Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 09 Martedì calendario

CSI LA FICTION NON DICE LA VERITà E GLI ESPERTI SE LA RIDONO

Il poliziotto subacqueo ha una sua filosofia: «Il fiume Chicago è piuttosto scuro. Ma quando hai passato anni a ripescarci dentro corpi, sei felice che sia scuro. Non vuoi sapere che cosa c´è là sotto». Giusto o sbagliato che sia, il concetto è chiaro molto più delle acque del fiume. E altrettanto chiaramente parlano un´ottantina tra detective della Omicidi e della Scientifica, medici esperti in autopsie, agenti di pattuglia, procuratori, avvocati, analisti di laboratorio: «Esaminare la scena del crimine - spiegano - è una rottura di palle atroce, se si fa come si deve». E le prove si raccolgono come quando si torna a casa dal supermercato, in frigo «prima si mettono via le merci deperibili». Insomma, Gilbert (Gil) Grissom, il geniale biologo del telefilm Csi non parlerebbe mai così «chiaro», davanti alle telecamere. uscito un libro che si prende il lusso di bastonare i luoghi comuni degli sceneggiatori e dei produttori tv. Si chiama «Sulla scena del crimine» (Einaudi, 16,50 euro) ed è sorprendente per l´idea. L´autrice insegna giornalismo, aveva già scritto alcuni best-sellers libri sui «racconti» dei poliziotti. Stava in divano, davanti ai polizieschi della tv, e una sera si è detta: «Ma figurati se è possibile... ». Così ha cominciato a chiedere informazioni ai poliziotti e ai giudici veri. E si è sentita rispondere spesso - la molla che ha fatto scattare il clic del libro nella testa di Connie Fletcher - «non è come in Csi».
Per esempio: «Il luminol si usa in un ambiente totalmente buio. Tranne che in Csi. A loro piace usarlo alla piena luce del giorno». Oppure: «Le varie scene del crimine puzzano. Sono un casino. E tu passi ore e ore a esaminarle», e quindi non ci vai come se fossi appena uscito da una boutique, come succede ai «videocolleghi». La realtà sbirresca bada meno al look, ha tempi diversi e la caccia all´assassino impegna per una vita intera molte persone, «la squadra». E molte delle quasi 300 pagine del libro spiegano come per funzionare al meglio la scienza e la strada, il laboratorio e il «maresciallo» devono amalgamarsi.
E non sempre avviene. Per esempio, in Italia non è avvenuto nell´omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, non è avvenuto con Simonetta Cesaroni, non è avvenuto con l´Unabomber veneto e un altro sacco di volte. Da noi è come se le tute bianche della polizia scientifica fossero state elette prima a simbolo del rimedio di ogni male, poi a capro espiatorio di ogni insuccesso giudiziario. In America sembrano, stando al libro, un po´ più avanti.
Ci sono dettagli pesantissimi su omicidi e stupri, ma più d´una volta arriva, inattesa, una risata macabra e liberatoria. Come succedeva nel film «The good fellas» di Scorsese. Per esempio, un bel po´ di granchi escono da un cadavere ripescato nell´Oceano e un agente urla: «Non fatevene scappare nemmeno uno, ragazzi, li cuciniamo tutti per cena», e i due colleghi più anziani corrono a vomitare. Un cadavere congelato dev´essere portato in laboratorio, al novellino, che si occupa del recupero e che sbaglia mira, viene affibbiato il soprannome di Tommy Picozza.
Ecco un altro poliziotto della Scientifica. Scava senza sosta per giorni con uno stecchino da gelato nelle fondamenta di un palazzo: è estate, ci sono 40 gradi. Accanto a lui due cadaveri in avanzatissimo stato di decomposizione, in giardino arrivano le tv. Poco dopo, un gelataio, che ascolta per ore ad alto volume la colonna sonora del film «La stangata». «O lo fate smettere, o esco e lo ammazzo io», finisce per dire l´agente sino a un attimo prima imperturbabile. Tutto questo mentre ci sono capi della polizia che organizzano corsi per detective della Omicidi nelle stanze d´albergo e uno ha preparato i colleghi in varie lezioni di «sepoltura clandestina», in modo da far capire come gli assassini possono far sparire i corpi.
Se un medico siede in poltrona davanti al «Dottor House» o a E. R., un po´ sghignazza per l´irrealtà di qualche situazione estrema. Per lo spettatore, o il lettore, è diverso. Contano di più la narrazione e il ritmo, un po´ meno la credibilità. Ma è in mezzo alla strada, non nei telefilm, che si sentono le battute più «fotografiche».
Come quella di un «sopralluoghista». Siccome non porta la pistola, si fida dei colleghi delle pattuglie. Una sera viene chiamato per un cadavere trovato in un quartiere pericoloso ma, all´improvviso, scatta l´allarme: «Sparatoria in corso». Si gira: ed è rimasto solo. Nel silenzio si mette a imitare i colleghi: «"Posso andare?", "Posso andare?"». Uno via l´altro, hanno impugnato le armi e sono corsi a caccia di chi spara. E all´uomo di scienza non resta che prendersela, da par suo, non con gli umani, ma con la biochimica: «Questione di testosterone», commenta, e non di cervello, se adesso è lui, maledizione, che, in una strada buia, rischia di morire ammazzato.