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 2010  marzo 01 Lunedì calendario

L’AVVOCATO DELLE CAUSE PERDUTE. DALLA VEDOVA MAO AI DISSIDENTI

(riassunto) – Zhang Sizhi, 82 anni, avvocato dal 1956. Tra il 1957 e il 1972 internato nei campi maoisti. Prima difesa d’ufficio quella di Jiang Qing, vedova di Mao Zedong, accusata di tradimento, attività controrivoluzionarie, sovversione. Ordine di non citare mai Mao in aula. Condannata a morte, pena commutata all’ergastolo. Zhang ha rappresentato dirigenti coinvolti nelle proteste di piazza Tienanmen, dissidenti, monaci tibetani. Ha sempre perso. Firmatario di Charta 08, il documento che è costato una condanna di 11 anni a Liu Xiaobo. Firmatario, insieme ad altri 160, della richiesta di essere puniti con Liu. Inascoltata

PEZZO
L’avvocato delle cause perse è molto democratico. Perde sempre, perde con tutti. Ha difeso Jiang Qing, la vedova di Mao Zedong, e l’ha vista condannare. Ha difeso dirigenti coinvolti nelle proteste della Tienanmen, invano. Ha difeso dissidenti, senza fortuna. Ha provato a difendere anche dei monaci tibetani, e non ci è riuscito. Ma Zhang Sizhi, a 82 anni, va avanti, è il decano e la «coscienza» degli avvocati cinesi. A Pechino ma anche a Taiwan studiano sui suoi libri, ed è riuscito a evitarsi il destino di molti suoi colleghi. Che per difendere personaggi che il potere giudica pericolosi hanno finito col condividerne la caduta, venendo a loro volta arrestati e condannati.
Non è il caso di Zhang. I campi di lavoro maoisti lui li ha conosciuti fra il ”57 e il ”72, l’epoca della campagna antidestra. Aveva cominciato a studiare legge nel ”47. Esperienza nei tribunali di una Pechino appena liberata, poi nel ”56 l’avvocatura. La Rivoluzione Culturale non era ancora esaurita quando venne liberato dal laogai dov’era stato rinchiuso. Lo misero a insegnare, ed era già qualcosa. Con le riforme di Deng Xiaoping poté tornare a esercitare la professione. Era il 1979. Zhang di solito non parla. Anzi, ha fatto del distacco dai media uno dei suoi tratti caratteristici. Prudenza. «Non parlando con i giornalisti mi risparmio il sospetto che io possa rivelare dei "segreti di Stato"». Ma nelle settimane scorse, con due interviste (al Southern Metropolitan Weekly e all’Asiaweek cinese) ha accettato di ripercorrere gli ultimi trent’anni, in cui la prodigiosa modernizzazione della Cina non è stata accompagnata, nonostante tentativi e progressi, né dall’emancipazione del sistema giudiziario dalla politica né dal radicarsi di un vero stato di diritto: «Le decisioni oggi non sono prese del tutto in accordo con la legge».
La varietà dei suoi assistiti sembra segnalare la fede di Zhang nella legittimità della difesa. Come prima cliente gli venne assegnata d’ufficio Jiang Qing, vedova di Mao e anima della Banda dei Quattro. Le accuse erano di tradimento, attività controrivoluzionarie, sovversione. Gli dissero di non citare mai Mao in aula. Lui si attenne all’ordine, anche se Jiang non perdeva l’occasione di farlo, definendosi «il cane di Mao», che mordeva a comando. Zhang perse, ma la condanna a morte per la donna venne commutata in ergastolo. Non fu in grado di risparmiare il carcere a Bao Tong, aiuto di Zhao Ziyang, il segretario del Pcc purgato per la Tienanmen. Quando toccò al dissidente Wei Jingsheng, nel dicembre 1995, a Zhao vennero date le carte 24 ore prima del processo: 1.900 pagine. «Lavorammo per 50 ore» in una stanza che «non aveva riscaldamento, gelida». Wei condannato, ma poté raggiungere gli Usa.
Protetto dal nome e dall’età, Zhang è stato tra i 300 firmatari di Charta 08, il documento la cui stesura è costata una condanna a 11 anni a Liu Xiaobo, considerato uno dei dissidenti più autorevoli. Zhang era poi tra i 160 che hanno chiesto di essere puniti con lui. E anche tra i 20 accademici e anziani membri del Partito ad aver scritto una lettera aperta contro la condanna di Liu per aver «incitato alla sovversione». «Per chi di noi è giurista – ha dichiarato in un’intervista – la sentenza era assurda. Non è un giudizio legale, ma politico… Sono parecchi i casi simili al suo. Ora le relazioni fra politica e diritto sono molto mal gestite. Le opinioni della leadership obbligano la legge a obbedire alla politica. una vera assurdità». Charta 08 propone tra l’altro una riforma in senso federale della Cina: ebbene, «mettiamo pure che Liu avesse completamente torto, ma costituisce un crimine? La Costituzione tutela la libertà di parola».
Zhang lamenta il fatto che «il sistema della difesa non ha il rispetto e il peso che dovrebbe» e si deve accontentare di una «protezione inadeguata» con «difficoltà a vedere testimoni, scambiarsi documenti e acquisire prove». Ma Zhang è uno che quando accetta un caso «non pensa al risultato», assicura. Ogni volta è una battaglia che ha del kafkiano. Grazie a Zhang la vigilanza sulla vicenda di Liu Xiaobo prosegue. L’avvocato delle cause perse è come se un po’ le avesse vinte tutte.
Marco Del Corona