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 2010  marzo 03 Mercoledì calendario

CAVOUR-BISMARCK, LE DUE FACCE DELLA REALPOLITIK

Il confronto tra Cavour e Bismarck, i due costruttori dell’unità nazionale italiana e tedesca, vale se si prende in considerazione il Bismarck attivo tra il 1862 e il 1867. Non è (ancora) il mitico cancelliere imperiale del ventennio successivo, la figura monumentalizzata con l’elmo a punta e gli stivaloni, il militarista per eccellenza - o viceversa il «demone della Germania». Si tratta invece del Bismarck diplomatico spregiudicato, sofisticato, aggressivo, tenace e leale opportunista (anche nei confronti dell’Italia post-cavouriana). così che si è costruito politicamente lo junker diventato primo ministro della Prussia. Il «rivoluzionario bianco» dai tratti che paradossalmente - a torto o a ragione - gli ultraconservatori tedeschi avevano prima attribuito a Cavour.
Le proclamazioni del Regno d’Italia e dell’Impero di Germania sono separate da un decennio (Italia 1861 e Germania 1871). Ma la vicenda italiana nella sua precedenza storica aveva acquistato agli occhi di molti tedeschi il carattere di un modello da imitare (da parte dei liberali) o da evitare (da parte dei conservatori). E Cavour era la figura centrale di questo modello. Bismarck, ancor prima di assumere la responsabilità di capo del governo prussiano (nel 1862), aveva seguito con grande attenzione quando accadeva in Italia. Ma quando prende l’iniziativa, in particolare nell’anno decisivo del 1866, segue una strategia politica diversa da quella cavouriana senza che i contemporanei (amici e nemici) se ne rendano subito conto.
Cavour e Bismarck hanno lo stesso obiettivo di costruire uno Stato unitario in due nazioni storicamente divise in una pluralità di Stati piccoli e medi. Contano sulle iniziative militari dei loro Stati regionali di appartenenza (Piemonte e Prussia) per contrastare la grande potenza continentale ostile all’operazione delle unificazioni, l’Austria. Ma facendo i conti con l’ambiziosa e potente Francia di Napoleone III in un contesto europeo sempre in allerta, perché stanno cambiando i grandi equilibri di potenza.
Nel 1859 Cavour cerca e ottiene l’alleanza francese. Nel 1866 Bismarck invece fa un gioco più rischioso. Nella guerra contro l’Austria ricerca insistentemente l’alleanza militare con l’Italia, con il consenso della Francia che spera di trarne comunque profitto. Ma dopo la vittoria prussiana di Sadowa (e la sconfitta italiana a Custoza) Bismarck dribbla abilmente le ambizioni di Napoleone III. Pone così le premesse per lo scontro frontale che finirà con la sconfitta della Francia a Sedan. A essa seguirà la proclamazione dell’Impero germanico a Versailles.
Nei documenti storici solo recentemente ordinati per far luce sul periodo dell’alleanza italo-prussiana e la collegata guerra contro l’Austria, il curatore tedesco osserva con tono severo che Bismarck per portare deliberatamente alla guerra ha manipolato la situazione con modi che anticipano le falsificazioni hitleriane del 1939. In realtà i documenti ora catalogati erano sostanzialmente già noti (e particolarmente significativi sono quelli di fonte italiana). Quello che è cambiato è la nostra ottica di giudizio.
Del resto anche Cavour, nel programmare la guerra del 1859, non ha esitato a ricorrere a comportamenti che lui stesso confessava essere al limite della costituzionalità. E il buon Massimo d’Azeglio talvolta si diceva nauseato per quella che considerava la malafede di Cavour. Che era un altro nome per la Realpolitik.
Ma in un giudizio storico complessivo occorre riconoscere che la politica di Cavour si muove secondo la logica costituzionale parlamentare liberale, con grande maestria, spregiudicatezza e realismo politico. Bismarck invece è avversario dichiarato del costituzionalismo liberale, lo tiene in scacco, usando e manipolando contro di esso anche gli strumenti della «rivoluzione democratica» quali il suffragio universale. Alla fine realizza il sogno dei liberali tedeschi dell’unità nazionale con due guerre vittoriose, anziché con le deliberazioni parlamentari, creando nel contempo una nuova Costituzione in cui i pochi tratti liberali presenti rimangono ostaggio e prigionieri di un principio monarchico autoritario.
In questo senso cavourismo e bismarckismo sono due filosofie politico-costituzionali divergenti. In un quadro generale in cui i valori politici in gioco sono da un lato quelli della rivoluzione democratica di derivazione quarantottesca e del liberalismo politico, dall’altro il contromovimento della conservazione, della tradizione e della legittimità dello status quo, che non esita a richiamarsi espressamente a valori religiosi.
Nell’affrontare e governare questo complesso di elementi, il cavourismo e il bismarckismo sono due strategie vincenti a partire da presupposti politici incompatibili - gli uni liberali, gli altri autoritari. Alle loro spalle in Europa c’è un terzo modello: il bonapartismo di Napoleone III, imperatore dei francesi, che offre un’altra combinazione («plebiscitario-populista») degli stessi elementi. Ma è interessante notare retrospettivamente che gran parte della pubblicistica liberale e dell’analisi politica del tempo insiste soprattutto sui tratti comuni tra bonapartismo, cavourismo e bismarkismo, individuati come varianti del «cesarismo», concetto spesso accompagnato dall’aggettivo «democratico», di volta in volta applicato a Napoleone III, a Cavour e a Bismarck.
Dobbiamo muoverci con cautela in questo complesso di concetti, spesso più allusivi e suggestivi che precisi. Non si deve avere la pretesa di fissare definizioni vincolanti (come spesso pretendono gli studiosi). Il discorso politico e pubblico del tempo - come del resto tutti i discorsi pubblici - si muove con un alto tasso di ambiguità e imprecisione.
Dobbiamo limitarci a prendere atto che lo scontro politico tra liberalismo e anti-liberalismo, nel decennio decisivo tra il 1859 e il 1870 in vista delle unificazioni nazionali di Italia e Germania, si decide anche con il comportamento «cesaristico» dei grandi protagonisti. Dove per cesarismo si intende una tecnica di governo autoritativa, che può essere giocata dentro le regole parlamentari (Cavour), con componenti plebiscitario-populiste (Napoleone III) o con forme francamente monarchico-autoritarie (Bismarck). In ogni caso il cesarismo si sposa alla Realpolitik di cui abbiamo parlato.