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 2010  marzo 03 Mercoledì calendario

LA DONNA CHE VENDE LE STORIE

Se un mese fa aveste chiesto per le strade di Londra quale fosse la coppia più felice del Regno, la risposta probabilmente non sarebbe stata Carlo e Camilla, ma i trentacinquenni Justine e Maxine Rakes, due perfetti sconosciuti passati alle cronache per aver scoperto un insaziabile appetito sessuale dopo aver perso una quarantina di chili a testa. Per una settimana i tabloid britannici hanno moltiplicato le immagini dei coniugi dopo e prima della cura, quando con una mole di oltre un quintale cadauno riuscivano a mala pena a concedersi un quarto d’ora di piacere l’anno. Poi, improvvisamente come s’erano materializzati, i Rakes, eroi per caso della cronaca rosa, sono svaniti, perduti nelle mille storie eccezionali delle persone normali.
Qual è la strada che porta un uomo o una donna qualsiasi sulla copertina d’una rivista d’attualità e poi magari tra le pagine di costume d’un giornale straniero prima di tornare indietro verso l’anonimato? Per scoprirlo bisogna salire al secondo piano di una palazzina all’angolo tra Lancaster road e Portobello road, la Mecca londinese dei cercatori di chincaglierie d’epoca. Qui, all’inizio del 2008, l’ex reporter del Daily Mail Natasha Courtenay-Smith ha messo su Talk to the Press, Parla alla Stampa, agenzia online specializzata nella vendita di storie vere a quotidiani, periodici, tv.
«Questo tipo di notizie è molto richiesto, solo i settimanali, che se ne nutrono, hanno 12 milioni di lettori», spiega alla sua scrivania con la foto del figlio di 18 mesi. Sul muro un enorme collage di articoli del Sun, del Mirrow, di OK! ma anche dei serissimi Independent o Sunday Times. Trentatré anni, laurea in psicologia, la gavetta in redazione e il resto come freelance, Natasha è giovane e bella ma non sprovveduta. Ha un’agenda di nomi normali che sembra l’elenco del telefono: «Ho seguito a lungo i fatti di cronaca, gente assediata per settimane dai cronisti e poi dimenticata». Il tritacarne mediatico macina vite senza sosta, ma è anche un potenziale business, a patto che qualcuno faccia da intermediario tra produttori e consumatori. Lei e le due ragazze che l’aiutano ricevono ogni giorno una ventina di email, selezionano i racconti appetibili, li propongono alle testate e li trasformano in articoli arricchendoli di dettagli spesso raccolti dal vivo: «La mia passione è scrivere». In due anni ne hanno pubblicati 400.
Mentre il mercato incalza i media tradizionali, i pionieri dell’informazione sondano la frontiera. Se negli Usa cronisti avanguardisti sperimentano le inchieste on demand, commissionate dai cittadini o dalle istituzioni, la Gran Bretagna, terra dei tabloid, mette alla prova la negoziabilità della vita vissuta. Talk to the Press, come rivela il documentario «Cutting Edge: My Daughter Grew Another Head and Other True Life Stories» in onda domani su Cannel 4, è solo una delle decine di agenzie di collocamento di storie reali che sono fiorite negli ultimi mesi, risposta creativa all’offensiva virtuale di Internet.
«I lettori sono curiosi di cosa accade a quelli come loro, soddisfarli è lavoro da reporter, una sfida antica come la professione», ci dice John Jeffay, ex firma del Manchester Evening News e cootitolare insieme a Angela Epstein della neonata Sell That Story di Manchester. A lui si deve il reportage, rimbalzato in seguito fino alla prima serata di Fox, sulla piccola Tianna Lewis McHugh, la bimba di due anni affetta da una rarissima malattia che le impediva di piangere, pena la morte. Davanti al dolore degli altri, ragionava la scrittrice americana Susan Sontag, la macchina fotografica ferma l’istante. E dopo?
Natasha Courtenay-Smith respinge le critiche di chi l’accusa di cinica messa all’asta della sofferenza. E’ piuttosto, osserva, la rivincita dell’uomo comune che chiede pegno per lo sfruttamento mediatico: «Alcuni non sono interessati al denaro ma a una riabilitazione, come quella donna apparentemente ritardata, ma menomata dalle percosse del marito che nella sua cittadina passava per un uomo per bene. Fin quando il Daily Mail non ha comprato il servizio».
Il listino varia. Un’esclusiva rende ai protagonisti anche 5-6 mila sterline, ma le vicende minori arrivano a 200. Poi c’è il compenso di Natasha, tariffe freelance, da qualche centinaio a un migliaio di sterline. Ne vale la pena? Per Henry, il primo inglese a sottoporsi all’innesto di natica, sì: non riusciva a convivere con il suo fondoschiena piatto e rinsecchitto, ma non aveva le 7 mila sterline necessarie all’operazione. Almeno finché non ha scoperto Talk to Press.