Franco Giubilei, La Stampa 1/3/2010, pagina 49, 1 marzo 2010
LO SCI NON E’ TUTTO
Impossibile sbagliare strada, anche volendo: la via per arrivare a casa Razzoli, in località Razzolo di Villa Minozzo - qui spesso i luoghi prendono il nome delle famiglie - è indicata da scritte spray fosforescenti sull’asfalto che celebrano Giuly campione e tracciano i cinque cerchi olimpici a ogni incrocio. Bandiere tricolori alle finestre e lo stendardo azzurro con la scritta «Super-Razzo» avvertono che siamo davanti alla villetta dove la neo-medaglia d’oro vive coi genitori.
La mamma, Tiziana Gattamelati, è seduta sul divano davanti al camino acceso e alla tv che ripropone a ciclo continuo l’impresa del figlio, fra gli scaffali ricolmi delle decine di trofei vinti da Giuliano da quando scia, e i quadri che dipinge lei per hobby. L’altra sera naturalmente c’era anche lei in piazza a Villa Minozzo, a soffrire con la gente del paese stretta davanti al maxischermo. La madre però la seconda manche non ha voluto vederla e si è nascosta in una viuzza vicina, troppa tensione: «Ho capito dal boato della folla che era andata bene, ma ho preferito allontanarmi perché mi agitavo troppo: voglio evitare che gli succeda qualcosa, ho paura che vada fuori, che si faccia male. Ora sono contenta, cosa vuole che le dica, ma il difficile viene adesso. Quando vinci devi restare a quel livello».
Ha un solo rammarico, la mamma di Giuliano Razzoli: che quel figlio, così bravo anche a scuola quando frequentava l’istituto tecnico di Castelnuovo Monti, abbia dovuto abbandonare gli studi universitari. «Era iscritto al corso di ingegneria meccatronica dell’università di Reggio, ma è a casa solo due mesi all’anno e non riusciva a dare gli esami. A me è dispiaciuto, perché quando lui comincia una cosa va fino in fondo, è molto determinato. E poi lo sci è relativo, se gli capita qualcosa di brutto fra un anno cosa fa?». Giuste preoccupazioni di madre, mentre intorno a lei qualcuno fa gli scongiuri. In paese, qualche chilometro più su, ci sono ancora tracce della festa della notte prima, quando sono arrivati almeno in duemila a intasare il centro e a riempire il «Razzo-parcheggio» – com’è stato chiamato nel cartello - allestito poco fuori Villa Minozzo. Ermes Ganapini, titolare del bar Posta, ricorda con orgoglio che le primissime discese col padre maestro di sci, Razzo le ha fatte a venti chilometri da qui, sulle piste di Febbio, anche se qualcuno precisa che papà Antonio poi ha dovuto portarlo ad allenarsi all’Abetone: «Appena torna a Villa gli faremo una gran festa. Ieri sera (sabato, ndr) in piazza abbiamo fatto da mangiare per tutti, gramigna con salsiccia, salumi, lambrusco e vin brulé, faceva freddo».
Son tutti qui a coccolarsi il loro Giulano, dal sindaco Luigi Fiocchi, che dice che per lui «è come un figlio, perché è coetaneo del mio e facevano spesso i compiti insieme, avevano passione per il calcio e giocavano nella stessa squadra», agli amici del bar che lo descrivono come un ragazzo umile e tranquillo, che «tutte le domeniche va a messa». Poi, nell’altro bar di piazza della Vittoria, dove continuano i brindisi, la gente del paese ci mette anche un bel carico di campanilismo montanaro: Angelo Agnisani detto «acero» sottolinea che «il boato di Villa lo ha raggiunto e lo ha spinto fino a Vancouver, e poi non è vero che la leggenda dello sci è nelle Alpi, è qui in Appennino: ora con Giuliano, prima con Tomba e prima ancora con Zeno Colò».
Angelo Bonicelli, amico di famiglia, ricorda come il padre ha forgiato il futuro campione fin da bambino, lui che di mestiere costruisce le lame per gli spazzaneve: «Quando Giuliano aveva 4 anni, suo papà gli apriva le gambe con le racchette per insegnargli a scendere correttamente, noi abbiamo sempre creduto in questo ragazzo. Verso i 18-19 anni ha sofferto tanto per i dolori alla schiena provocati da una caduta, ma con l’aiuto del padre e l’impegno che ci ha messo ne è venuto fuori alla grande».