9 marzo 2010
Ivan Gismondi detto Gimbo, 54 anni. Pompiere dal 1976, capo reparto nella caserma di Imperia, grande e grosso, appassionato di arti marziali, benvoluto da tutti, «esperto, capace, uno di cui ti fidavi», sposato con Jamila, il giugno scorso aveva perso il figlio ventiduenne Nadir che s’era sparato in testa, pensando di non poter più diventare vigile del fuoco come il suo papà, dopo che i carabinieri gli avevano tolto la patente per guida in stato di ebbrezza
Ivan Gismondi detto Gimbo, 54 anni. Pompiere dal 1976, capo reparto nella caserma di Imperia, grande e grosso, appassionato di arti marziali, benvoluto da tutti, «esperto, capace, uno di cui ti fidavi», sposato con Jamila, il giugno scorso aveva perso il figlio ventiduenne Nadir che s’era sparato in testa, pensando di non poter più diventare vigile del fuoco come il suo papà, dopo che i carabinieri gli avevano tolto la patente per guida in stato di ebbrezza. Tormentato dai rimorsi per aver dato una sberla al ragazzo pochi minuti prima che s’ammazzasse, l’altra sera, quando aveva quasi finito il turno in caserma, il Gismondi Ivan entrò nella sua stanza, appese una corda al soffitto, un capo se lo legò attorno al collo, e si lasciò penzolare. A trovarlo fu un collega, che provò a rianimarlo ma poi si rese conto che «aveva l’osso del collo spezzato». Verso le 19 di domenica 7 marzo nella caserma dei vigili del fuoco di Imperia.