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 2010  febbraio 27 Sabato calendario

CAIRO, IL TORO E MONTECRISTO

Urbano Cairo ha deciso di mettere in vendita il Torino dopo un sondaggio commissionato per scandagliare gli umori dei tifosi. Che io sappia, non era mai successo nella storia del calcio. Un presidente, se ha le antenne, gli umori li sonda non facendo intervistare 300 girandoloni, ma capendo come il tifoso soffre, partecipa, aiuta la squadra. Cosa vuol dire che il 55,3% (poco più di 150 persone) si è schierato contro la cessione del club? significativo sapere che il 35,7% attribuisce ai giocatori la responsabilità della situazione? Sondaggi? C’ è qualcun altro in Italia che agisce in base ai sondaggi. E infatti l’ istituto cui è stata commissionata la ricerca è Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, la sondaggista del Premier, la donna che nell’ entourage del Cavaliere ha preso il posto di Luigi Crespi. Ancora una volta, il vero punto di riferimento di Cairo è Silvio Berlusconi, fin da quando, nel 1981, laureato alla Bocconi, ne divenne assistente personale. Cairo ha imparato dalla politica come si governa la massa? uno sprovveduto che si aggrappa ai sondaggi perché non sa come uscire dalla situazione? O un furbone che sta meditando qualche colpaccio? Nell’ ambiente, lo chiamano il Berluschino sia perché ha fatto del Premier il suo faro sia perché, in statura, è qualche centimetro più basso. E certe lezioni le ha imparate bene. Un’ aneddotica mai smentita racconta che un giorno del 1982 Cairo va a trovare Edilio Rusconi nei suoi uffici di via Vitruvio, a Milano. La Fininvest, con Canale 5, sta vendendo gli spot a prezzi stracciati e Rusconi, proprietario di Italia 1, non riesce più a sostenere la corsa al ribasso. Urbano ed Edilio discutono fino a sera e trovano un accordo. Rusconi, tranquillizzato, va a godersi il meritato riposo. Cairo invece convoca tutti i venditori di Publitalia per sguinzagliarli in una svendita di spot ai prezzi stracciati. un weekend di fuoco, ma alla fine l’ intera stagione di Canale 5 viene piazzata. Quando Rusconi torna in ufficio, il lunedì, capisce che Italia 1 sta per cambiare proprietario. Cairo ha preso il Toro a costo zero, dopo il fallimento di Franco Cimminelli, il presidente che tifava Juve. Un bel colpo a detta di tutti. Peccato che quella squadra avesse un capitale giocatori che il Toro non ha mai più avuto. Alcuni nomi? Marchetti, Sorrentino, Comotto, Mantovani, Balzaretti, Quagliarella, Pinga, Acquafresca, Mudingayi... Appena insediato a Torino ha cominciato a promettere mari e monti, potendo contare su un entusiasmo che solo i tifosi del Toro sanno regalare, tutte le volte che escono da una disgrazia ferale. «Mi sun nen an cuntabale» (non sono un cacciaballe), aveva detto Cairo attraverso uno striscione esposto davanti alla Curva Maratona, a pochi giorni dal suo insediamento. Di promesse ne ha fatte tante, poche quelle mantenute. Non un progetto, non una programmazione, non una pianificazione. Allenatori e dirigenti presi, lasciati, ripresi in un «anda e rianda» demenziale e ridicolo. E 30 milioni di euro che oggi paiono buttati via. Il nodo tecnico, l’ origine di tutti i mali, sembra uno: non sapendo nulla di calcio, Cairo avrebbe dovuto delegare la gestione tecnica alla persona che aveva salvato la squadra nel momento più periglioso: Renato Zaccarelli. Ma penso che Cairo abbia avuto paura che una vecchia gloria come Zaccarelli potesse oscurare la sua figura, fargli ombra. Cosi è si affidato ad altri: tagliando i ponti con il passato, ha allungato la lista dei presidenti «non da Toro» (Goveani, Calleri, Vidulich, Aghemo, Cimminelli) e ha deciso di andare solo lui a farsi intervistare in tv, il suo marketing. Il Toro serve a Cairo come vetrina e volano della sua attività editoriale e della sua concessionaria di pubblicità, dove ha dimostrato notevoli capacità imprenditoriali. Dopo Tangentopoli, il suo rapporto con Marcello Dell’ Utri era uscito piuttosto ammaccato. Si è messo in proprio ed è riuscito a sfondare. Per questo, nelle interviste dice che «Il conte di Montecristo» è una delle sue letture preferite: «Proprio quando si trova agli inferi e appare perduto, riesce a riprendersi grazie a volontà, talento, fortuna». Forse nell’ esperienza calcistica gli è mancata la fortuna, ma lui ha fatto di tutto per trasformare il Toro nella Cairese, con sede a Milano, in corso Magenta (a due passi dal mio studio, accidenti!). Così i due giornali torinesi La Stampa e Tuttosport gli remano contro, in un piano diabolico, secondo gli ultrà più fanatici, orchestrato dall’ altra squadra di Torino. Fra i tifosi c’ è grande scoramento. Quando il sabato pomeriggio Massimo Fini mi telefona per commentare l’ ennesima sconfitta, sembriamo due ragazzini piantati dalla fidanzata che si crogiolano nel dolore e nel rimpianto. Consapevoli che non c’ è nulla di irrazionale come il tifo. Oggi giochiamo a Padova (la squadra dove Nereo Rocco sperimentò il catenaccio) e sono sicuro che sarà inferno. Altro che conte di Montecristo. Aldo Grasso