Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 27/02/2010, 27 febbraio 2010
L’ ASCESA E IL DECLINO DELLA POLITICA DI KRUSCIOV
Nel libro di Enzo Bettiza «1989, la fine del Novecento» si sostiene che Krusciov prese la decisione di costruire il muro di Berlino dopo un paio di incontri «fatali e falliti» con Kennedy a Vienna nel giugno 1961. «Per Krusciov (...) era stato una specie d’ esame diagnostico: aveva tastato il polso e misurato la pressione di Kennedy, constatando, a torto o a ragione, che il primo era debole e la seconda bassa». In quel momento il prestigio del neoeletto presidente Kennedy si mostrava, quindi, talmente limitato da non incutere alcuna remora o freno per Krusciov. Poi l’ anno seguente (1962) Kennedy mandò le navi a Cuba e Krusciov, vista la fermezza, ordinò il ritiro dei missili. Che cosa non funzionò nel 1961 a Vienna? Silvia Delaj sdelaj@virgilio.it Cara Signora, Q uando Kennedy e Krusciov si incontrarono a Vienna il 4 giugno 1961, il leader sovietico era allo zenit della sua parabola politica. Aveva eliminato i concorrenti ed era solidamente installato al vertice dello Stato sovietico. Aveva condannato lo stalinismo, traghettato il partito verso una nuova era e schiuso prudentemente le porte dei lager, ma ribadito al tempo stesso il carattere totalitario del regime. Aveva spento la rivoluzione ungherese senza che l’ Occidente riuscisse a trarre vantaggio dalle scosse di assestamento che avevano colpito l’ impero sovietico dopo la morte di Stalin. Aveva ricucito i rapporti con la Jugoslavia ed eliminato in tal modo il rischio incombente dello scisma titino. Aveva allentato le briglia sul collo della Finlandia e barattato l’ indipendenza dell’ Austria contro la sua neutralità. Aveva lanciato un’ ambiziosa politica spaziale. Aveva deciso di puntare sullo sviluppo dell’ agricoltura sovietica con il recupero delle «terre vergini» del Kazakistan settentrionale. Aveva annunciato che l’ Urss avrebbe superato gli Stati Uniti nella produzione di carne, latte, burro e che il comunismo avrebbe seppellito il capitalismo nel giro di una generazione. Nulla dette al mondo la sensazione di questa orgogliosa sicurezza quanto la sua straordinaria esibizione all’ Onu il 29 settembre 1960 allorché si tolse una scarpa e prese a batterla sul tavolo per protestare contro la politica congolese del segretario generale dell’ organizzazione. probabile che questi sentimenti fossero dovuti in gran parte alla percezione sovietica dello stato di salute dell’ Occidente. La Gran Bretagna aveva perduto il Canale di Suez e stava concedendo l’ indipendenza alle sue colonie. La Francia era immersa fino al collo nella sanguinosa guerra d’ Algeria. Gli Stati Uniti avevano incassato senza reagire l’ abbattimento di un aereo spia nei cieli dell’ Urss. L’ Africa, il Medio Oriente e per certi aspetti l’ America Latina erano diventati il terreno di caccia dove l’ Urss avrebbe reclutato nuovi alleati e vassalli. Questa orgogliosa sicurezza durò sino all’ agosto del 1961. La costruzione del muro di Berlino, due mesi dopo l’ incontro di Vienna, non fu l’ inizio di una nuova crisi. Fu la fine di quella che Krusciov aveva aperto tre anni prima quando aveva proposto la riunificazione della Germania nell’ ambito di una confederazione. Gli premeva soprattutto impedire il continuo esodo verso Ovest di tecnici, professionisti, intellettuali: una emorragia che nel corso del 1960 aveva privato la Repubblica democratica tedesca di 152.000 persone. Il muro venne costruito quando fu chiaro che gli occidentali non avrebbero permesso la neutralizzazione della Germania occidentale. Questo non impedì all’ Urss di proseguire la sua politica di espansione nei Caraibi. Ma la crisi di Cuba, un anno dopo, dimostrò a Mosca di quale stoffa fosse fatto il presidente americano.
Sergio Romano