BJøRN LOMBORG, la Repubblica 4/3/2010, 4 marzo 2010
CATASTROFE SENZA PROVE
Negli ultimi mesi l´illustre gruppo di consulenza delle Nazioni Unite sul cambiamento del clima, l´Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), è stato scosso da tutta una serie di imbarazzanti rivelazioni sulle fonti di alcune delle sue previsioni più allarmistiche. Tra queste l´avvertimento che i ghiacciai dell´Himalaya si sarebbero sciolti completamente «entro l´anno 2035, forse anche prima» e che «fino al 40 per cento delle foreste dell´Amazzonia» erano a rischio imminente di distruzione. E tutto ciò a causa del riscaldamento globale. Questi moniti, lanciati dall´Ipcc nel suo autorevole rapporto del 2007 sulla natura e sull´impatto del cambiamento del clima, sono stati propagandati e reiterati dagli attivisti che ambivano a sostenere la teoria, come ama dire Al Gore, secondo la quale «ci restano appena dieci anni per scongiurare una catastrofe di immense proporzioni». Di fatto, come siamo venuti a sapere (e come molti di noi sospettavano da tempo) nessuna di queste previsioni ha alcun presupposto scientifico.
Vincitore del premio Nobel assegnato congiuntamente anche ad Al Gore nel 2007 per aver divulgato la crisi del clima, l´Ipcc si ritrova adesso accusato di aver messo in circolazione quella che è stata equiparata a "pornografia climatica", ovvero scenari negativi e catastrofici, gonfiati ed esagerati di proposito, con lo scopo di terrorizzare l´opinione pubblica e farle affrontare con maggior serietà il riscaldamento globale. La previsione dello scioglimento dei ghiacciai, per esempio, più che su ricerche monitorate da esperti di settore si è basata, come si è scoperto, su due interviste risalenti al 1999 a uno scienziato indiano che dichiarò che uno studio in futuro avrebbe avallato le sue dichiarazioni. Lo studio non è mai saltato fuori, ma le dichiarazioni sì.
Il principale autore di uno dei rapporti contestati ha riferito a un giornale britannico che lui e i suoi colleghi erano a conoscenza del fatto che quella previsione era ingannevole, ma la inclusero ugualmente nella speranza che «potesse avere un forte influenza sui policy-maker ed esortarli a passare immediatamente all´azione». In altre parole, non hanno fatto scienza bensì politica.
Certo, il lavoro dell´Ipcc sulle premesse scientifiche fondamentali del cambiamento del clima è attendibile e non rischia di essere messo in discussione. Piaccia o meno, il riscaldamento globale c´è, esiste, è provocato dall´uomo, e l´uomo deve fare qualcosa per porvi rimedio. La domanda alla quale dobbiamo rispondere è se questo qualcosa debba includere il tentativo di spaventare l´opinione pubblica a tal punto da costringerla a fare le cose per bene.
Dopo 20 anni circa di tante chiacchiere e di poca azione per il riscaldamento globale, è comprensibile che si registri una certa insoddisfazione. Ma la tattica consistente nell´incutere timore, per quanto abbia buone intenzioni, non è la soluzione giusta. La climatologia è una disciplina scientifica seria, elusiva e terribilmente complessa, che raramente porta a previsioni esenti da ambiguità o da soluzioni inequivocabili. Non sarà sicuramente vantaggioso cercare di spaventare l´opinione pubblica. La paura è sì in grado di motivare, ma la paura è una premessa sbagliata dalla quale partire per prendere decisioni illuminate su un problema così complesso, che esige e merita tutta la nostra intelligenza.
© (Traduzione di Anna Bissanti)