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 2010  febbraio 27 Sabato calendario

L’ICEBERG DI 100 CHILOMETRI CHE SCONVOLGE L’ANTARTIDE

Un titanico scontro fra i ghiacci ha di nuovo ferito gravemente le coste dell’ Antartide che si affacciano all’ Australia sconvolgendo l’ ambiente e la vita delle colonie di pinguini Imperatore. Il 7 gennaio scorso un grande iceberg vagante (B-9B) lungo 97 chilometri si avvicinava lungo una rotta che impensieriva i ricercatori australiani e francesi impegnati nel seguirne le mosse. La traiettoria puntava diritta verso la penisola bianca nota come ghiacciaio Mertz. Infatti ciò che temevano si materializzava un mese più tardi: l’ iceberg urtava violentemente la lingua ghiacciata innescando la lacerazione. E il 20 febbraio la penisola diventava un’ isola galleggiante, un nuovo imponente iceberg con una superfice estesa quanto la Valle d’ Aosta. «Pesante ottocento miliardi di tonnellate ha cambiato la forma della geografia locale» afferma Neal Young dell’ Antarctic Climate and Ecosystems Cooperative Research Centre australiano. «Ci aspettavamo che prima o poi ciò accadesse - nota Massimo Frezzotti del Piano nazionale di ricerche in Antartide - perché il Mertz presentava già delle fratture che lo indebolivano e per questo era anche da noi studiato da oltre un decennio». Un caso analogo, ma con conseguenze meno gravi, era avvenuto nel 2005 quando l’ iceberg B15A si scontrava con la penisola Drygalsky nella terra della regina Victoria generando anche in quel caso un iceberg però di dimensioni minori. «Fatti del genere non sono la regola - precisa Frezzotti - ma rientrano nella natura del luogo generando inevitabilmente conseguenze che alterano l’ ambiente, soprattutto quando sono di queste dimensioni». Nella zona, in primavera si assiste ad una grande fioritura di alghe e non lontano, a circa duecento chilometri, sono presenti alcune colonie di pinguino Imperatore, il più grande fra i pinguini (120 centimetri), le quali si spostavano proprio verso il ghiacciaio Mertz per cercare il cibo. Ora dovranno cambiare direzione e camminare altrove per trovare sostentamento. Quanto è accaduto - si sostiene - penalizzerà seriamente, riducendocele, le risorse locali: alterando l’ ecosistema la produzione ittica ne risulterà sconvolta. Ma c’ è un’ altra inquietudine espressa dagli scienziati e riguarda la circolazione delle acque che potrebbe subire cambiamenti. Nell’ area, infatti, si formava acqua con una densità più elevata per un aumento della concentrazione di sale. Questa sprofondava alimentando il circuito delle correnti profonde. Ora, mutato il perimetro delle coste, se il ghiaccio strappato non si riformerà per l’ aumento della temperatura, il fenomeno potrebbe indebolirsi alterando il processo della circolazione nei fondali. «Proprio per indagare l’ impatto nella fisica della regione e in che modo potrebbe variare il rapporto tra i ghiacci e l’ oceano - sostiene Frezzotti - quanto è accaduto si presenta come un interessante esperimento, una situazione da analizzare con cura per cogliere gli eventuali effetti sul clima». Tuttavia mentre si manifesta entusiasmo per le indagini che si prospettano non c’ è aria di catastrofi imminenti. «La formazione di grandi iceberg impressiona sempre - ha dichiarato alla Bbc Michael Meredith del British Antarctic Survey - e le ricerche sulle acque profonde sono molto importanti per il climate change. Comunque, ci sono altre fonti per l’ acqua di maggiore densità ed è improbabile che uno solo di questi fatti, pur rimarchevole nei numeri, sia in grado di provocare significativi effetti dannosi sulla circolazione. L’ importante è seguire quanto accade nel nuovo laboratorio naturale che si è creato proprio per conoscere meglio molti meccanismi ambientali ancora oggi non ben conosciuti soprattutto in un ecosistema difficile e delicato come quello antartico». Giovanni Caprara