stevens vive a Torino ed è oggi riconosciuto come uno dei più importanti avvocati in Italia. Diciamo che non è stato uno di quelli rimasti lì a ricostruire storielle, schiumare rancore, e a piangersi addosso.