Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 7/3/2010;, 7 marzo 2010
IL FATTO DI IERI - 7 MARZO 1947
Prima venne Grand Hotel, poi Intimità e infine, il 7 marzo ”47 Bolero Film. Con sottile disprezzo, venivano chiamati ”giornali per le serve lette dalle signore”. Erano i fotoromanzi, scadenti fumettoni d’appendice per un pubblico rosa, ignorante e socialmente marginale, secondo il giudizio tranchant e unanime di cattolici, comunisti e conservatori del tempo. Forse, col senno di poi, erano solo sogni a dispense, una boccata d’evasione a buon mercato nell’Italia del dopoguerra in cui la giornata lavorativa di un operaio era di 1200 lire, il biglietto del cinema costava 150 lire e per identificarsi in eroi e eroine o fantasticare, bastavano solo 12 lire. Un modo per uscire dalla routine monotona e priva di speranza, per lanciarsi con l’immaginario in un mondo patinato e romantico. L’operaio che legge la biografia del suo asso di calcio, la dattilografa che divora in tram il feuilleton a puntate, sono in realtà lo specchio di una società affamata di storie, possibilmente seriali, da condividere in gruppo, in un rito di acculturazione di massa. Prototelevisione ante litteram, il fotoromanzo, nel bene e nel male, resta un topos nella storia dell’identità italiana.