Dino Messina, Corriere della Sera 03/03/2010, 3 marzo 2010
MONDADORI, QUEL NO ALLA CESSIONE DELL’EINAUDI
Da due mesi in rete, è stato ribattezzato il «Dagospia» di Torino. E ieri il giornale on line «Lo Spiffero.com - Quello che gli altri non dicono», diretto da Bruno Babando, ha tenuto con il fiato sospeso i 109 dipendenti dell’Einaudi, con un titolo a effetto: «L’Einaudi torna a casa? Trattative in corso per la cessione a un gruppo di industriali torinesi». Il piano per rilevare il marchio e il prestigioso catalogo, ha scritto Babando, «a quanto risulta, è assai avviato, così come sarebbero già intercorsi numerosi incontri tra Roberto Ginatta, capofila di una cordata di imprenditori, e il management di Segrate».
Da Segrate, cioè dal gruppo Mondadori, è subito arrivata la smentita da parte del vicepresidente e amministratore delegato Maurizio Costa: «Smentisco categoricamente l’esistenza di qualsiasi contatto per la cessione Einaudi. Ribadisco che la casa editrice Einaudi rappresenta per il Gruppo Mondadori un patrimonio culturale di grande valore e un asset strategico ed economico di fondamentale rilevanza. Per questi motivi non è mai stata neppure lontanamente presa in considerazione l’ipotesi che Mondadori possa privarsi di Einaudi».
Parole chiare che tuttavia non ridimensionano l’indiscrezione dello «Spiffero.com» a una semplice bufala. Perché un fondo di verità in quello che ha scritto il sito torinese c’è. E lo rivela verso sera lo stesso imprenditore chiamato in causa, Roberto Ginatta, un personaggio molto conosciuto negli ambienti industriali che ha concentrato i suoi interessi nel settore dell’automotive (Rgz, Metec spa, ex Magneti Marelli after Market».
Racconta Ginatta, che all’editoria è interessato anche per aver sposato Gloria Cravotto, una delle discendenti della dinastia Treves: «Visti i conti Mondadori, a settembre abbiamo dato mandato a un gruppo di professionisti di chiedere ai dirigenti di Segrate di prendere in considerazione un’offerta per la cessione dell’Einaudi, un marchio strepitoso che continua a produrre buoni risultati. Nel giro di una settimana ci è stato risposto negativamente. Non capisco perché la notizia sia venuta fuori soltanto adesso, perché per me la storia si è subito chiusa». Una storia davvero conclusa? «Qualora alla Mondadori ci ripensassero – risponde Ginatta ”, io sarei ancora in prima fila e non avrei difficoltà a trovare compagni di cordata eccezionali. Certamente si tratterebbe di una sfida impegnativa, quella di far vivere da sola una casa editrice che da oltre vent’anni è nell’orbita del grande gruppo milanese. Ma sarebbe una bella sfida. Alcuni amici mi hanno sconsigliato, dicendo che in editoria non si fanno affari. Ho risposto: provate a venire nel settore automobilistico».
Con un fatturato di cinquanta milioni di euro, un profitto superiore al dieci per cento, la casa di via Biancamano, fondata nel 1933 da Giulio Einaudi, è al momento il secondo marchio editoriale italiano. E a Torino sono ancora in molti a pensare che è proprio un peccato aver rinunciato al controllo dello «Struzzo».
Dino Messina