Giordano Tedoldi, Libero 5/3/2010, 5 marzo 2010
LO SCRITTORE VEGETARIANO, AL GORE DEI LETTERATI
Mercoledì alle nove della sera mi sono seduto nello ”Spazio risonanze” del Parco della Musica di Roma. No, non dovevo fare un check-up, lo spazio risonanze è il nome fighetto dato a una sala atta a ospitare dibattiti, convegni e narratori americani in crisi d’ispirazione che vengono a presentare i loro libri estemporanei in attesa, appunto, che arrivi l’idea per un romanzo.
Nella fattispecie lo scrittore americano era Jonathan Safran Foer, autore del bestseller Ogni cosa è illuminata (dal quale è stato tratto anche un film) un tipo che quando viene in Italia va a prendere il caffè con Alessandro Piperno e viene raggiunto da Loredana Lipperini e il tutto finisce su Repubblica. Quindi prima o poi questo strazio sarebbe toccato anche a me, di andare a sentire un grande scrittore (così mi dicono) che però dal vivo sembra una zucchina surgelata con gli occhiali e il sorrisetto da scrittore americano liberal milionario. Altro che caffè, chiamate Morgan con il crack.
Dico zucchina non per caso, perché Safran è vegetariano, e questo suo ultimo inutile libro (utile a lui per non restare inattivo e incassare dollari di cui non ha bisogno essendo ricco di famiglia) è una sorta di versione cartacea di Una scomoda verità di Al Gore, ricordate il documentario ecoballista premio Oscar dell’uomo politico più bolso della storia americana?
La conversazione
Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? (Guanda, pp. 368, euro 18), questo il titolo dell’opera, era dunque al centro della conversazione tra lo scrittore e la giornalista Irene Bignardi. Parte la prima domanda: «Perché dopo aver scritto il più bel romanzo sull’Undici settembre hai deciso di studiare per tre anni le aziende alimentari e gli allevamenti intensivi di bestiame e passare al saggio?». Per la prima e unica volta Safran risponde alla domanda: «Perché dopo essere stato carnivoro, vegetariano, vegano, di nuovo vegetariano, ora che ho due figli (dalla moglie Nicole Krauss, scrittrice con cui vive a Brooklyn, ndr) mi sono chiesto cosa devo decidere riguardo alla loro alimentazione. Così ho contattato aziende e allevamenti per visitarli, prima mi hanno detto ”ok”, poi dopo aver visto su Google chi ero, hanno annullato gli appuntamenti. indecente, vogliono i miei soldi ma non vogliono dirmi come producono i cibi che preparo -
sì cucino io per la mia famiglia?».
Manzotin Usa
Vabbè, fin qui è una questione tra Safran e l’equivalente americano della Manzotin, si facciano una telefonata, si vedano per un caffè insieme a Piperno. Poi entrambi gli interlocutori, Bignardi e Foer, vengono colti da una strana patologia, forse una variante del morbo della mucca pazza dovuta alle farine animali nell’aria, per cui a ogni domanda non corrisponde una risposta coerente.
Bignardi chiede: «Parlaci del cane in stufatino, piatto della cucina filippina, e del pregiudizio per cui mangiamo tranquillamente una bella bistecca ma ci sentiremmo in colpa con il cane». E Safran Foer, giuro, risponde citando il caso-Bigazzi sulla ricetta del gatto in umido, che l’ha fatto cacciare dalla trasmissione culinaria ”La prova del cuoco”. Penso che mi stiano prendendo per il culo, e il sorrisetto fisso e saccente sulle labbra di Foer non fanno che avvalorare questa ipotesi, ma resto calmo. All’ennesima domanda di Bignardi cui Foer risponde a capocchia, ipotizzo che ci sia un problema con la traduzione simultanea e in effetti appena metto le cuffiette sento ansimare, una via di mezzo tra un orgasmo e un attacco di panico.
Le tolgo e ascolto ancora Foer: «Ecco alcuni dati allarmanti, conseguenze delle regole attualmente impiegate dall’industria alimentare: nel 2048, dicono gli scienziati, non ci saranno più pesci se non d’allevamento. Il New York Times ha messo il tonno tra le specie in via d’estinzione. 76 milioni di americani ogni anno si ammalano a causa del consumo di carne. Gli antibiotici, per via delle nuove influenze come aviarie e varianti, stanno perdendo la loro efficacia».
Bene, finalmente si va alla sostanza, ma naturalmente Bignardi pensa bene di chiedergli come ha passato il Thanksgiving, se ha mangiato il tacchino, perché lui in fondo è un romanziere e come tutti i romanzieri racconta bene gli ”aneddoti”.
A spasso col cane
In questo minestrone in cui si saltabecca dalle statistiche degli scienziati (quali?) per cui l’80% degli animali negli allevamenti intensivi alla fine non riesce più a camminare o a riprodursi sessualmente e gli oceani che saranno luridi e inanimati come una cisterna tossica, e il privato familiare di Safran Foer che per il giorno del ringraziamento ha cenato vegetariano ma non dimenticando, per dovere d’ospitalità, di servire il tacchino alla figlia dei suoi ospiti, perché la bambina lo voleva tanto (mi sfugge l’esemplarità dell’aneddoto), sta tutta l’ambiguità di un romanziere che si mette a fare il militante, sebbene neghi, per timidezza, di farlo.
Ma quando si perde un’elezione, come Al Gore, o non si ha una storia da raccontare, come Foer, non è meglio allora una passeggiata ai giardinetti con il volpino? Senza farne uno stufatino, certo, e alla larga da Bigazzi.
Giordano Tedoldi, Libero 5/3/2010