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 2010  marzo 03 Mercoledì calendario

INTERVISTA/ GLI 80 ANNI E IL NUOVO LIBRO DI HANS MAGNUS ENZENSBERGER - LA MIA VECCHIAIA ALLEGRA

Da qualche tempo Hans Magnus Enzensberger si appassiona a raccontare il passato tedesco, partendo dalla tragedia nazista. Questione, come si può intuire, delicata, che lo scrittore, 80 anni compiuti negli scorsi mesi, aveva già affrontato in Hammerstein. E ora ci torna, in una forma meno archivistica e più libera con Josefine e io (Einaudi, pagg 130, euro 12,50), una storia che mette a confronto una vecchia cantante lirica e un giovane funzionario di banca. Strana miscela, direte. Ma è proprio questo che Enzensberger sa far funzionare magnificamente. Da un lato un´artista che ha congelato il proprio tempo e vive con gli occhi chiusi alla modernità, dall´altro un essere convenzionale, ma altresì abbastanza curioso da capire le esigenze della vecchia signora. Josefine è assistita da Fryda, una fedele governante che l´ha seguita nei momenti di splendore e in quelli del tramonto. L´una non può fare a meno dell´altra. Il finale è insieme travolgente e malinconico.
Vado a trovare Enzensberger a Monaco. Lo scrittore - che sarà a Pordenone sabato 13 marzo nell´ambito del festival Dedica - mi riceve nella sua casa. Sediamo attorno a un tavolo in una stanza con una grande vetrata. Ho l´impressione che niente sia cambiato dall´ultima volta che gli feci visita, cioè tre anni fa. Glielo dico, ride, afferrando una sigaretta. «Le cose invecchiano meno delle persone», dice. Penso a Josefine, ai suoi 75 anni portati con serena aggressività.
Come è nato questo personaggio?
«Mi hanno sempre fatto una certa impressione le cantanti d´opera, le dive, i mostri sacri, quei quasi santi che sono al di sopra della vita comune. E di tutte queste figure ciò che mi interessa davvero è che cosa succede nel momento in cui la loro carriera finisce. Qual è il loro rapporto con il presente e cosa resta del passato. Che tracce restano nei loro comportamenti».
Cosa l´attrae del passato?
« meno noioso del presente. Viviamo tempi mediocri. Politicamente bassi. Uno scrittore della mia età che dovesse ispirarsi alle cose che accadono oggi resterebbe molto deluso. La mia generazione ha vissuto, in forme diverse, la guerra e la dittatura. Davanti a questi eventi catastrofici non hai il diritto di annoiarti».
 diversa una catastrofe storica da una personale?
«La catastrofe collettiva credo sia meno superabile. Uno è marchiato da certi avvenimenti e sa che li porterà con sé tutta la vita».
Può diventare un´ossessione?
«Con alcune ossessioni si può convivere. Provo molta soddisfazione, ad esempio, quando apro un giornale e leggo che un dittatore è stato eliminato. Niente di personale. Forse è appunto un´ossessione. O forse è solo che l´uomo a lungo andare non può fare a meno della democrazia, con tutti i suoi difetti. I tedeschi credo che lo abbiano capito. Dopo due tentativi falliti in modo tragico, non hanno più voglia di lanciarsi in avventure espansionistiche. La conseguenza è che oggi abbiamo uno strano tipo di nazionalismo fatto di Lufthansa, di Mercedes, di tecnologia avanzata, di football. Non c´è più né il superuomo, né la sua ideologia. Naturalmente questo ha portato a un certo livellamento delle coscienze. Oggi una parola come genio suonerebbe strana».
Forse non in televisione. Josefine vorrebbe abolire la pubblicità. Anche lei è della stessa idea?
«La pubblicità ruba il tuo tempo che ha un valore e lo riduce a una forma vacua. Non ci dice niente di utile attorno a una cosa. Dovrei comprare una macchina solo perché una donna seminuda si sdraia sul cofano?».
Un pubblicitario direbbe: io creo immagini, non vendo solo una macchina ma anche un sogno.
«Da noi quando una casa piace diciamo: è una casa da sogno, oppure se fai un bel viaggio: una vacanza da sogno. Ma quando un pubblicitario ti vende un sogno, in realtà prova a venderti una merce. E il sogno può davvero trasformarsi in un incubo».
Quanto è importante il sogno per uno scrittore?
«Sono un convinto assertore della rimozione. molto importante per la sanità mentale di una persona. Un po´ come la facoltà dell´oblio. Trovo insensate le terapie attraverso i sogni. Scelgo sempre le cose che voglio affrontare».
Suppongo che non si sia mai messo nelle mani di uno psicoanalista?
«Mai. L´inconscio è una zona oscura che non amo verbalizzare. un´inconsapevolezza che ritengo utile alla creazione».
 un processo invisibile.
«Involontario. Per esempio in poesia è bene non sapere troppo. Non è come con gli scacchi, dove si hanno regole ben definite. E d´altro canto tutte le poetiche possibili, per quanto siano utili, non servono a scrivere versi. Fare poesia significa dimenticare le teorie sulla poesia».
Lei è considerato un eccellente poeta. Cosa l´ha spinta ad abbracciare la poesia?
« stato come per il fumo: quando ho cominciato non ho potuto più smettere. Dunque è un vizio e un piacere. Mi piace scrivere poesie, più degli altri lavori intellettuali che sono certamente più redditizi».
Che rapporto ha con i soldi?
«Corretto, direi. Non sono una priorità, altrimenti avrei provato a fare il banchiere e non lo scrittore».
Vedo molti libri sul tavolo. Qual è il suo rapporto con la lettura?
« un altro vizio. Leggo da quando avevo cinque anni. Se sono ospite di amici e non ho niente da leggere mi rifugio nei foglietti che si trovano nelle scatole delle medicine».
Noi li chiamiamo "bugiardini".
«Mi appassionano le spiegazioni sugli effetti collaterali. Sono lunghe e magnifiche liste di cose più o meno terribili che possono accadere. Lei non immagina i risvolti inquietanti di un´aspirina. Il pericolo che si cela in un farmaco».
Platone parlava di veleno.
« il termine stesso a suggerirlo. Trovo la terminologia medica assolutamente affascinante. In essa confluiscono parole greche e latine, linguaggio scientifico e comune».
Si definirebbe un ipocondriaco?
«No, affatto. Sono attratto dal linguaggio medico, non dalle malattie».
In uno scrittore cosa preferisce: ricchezza o sobrietà nella lingua?
«Non mi piace discettare sulla lingua degli scrittori. Ciascuno fa quello che vuole. Personalmente non mi ritengo uno specialista. Sarei incapace di concentrarmi tutta la vita su un unico oggetto. Ammiro Proust, ma non avrei mai potuto avere la costanza che lui ha avuto per la Recherche».
Davanti a un libro difficile cosa fa: continua o abbandona?
«Dipende. Ammetto che preferisco sapere ciò di cui sto parlando. E questo vale anche per la lettura. Ho qualche repulsione nei riguardi del linguaggio esoterico, vagamente al di sopra della nostra comprensione. Ci sono grandi personaggi che scrivono di cose stratosferiche e sublimi, di cui non colgo il senso. Quando Swedenborg, nel Settecento, parlò dei "sette cieli" non ero in grado neppure di capire il primo e allora lasciai perdere. Pensavo: questo signore non ha scritto per me, ma per quelli che sanno tutto sugli angeli».
Che rapporto ha con Dio?
« una grande questione. Ma non sono bravo con le confessioni. C´è anche il rischio di non poter dare risposte chiare. A volte liquido la domanda con una boutade, mi definisco un cattolico agnostico. Del cattolicesimo mi piace la grande tradizione, la forza culturale che espresse in passato attraverso i suoi teologi. Ho studiato la scolastica, Ockham in particolare. Non ci sarebbe l´algebra di Boole senza la logica degli scolastici».
Lei si è anche occupato di matematica.
«Studiarla mi dà un gusto particolare. Mi è capitato in passato di lavorare sul calcolo combinatorio e di applicarlo mediante una macchina alla poesia».
Perché si parla di bellezza di un teorema?
«I matematici parlano di eleganza. Mi affascinano quei teoremi che argomentano in modo chiaro e stringato. Non devi giudicare, ma solo capire e godere».
Lei è stato anche critico letterario. Poi ha smesso, perché?
«Perché non mi piace il ruolo del legislatore della letteratura. Mi infastidisce la guerra contro i colleghi. Preferisco starne fuori. Non faccio parte di giurie letterarie, non sono iscritto ad associazioni né a club. molto più igienico. Sa qual è il vantaggio di un poeta su un romanziere? Nessun editore darà al poeta mezzo milione di euro come anticipo del suo nuovo libro».
Questo è sicuro, ma dov´è la convenienza?
« nel grado di libertà. Un romanziere dovrà sottostare a una serie di incombenze che sono risparmiate a un poeta».
Tiene molto alla sua libertà?
« un bene prezioso che difendo con tutta la forza. Per questo non ho il cellulare, né la segreteria telefonica, né il fax. Non ho neppure la patente. Ma ho la posta elettronica e un telefono al quale rispondo quando ci sono. Bisogna scegliere la tecnologia che ci serve. E non esserne schiavi».
Le hanno dato fastidio i festeggiamenti in Germania per i suoi ottant´anni?
« stata una cosa inevitabile che ho dovuto sopportare. Se fosse dipeso da me avrei cancellato tutto. Ma le celebrazioni si sono risolte in una settimana di fuochi d´artificio. come l´ambulanza: trasporta il paziente a sirene spiegate e poi il medico dice: avanti il prossimo».