Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 05/03/2010, 5 marzo 2010
VOTO ITALIANO ALL’ESTERO UNA LEGGE DA CAMBIARE
Da molto tempo si parla di possibili cambiamenti alla legge elettorale 459 del 2001 che permette l’elezione di parlamentari e senatori rappresentanti degli italiani all’estero, cambiamenti che eliminerebbero queste posizioni. Si farà questa riforma? Me lo auguro. Con le dimissioni di un senatore, le continue accuse di brogli elettorali in ogni parte del mondo, questo problema diventa sempre più importante. Le dico sinceramente che per la grande maggioranza degli italo-australiani, queste rappresentanze hanno ben poco valore. Credo che la facoltà di votare per un parlamentare in Italia sia più che sufficiente.
Franca Arena
Sidney (Australia) Già una volta, nel 2008, rispondendo a un lettore, lei ha avuto la cortesia di ricordare la mia opposizione in Parlamento alla legge sul voto degli italiani all’estero. Oggi il tema diventa di grande attualità, perché lo scandalo Di Gerolamo è esattamente la dimostrazione di che cosa un sistema balordo può partorire. Le scrivo questa lettera, perché al di là della inchiesta sul caso specifico, il problema è quello di cambiare una legge pericolosa.
Ugo Intini
Cara Signora, caro Intini, devo ricordare ai lettori anzitutto le ragioni per cui voi avete in questa materia un particolare «diritto di parola». Franca Arena ha lasciato Genova per l’Australia all’inizio degli anni Cinquanta, è divenuta australiana e ha fatto una brillante carriera politica a Sidney, nel New South Wales, dove è stata per qualche anno ministro del governo regionale. Ugo Intini è stato sottosegretario agli Esteri nel governo Prodi e fu uno dei pochi che in Parlamento, quando venne approvata la legge sul voto degli italiani all’estero, ebbe il coraggio e la saggezza di votare contro.
Credo che Franca Arena abbia ragione quando sostiene che questa legge non interessa alla grande maggioranza degli italo-australiani, e penso che le stesse considerazioni valgano per altre comunità emigrate, soprattutto fuori dell’Europa. Tra questa mancanza d’interesse e le frodi (di cui cominciammo ad avvertire l’esistenza sin dalle elezioni del 2006) esiste una stretta relazione. Quando il numero delle schede disponibili è molto più alto di quello delle persone desiderose di votare, è pressoché inevitabile che qualcuno cerchi di raccoglierne il maggior numero possibile. Se vogliamo evitare che questo accada dobbiamo in primo luogo sopprimere le circoscrizioni elettorali straniere, enormi mostri giuridico-istituzionali di cui nessuno può dirsi ragionevolmente rappresentante. Chi vuole votare deve poterlo fare per il Parlamento nazionale, come accade in tutte le maggiori democrazie. Ma occorre anche, in secondo luogo, ridurre considerevolmente il numero di coloro che hanno diritto al voto. Devono goderne quelli che hanno conservato la cittadinanza italiana, non quelli a cui è stata elargita perché hanno un nonno italiano e hanno persino dimenticato la lingua. E occorrerà stabilire un limite di tempo (venti o trent’anni) al là del quale il diritto di voto non può più essere esercitato.
Ricordo che la legge fu votata nel 2001 da una maggioranza che comprendeva buona parte dell’opposizione. Mi auguro che il guasto venga riparato con una maggioranza altrettanto larga.
Sergio Romano