Giusi Ferré, CorrierEconomia 8/3/2010, 8 marzo 2010
MADE IN ITALY LA MODA FA QUADRATO
Promessa mantenuta, e in tempi velocissimi. Nel fuoco d i polemiche d e l milanese, quando Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda, ha annunciato entro il mese di marzo l’incontro con le al più alto livello del sistema, molti sono rimasti perplessi. Possibile? Sì. Possibile, perché l’impressione di essere sotto schiaffo e la confusione sono riuscite dove passati appelli alla ragione erano falliti. Tutti consapevoli che in tre giorni, anche se a chiederlo con lettere intimidenti è l’enigmatica direttrice di Anna Wintour, non è possibile concentrare le sfilate, o meglio possono farlo i maggiori stilisti, ma condannando il resto del sistema. E soltanto la decisione di anticipare il proprio show al giovedì, presa da Miuccia Prada e da Michael Burke con Silvia Venturini Fendi, ha parzialmente salvato mezza giornata e quel che restava dell’orgoglio italiano.
Così il 2 marzo, la Camera nazionale della moda e i grandi nomi – compresi quelli cha alla Camera non sono iscritti, come Giorgio Armani, ma sono pronti a dare il loro contributo – si sono seduti intorno a un tavolo e hanno ammesso che un’esperienza drammatica come quella appena trascorsa non si può più ripetere. «Il clima era molto positivo – commenta Boselli – poche recriminazioni perché sull’analisi eravamo d’accordo e molte proposte per il futuro».
Le quattro lettere
Intanto, è stato ribadito che la prossima edizione durerà da mercoledì 22 settembre a martedì 28: i primi sei giorni con la presenza di tutti i maggiori stilisti e il settimo dedicato ai brand italiani e internazionali che si rivolgono al mercato europeo. «Per aprile è fissata una seconda riunione per approfondire l’agenda di lavoro, poi allargheremo il dialogo agli altri marchi che sfilano a Milano».
Quindi sono partite quattro lettere che fanno il punto della situazione: a Diego Della Valle, che con il suo grido di allarme ha infranto la pavida discrezione che sempre accompagna le richieste degli americani e ha richiamato alle proprie responsabilità gli stilisti italiani; al sindaco di Milano Letizia Moratti; al ministro per lo Sviluppo, Claudio Scajola, e alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Sono nomi che dimostrano come finalmente si sia usciti dalla cronaca di colore (i capricci di Anna Wintour), per entrare nel vivo della questione: gli interessi industriali ed economici di un settore che rappresenta il 4% del Pil italiano e la voce attiva più importante dell’export nazionale.
Ora, è evidente che la politica messa in atto dalla Condé Nast, la casa editrice di e la più potente al mondo per quanto riguarda la moda, tende a spostare l’asse dall’Europa agli Stati Uniti. Non a caso, la richiesta di anticipare e accorciare la settimana delle sfilate era stata rivolta anche a Parigi, che ha risposto di non pensarci nemmeno.
Bisogna quindi che il patto della moda tra Francia e Italia (siglato il 26 giugno 2000 e riconfermato il 17 gennaio 2005) sia esteso e rafforzato per mantenere il primato nel lusso e nel , ottenuto anche attraverso la capacità di industrie e artigiani di realizzare i prodotti più belli del mondo.
La scommessa di White
A scommettere su Milano e a vincere la sfida con un nuovo progetto di Salone, è White, che si è presentato con White Beauty nei padiglioni appena ristrutturati dell’ex Ansaldo, ottenuti grazie all’intervento del sindaco Moratti che con l’assessore alla Moda Giovanni Terzi ha voluto testimoniare personalmente la volontà di intervenire nelle manifestazioni . «Abbiamo chiuso questa edizione con il 37% di buyer in più – spiega Massimiliano Bizzi, presidente della società organizzatrice ”. Molti italiani, stranieri dalla Russia, dal Far East e dal Giappone: 9.942 compratori sono un risultato importante».
Sostenitore convinto di White, Boselli sostiene che questi piccoli e articolati saloni di tendenza (350 espositori) «sono coerenti con il momento, che ha reso troppo gravose le solite fiere». tempo di organizzazioni più leggere e autentiche, espressione del territorio in tutta la sua ricca complessità. Basta pensare che a garantire il servizio ristorante era il Savini, nome tra i più antichi della tradizione cittadina. Bizzi, bolognese, ha voluto anche una bottega di specialità alimentari, perché lusso e gusto non sono soltanto abiti e accessori, ma anche vino e cibo. Made in Italy.
Moda ed equità sociale? Un matrimonio possibile per la stilista Marina Spadafora, che si definisce «ambasciatrice dell’equo-solidale». Sta disegnando per Altromercato una collezione di abbigliamento per il tempo libero e l’intimo in cotone organico, da presentare in settembre e mettere in vendita, su larga scala, a fine agosto 2011. «L’obiettivo è sviluppare una filiera tessile equo-solidale, con paga giusta e tutela dei lavoratori, niente sfruttamento minorile, per i marchi della moda italiana che vogliano inserire questo filone nelle proprie collezioni» dice Spadafora che, dopo la chiusura dell’azienda di famiglia nel 2002 (e una candidatura con Milly Moratti, quando correva come sindaco), ha lavorato per Prada, Ferragamo e ha ora un’agenzia di consulenza.
Il progetto è stato presentato il 4 febbraio da Mario Boselli, presidente della Camera della moda, al consiglio direttivo dell’ente. « stato apprezzato – dice Chantal Marchetti, responsabile Artigianato in Altromercato ”. Il prossimo passo è individuare i partner commerciali». Si pensa, per esempio (dopo i dovuti controlli) a catene come Intimissimi e Calzedonia.
Per Altromercato è un salto dimensionale. Il consorzio ha già una collezione di abbigliamento che, con 3 milioni di fatturato e una crescita del 50% in quest’anno di crisi, incide per il 10% sul giro d’affari totale. Presenterà l’ultima linea di abiti sabato 13, con una sfilata a «Fa’ la cosa giusta», la fiera del consumo critico organizzata da Mezzo , a Milano. Il progetto con Spadafora, però, punta alla vendita non solo nei piccoli negozi, ma anche presso la grande distribuzione, con sviluppo di una filiera produttiva in India.
Per Spadafora, che è docente di fashion design al Naba, la Nuova accademia di belle arti a Milano, e collabora a «Fa’ la costa giusta» e all’organizzazione del Salone del lusso sostenibile, a Parigi in maggio, è il proseguimento di un percorso iniziato tre anni fa, con la ricerca di produttori in Africa. «Abbiamo scoperto piccole realtà produttive in Egitto, nell’oasi di Sekem, vicino al Cairo, dove si lavora con l’agricoltura biodinamica – dice – e in Etiopia, ad Addis Abeba». nata così, con Mauro Pavesi, ex marketing Lego, e l’artista Davide Grazioli, la collezione Banuq, che ha sfilato ad AltaRoma nel luglio 2009 e a Interlaken, in Svizzera, in settembre. Cotone e lino vengono dall’Egitto, la confezione avviene in Etiopia. Spadafora ha disegnato la donna, Grazioli l’uomo. Ora la stilista lancia l’appello: «Cerchiamo finanziatori».