Mario Baudino, La Stampa 3/3/2010, pagina 1, 3 marzo 2010
A DELL’UTRI IL PETROLIO DI PASOLINI
L’annuncio è arrivato a sorpresa, clamoroso come non poteva non essere visto che riguarda Pier Paolo Pasolini, e indirettamente la sua morte e i misteri d’Italia. Qualcuno, non si sa chi, ha ritrovato il capitolo scomparso di Petrolio, il romanzo che lo scrittore lasciò incompiuto quando fu ucciso sul litorale di Ostia nella notte tra l’1 e il 2 novembre ”75, e che venne pubblicato postumo da Einaudi nel ”92.
Qualcun altro, il senatore Marcello Dell’Utri, lo ha letto e ha annunciato che verrà esposto dal 12 marzo alla Mostra del libro antico a Milano, di cui è attivo organizzatore. Lo ha annunciato ieri, nella conferenza stampa di presentazione, aggiungendo che «c’è un giallo. Credo che sia stato rubato dallo studio di Pasolini - ha detto -, ma è stato ritrovato. un capitolo inquietante per l’Eni, di grande interesse, perché si lega alla storia del Paese, alla morte misteriosa di Mattei e di Pasolini stesso».
Se le cose stanno così, ce n’è abbastanza per immaginare che si possa aprire una finestra sui fatti più oscuri della storia repubblicana. Ad essi pensava Pasolini quando lavorava a Petrolio, dal ”72 fino alla morte, e ad essi fece riferimento esplicito in un articolo sul Corriere dove con tono profetico lasciò una frase diventata poi celeberrima: «Io so». Era una sorta di invettiva poetica, ritmata: «Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato ”golpe” (e che in realtà è una serie di ”golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). / Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. / Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna...». Io so, diceva. «Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi».
Visto col senno di poi, del dopo assassinio, Pasolini sembrava essersi volutamente esposto come vittima sacrificale. E anche la sua morte è diventata, almeno per una parte del mondo intellettuale italiano, un altro sanguinoso «mistero», anche se l’inchiesta e i successivi processi hanno sempre escluso qualsiasi forma di complotto. Né - a tutto dire - la pubblicazione di Petrolio ha poi aggiunto molto a quanto già si sapeva. Iniziato durante la crisi petrolifera mondiale, doveva essere il suo grande romanzo politico, la chiave non solo letteraria di una storia di malaffare. Lavorò accanitamente, raccolse materiali anche scottanti nel mondo dell’industria e della politica, dove aveva certamente buoni informatori e alcuni canali privilegiati.
Ci sono aspetti misteriosi nella vicenda della stesura: per esempio una fonte di Petrolio fu un libro, autore Giorgio Steimetz, che si intitolava Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente. Era un pamphlet su Eugenio Cefis, successore di Mattei alla guida dell’Eni. Uscì nell’aprile 1972 presso una non meglio identificata Agenzia Milano Informazioni e subito sparì dalla circolazione. Le fotocopie del volume sono nell’archivio di Pasolini. Il romanzo incompiuto, ordinato sulle carte lasciate dallo scrittore, spesso disorganiche e magmatiche, dalla nipote Graziella Chiarcossi con Maria Careri, e la supervisione di Aurelio Roncaglia, non conteneva però vere rivelazioni.
Mancava un capitolo, quello appunto che sarebbe sparito dalla sua scrivania subito dopo la morte e ora sarebbe stato ritrovato. Come? Se Dell’Utri fosse solo un bibliofilo, il contesto in cui si pone la domanda sarebbe diverso. Ma il senatore del Popolo della Libertà è molto vicino a Berlusconi, ed è processato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il suo annuncio scatena perciò polemiche roventi, e non di ordine letterario. Gianni D’Elia, autore di un saggio dal titolo Il petrolio delle stragi (Effige) in cui attribuisce molta importanza alle pagine scomparse, attacca: «Quel capitolo, ritenuto un documento storico sulle stragi d’Italia, è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un corpo di reato. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini». E il deputato pd (ex presidente Rai) Roberto Zaccaria fa uso di un certo sarcasmo: «Se questo tesoro ora è nelle mani del senatore Dell’Utri, è importante che l’opinione pubblica sappia anche come questo sia potuto accadere».
Secondo D’Elia Pasolini non sarebbe stato ucciso da un ragazzo di vita, ma da sicari prezzolati dai poteri, «occulti o no», in quanto oppositore corsaro, a conoscenza di verità scottanti. Il motivo dell’omicidio sarebbe stato proprio Petrolio. La tesi non è nuova. Molti intellettuali, da Bernardo Bertolucci a Dacia Maraini, la fecero propria; Paolo Volponi parlò di «omicidio politico». Ora, dopo tante indagini, sarà davvero il capitolo mancante a squarciare il velo del mistero? Il bibliofilo Dell’Utri sembra quasi giocare, da come ne annuncia il ritrovamento a come fa filtrare scarne anticipazioni, creando un’adeguata suspense su quello che definisce appunto il «giallo». Al momento, però, nessuno è in grado di dire se quelle carte, non che contenere rivelazioni, siano anche autentiche. Si tratta di un dattiloscritto, molto più facile da imitare che, ad esempio, un testo manoscritto, come erano i presunti Diari di Mussolini. Proprio Dell’Utri li scoprì tre anni fa, ma si rivelarono quantomeno di dubbia origine. Il lavoro, agli esperti, non dovrebbe mancare.