Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 01 Lunedì calendario

FS, ENI, ENEL, FINMECCANICA INIZIA IL VALZER DELLE NOMINE

«Per quanto mi riguarda, Guarguaglini andrebbe confermato di sicuro. Ma non dipende solo da me». Dieci giorni fa Gianni Letta, potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha fischiato così l’inizio della lunga partita delle nomine pubbliche. Un fischio emesso in pubblico, non nelle stanze segrete, sempre poco illuminate e un po’ ovattate del potere. E poiché l’uomo è assai parco di esternazioni, quella sul presidente e amministratore delegato della Finmeccanica, è di per sé un segnale. Non solo perché annuncia che Letta giocherà fino in fondo quella partita.
Ma anche perché individua implicitamente un avversario, dato che il gioco non è si sa un solitario. E allora è difficile non vedere dall’altra parte del campo la sagoma di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, primo azionista dei grandi gruppi pubblici. A lui spetta l’ultima parola sulle nomine dei nostri manager ircocervi, pubblici ma pure privati, oligopolisti in patria e competitors nel mondo, filogovernativi per missione ma anche, sempre più, poteri autonomi, capiazienda globali. LettaTremonti, due culture politiche, due modi di concepire il rapporto tra i partiti e l’economia, due modelli che, nel tempo, stanno diventando complementari nella presa del potere, nel tentativo, insomma, di mettere "l’Italia in pugno" e concludere il ventennio berlusconiano. L’uno, Letta, istituzionale, propenso a favorire le carriere interne o a cercare i candidati nelle alte sfere della burocrazia, dal Consiglio di Stato alla Corte dei Conti; l’altro, Tremonti, culturalmente estraneo ai defatiganti negoziati, attento ai ceti produttivi più che ai rentier di varia fattura, ma molto condizionato dall’alleato leghista.
Dunque, partita lunga. Perché i consigli di amministrazione di Eni, Enel, Poste e Terna scadranno tra più di un anno, nel 2011. Un anno di preparazione per la grande spartizione. Non tanto dei vertici dei gruppi, bensì per conquistare le poltrone dei board dove le sfide si intrecciano e si complicano. Terreno ideale per il mediatore continuista romanocentrico Gianni Letta, meno per il padano coltivatore di asperità e di discontinuità Giulio Tremonti.
Non c’è da aspettarsi scontri, ma raffinati compromessi. Così sarà sulle Ferrovie dello Stato, prima holding con cda in scadenza già in aprile. Partita facile, dopo qualche incertezza. Mauro Moretti, "l’ingegner Arrogance", secondo la definizione di Luigi Zanda, vice presidente dei senatori del Pd, resterà amministratore delegato. La sua posizione viene ormai considerata blindata. Tremonti non ha mai avuto dubbi, perché a lui, in questo caso, interessa il controllo dei conti: «Ricordiamoci ha detto a più di un suo interlocutore negli ultimi giorni che l’altra volta alle Fs abbiamo messo Catania...».
Il decisionismo morettiano piace al presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, che si dice l’avrebbe visto bene anche alla guida di Protezione spa. Ma l’aborto di quel progetto ha chiuso subito il cerchio intorno alla conferma di Moretti. Prima del voto parlamentare è girato il nome di Massimo Sarmi, attuale a. d. e direttore generale delle Poste, per via delle sue aderenze con la componente di An nel Popolo delle libertà, ma non si è andati oltre. D’altra parte il 2011 sarà un anno delicatissimo per le Ferrovie: l’anno della liberalizzazione del trasporto passeggeri, l’anno della gara sull’alta velocità con i treni di Luca di Montezemolo. Privarsi di Moretti corrisponderebbe nei fatti a un harakiri aziendale.
Se l’amministratore delegato è diventato inamovibile, non lo è invece il presidente, carica senza deleghe, molto meno delicata nella governance, dunque lottizzabile. Innnocenzo Cipolletta, l’aveva scelto Romano Prodi, è un liberal e non certo un berluscones. Non sarà confermato. Al suo posto, per ora, si fa solo un nome: quello di Marco Zanichelli, attuale presidente di Trenitalia, la controllata del trasporto passeggeri. Zanichelli, ex Finmeccanica, con un breve passaggio al vertice di Alitalia nel 2004, più che un manager è un professionista delle relazioni. uomo schierato con l’anima aennina del Pdl e a sostenerlo sarebbe il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, il quale con l’abrasivo Moretti non è ancora riuscito a costruire un rapporto sereno. Letta e Tremonti non avrebbero obiezioni.
Su Guarguaglini, Letta ha detto la sua. Difficile cambiare un capo azienda che ha ottenuto risultati importanti. Nulla da eccepire da parte di Tremonti che, però, vede possibile un upgrading del quarantenne Alessandro Pansa, attuale condirettore generale del gruppo aerospaziale, bocconiano e soprattutto ferrato sugli aspetti finanziari, decisamente strategici nell’ottica di Via XX settembre. Pansa potrebbe scalzare Giorgio Zappa, attuale direttore generale, un tempo considerato dalemiano, conoscitore come pochi di un gruppo complesso come Finmeccanica. Questione delicata che Tremonti e Letta finiranno per risolvere insieme, tanto più che le lodi pubbliche di Letta nei confronti di Pansa non sono mai passate inosservate agli astanti di turno.
A più di un anno dalla scadenza appaiono saldissime le posizioni di Paolo Scaroni e Fulvio Conti, i due manager pubblici più potenti in assoluto, l’uno all’Eni, l’altro all’Enel. L’ipotesi che Scaroni potesse salire al vertice delle Generali ha appassionato gli addetti ai lavori ma pare ormai rientrata nella categoria dei giochi di società. Il riassetto della cosiddetta "galassia del nord" seguirà traiettorie diverse. Mentre Scaroni avrà anche il tempo di decidere quale tattica applicare nella disputa per la successione (tra un biennio) ad Emma Marcegaglia al vertice di Confindustria. Scaroni è ormai il capo dell’esercito delle aziende pubbliche che vogliono pesare (visto quel che versano) nella lobby delle industrie italiane. Difficile che possa scendere direttamente in campo, più probabile che provi a ritagliarsi il ruolo di king maker del prossimo presidente di Viale dell’Astronomia, dove le acque si stanno già agitando e si parla di un Andrea Moltrasio, bergamasco, fedelissimo di Montezemolo, in movimento sotterraneo per tentare il grande salto.
I bookmakers dei Palazzi pagano dieci a uno le riconferme di Roberto Poli e Piero Gnudi, rispettivamente alla presidenza di Eni e Enel. Un loro quarto mandato, dunque, appare molto improbabile. Due nomine politiche, da vera spartizione, destinate ad essere decise all’ultimo momento.
 vicino invece il cambio della guardia alla Consob. A giugno scadrà il lungo mandato (tredici anni!) di Lamberto Cardia. Il nome più seducente per la successione è quello di Francesco Greco, l’esperto di reati finanziari nel pool milanese di Mani pulite. Piace a Tremonti che lo ha voluto nei seminari a porte chiuse dell’Aspen. Il ministro dell’Economia la considera la candidatura più autorevole, la sostiene nelle sue conversazioni private pur sapendo che difficilmente passerebbe l’esame di Palazzo Chigi. Da cui dipende proprio la nomina del presidente Consob. E allora i nomi di Letta sono altri. Nomi che appartengono alle alte magistrature, nel tipico approccio lettiano: Vincenzo Carbone, presidente della Corte di Cassazione, e Pasquale De Lise, presidente del Tar del Lazio. Ma c’è anche candidato di Tremonti Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, che sempre il ministro vedrebbe bene in Bankitalia per il dopo Draghi se questi dovesse approdare alla Bce. Letta, invece, pensa a Lorenzo Bini Smaghi, già membro del board di Francoforte. Ecco, Letta e Tremonti due strade non sempre parallele.