Cristiano DellཿOste, Il Sole-24 Ore 1/3/2010;, 1 marzo 2010
DUE ANNI IN CODA PER LA CASA VERDE
«Altro che esperta! Quando l’ingegnere mi ha fatto vedere il progetto nonconoscevo neanche la differenza tra pannelli solari e fotovoltaici ». Adesso che tutto è finito, Antonia si concede una battuta. Adesso che ha una casa in classe energetica "A+", con un impianto di 60 metri quadrati integrato nel tetto, scherza volentieri. Ma basta seguire il suo racconto per capire che il percorso dal progetto al collaudo è stato una piccola avventura tra finanziamenti, burocrazia e bonus fiscali. Più di 600 giorni, dalla Dia (la denuncia d’inizio attività) al provvedimento del Gestore dei servizi energetici (Gse), che le riconosce 46 centesimi ogni chilowattora di elettricità prodotto.
«Dovevo ristrutturare la casa e non avevo un’idea precisa su che cosa fare ”racconta Antonia ”. Poi alcuni amici mi hanno messa in contatto con un professionista esperto di risparmio energetico, l’ingegner Luigi Romeo. L’ho conosciuto, e mi ha convinta».
Tutto comincia all’inizio del 2008. La casa di Antonia è una villetta a schiera in una via tranquilla nella zona est di Milano. Sono 400 metri quadrati disposti su quattro livelli: seminterrato, piano rialzato, primo piano e sottotetto abitabile solo per metà. L’edificio risale agli anni 30 e ha bisogno urgente di manutenzione. Il tetto, in particolare, è ridotto malissimo: va rifatto completamente, e anche in fretta. «C’era poco da fare – ricorda la proprietaria – potevo vendere o investire per riqualificare».
L’ingegner Romeo analizza il caso insieme ai tecnici della Faro Design, la sua società, 20 anni di attività alle spalle, sede a San Felice, Segrate. Inutile dirlo, la casa è in classe energetica "G", quella degli edifici-colabrodo. Conti alla mano, Romeo si orienta sul fotovoltaico, che usa l’energia del sole per produrre elettricità (e non acqua calda, come il solare termico). A prima vista, sembra un controsenso, perché tutti sanno che le stufe e gli scaldabagno elettrici consumano parecchio. Ma il segreto è la pompa di calore abbinata ai con-vettori: «Abbiamo scelto un modello ad aria che trasforma l’elettricità in calore con un rapporto di tre chilowattora di energia termica ogni chilowattora di elettricità», spiega l’ingegnere.Il nuovo sistema,quindi,garantirà riscaldamento invernale, condizionamento estivo e acqua calda sanitaria.
La Dia viene presentata allo sportello unico per l’edilizia il 18 marzo 2008, e il progetto prevede anche il recupero della porzione di soffitta non abitabile, con una variazione della pendenza del tetto. Passano 30 giorni e dal Comune non arriva nessuna comunicazione. Tutto sembra in ordine. L’8 luglio, però, a casa di Antonia si presenta un agente della polizia municipale, con una diffida a iniziare o proseguire le opere. Nella missiva – tre pagine in tutto – si legge che il progetto è stato bocciato dalla commissione edilizia perché ha un impatto paesistico «superiore alla soglia di rilevanza». E ancora: «I nuovi volumi in copertura non si correlano all’architettura esistente » e «la documentazione è carente del contesto in cui si inserisce».
«Stavamo per partire con i lavori, e invece? », ricorda oggi Antonia. Dalla Dia alla diffida sono passati più di 100 giorni, con buona pace del silenzio-assenso che scatta dopo 3o giorni. Di fatto, dopo il verdetto della commissione edilizia, la pratica è stata trattata dal funzionario incaricato solamente l’ 11 giugno. Anche se va detto che, fin dal 12, l’ingegnere avrebbe potuto scoprire la diffida collegandosi al sito del Comune con la sua password. «Ma ogni professionista ha decine e decine di clienti – si lamenta Romeo – e non può controllare tutte le pratiche tutti i giorni».
Giancarlo Bianchi Janetti, responsabile dello sportello unico per l’edilizia del Comune di Milano, commenta: «Come è avvenuto anche in questo caso, a Milano la commissione edilizia si pronuncia tendenzialmente sulle Dia entro i 30 giorni. Il problema sono le notifiche, che richiedono sempre un certo tempo. Per questo abbiamo in programma di avviare un sistema di avvisi via email con posta elettronica certificata». Ora, però, il progetto va cambiato. I progettisti si affrettano, e il 27 agosto la nuova Dia è pronta. Soltanto la documentazione di questaseconda domanda occupa un intero raccoglitore ad anelli e comprende 14 allegati in duplice copia, dalla planimetria generale all’albo fotografico.
Anche stavolta la commissione edilizia sta nei tempi: il 4 settembre la pratica è già sul tavolo dei funzionari, e il responso è favorevole.
Ma c’è un granello di sabbia che inceppa il meccanismo: i lavori non possono partire perché è ancora pendente la diffida. E i tecnici del Comune, esaminando con calma l’incartamento, si accorgono che c’è anche un problema di destinazione urbanistica.
Tra scambi di corrispondenza e integrazioni documentali si arriva quasi a fine anno: l’atto che dichiara decaduta la diffida è del 4 dicembre 2008. Ma ormai siamo in inverno, e oltretutto per montare i ponteggi bisogna spostare un cavo dell’illuminazione pubblica. Alla fine, i muratori entrano in azione all’inizio del 2009.
«Ci sono stati momenti in cui mi sembrava di non vedere la fine», dice la proprietaria. Leggi e procedure, d’altra parte, non aiutano. Perché è vero che l’iter per questo tipo di lavori, a Milano, si risolve mediamente più in fretta di così, ma basta poco per allungare i tempi: il ritardo di un funzionario, una svista del progettista, una disattenzione del proprietario. E l’estremo formalismo delle norme moltiplica le possibilità di errore, creando a volte un incentivo uguale e contrario a quello previsto per promuovere il risparmio energetico. Come nel caso degli oneri di urbanizzazione: per gli interventi che promettono di raggiungere la classe "A+", il Comune riconosce uno sconto del 30%; ma siccome si tratta di un risultato che potrà essere certificato solo alla fine dei lavori, lo sconto deve essere coperto da una polizza fideiussoria.
Mese dopo mese, comunque, i lavori adesso procedono. Il 27 luglio, dopo la connessione alla rete da parte di A2A, entra in esercizio l’impianto fotovoltaico. Il costo dei moduli e le spese professionali vengono finanziati tramite il Credito fotovoltaico di Bpm. «Nella filiale cui mi sono rivolta – riferisce Antonia – sono stata la prima a stipulare un contratto del genere». A fine 2009 , comunque, l’istituto milanese è arrivato a erogare alle famiglie 5,44 milioni di prestiti "solari", con un importo medio finanziato di 25.900 euro.
In pratica, viene aperto un conto corrente sul quale confluiscono gli incentivi erogati dal Gse, e da quello stesso conto la banca preleva le rate per il rimborso del prestito. Se l’operazione è ben congegnata, il saldo è in equilibrio: in questo caso, il prestito è di 60mila euro, dura 15 anni e prevede rate per circa 5mila euro all’anno. I moduli installati sul tetto, invece, producono circa 9mila chilowattora di energia elettrica ogni 12 mesi, che – in base alla tariffa riconosciuta dal Gse – fruttano circa 4.100 euro all’anno per 20 anni. A tutto questo, poi, bisogna aggiungere il risparmio sulla bolletta energetica, quantificabile in 1.800 euro all’anno. Già adesso l’operazione è in attivo per un migliaio di euro annui, ma dal sedicesimo anno non ci sarà neppure più il mutuo da pagare. E comunque, anche dopo la fine degli incentivi, resterà il risparmio sulla bolletta, perché i pannelli hanno un rendimento garantito dell’80% anche dopo anni 25 di esercizio.
E poi c’èil fronte fiscale.Mentre l’impianto fotovoltaico ha il conto energia, le spese per la riqualificazione globale dell’edificio beneficiano del 55% e generano una detrazione di 99mila euro da dividere in cinque periodi d’imposta:quasi il massimo, dato che il limite per questo tipo di interventi è 100mila euro.
La pratica con l’Enea è stata chiusa il 21 dicembre scorso, quando i tecnici della Faro Design hanno effettuato l’invio telematico dell’allegato "A" e dell’allegato "B" al Dm 19 febbraio 2007. Rispetto alle altre, questa è andata decisamente liscia. Per ottenere il riconoscimento della tariffa incentivante dal Gse, ad esempio, ci sono voluti più di due mesi. «E ho molti clienti che aspettano anche cinque mesi», osserva Romeo. «Vero, per queste pratiche occorre qualche mese, ma è un tempo ragionevole, considerando il fatto che l’incentivo è erogato a partire dal momento in cui entra in funzione l’impianto », replica Fabrizio Tomada, direttore relazioni istituzionali del Gse.
Nel caso specifico, poi, l’incentivo del Gse avrebbe potuto essere anche maggiore, perché per gli impianti fotovoltaici che usano in modo efficiente l’energia elettrica c’è un incremento del 30%: in questo caso, circa 1.200 euro anno. Il decreto del ministero dell’Economia e delle finanze del 6 agosto 2009, però, ha vietato di cumulare questo incremento con la detrazione del 55 per cento. La norma è chiara, ma nel caso di Antonia si tratta di un impianto previsto e realizzato prima dell’emanazione del decreto. «Noi facevamo affidamento sull’incentivo – spiega l’ingegnere – e il 12 gennaio abbiamo scritto alla Direzione regionale delle Entrate per sapere se ci spetta».
La risposta non è ancora arrivata. Intanto, a distanza di quasi due anni dalla Dia, Antonia può guardare il tetto di casa con soddisfazione. «Io sono la dimostrazione che si può arrivare alla massima efficienza energetica anche senza essere esperti ”dice ”.Sono contenta, ma devo essere sincera: se oggi mi chiedessero di rifarlo, ci penserei tre volte».