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 2010  febbraio 27 Sabato calendario

I PADRONI DELLO ”SCHIAVO”

Tre mesi inchiodato in un letto. Il cervello altrove, il corpo intubato. Poi la morte. Perché nell’inferno di Crotone si può morire così, a 11 anni come Domenico, che un anno fa, era la fine di giugno, stava giocando a calcetto quando vide per l’ultima volta il sole. I killer spararono come si fa a Baghdad, con armi da guerra, raffiche e pallettoni per inchiodare a terra Gabriele Marrazzo, un picciotto che aveva sbagliato. Centinaia di proiettili sparati all’impazzata. Si muore così nel FarWest di Crotone, città avvelenata dalle fabbriche della speculazione e uccisa dalle guerre di ’Ndrangheta. Qui comandano anche loro, gli Arena, la famiglia che ha dato i voti al senatore Nicola Di Girolamo. Per lui, per Nic, che si era fatto fotografare sorridente accanto a Franco Pugliese, il ”r iciclatore dei beni e delle ricchezze degli A re n a ”, erano andati fino in Germania. A chiedere i voti a Stoccarda, nel quartiere dei turchi, dove vivono gli italiani e i calabresi che non ce l’hanno fatta. ”Votate ’u senaturi, sta con Berlusconi”. I voti non hanno odore, come i soldi che la ’Ndrangheta rastrella a Crotone e in tutta la provincia. Con la droga, col traffico degli immigrati, con la prostituzione e con il controllo di ogni attività economica sul territorio. Il senatore raccoglieva preferenze, varcava l’austero portone di Palazzo Madama, si affannava sul futuro dell’Italia e non sapeva, giurava di non sapere chi fossero quegli Arena di Isola Capo Rizzuto. Una famiglia potentissima, di antica mafia, conosciuta fin dagli anni Settanta. Controllavano già allora il territorio e gli affari. Quelli grossi della base Nato destinata ad ospitare gli F16, che Nicola e Francesco Arena, i due fondatori della ’ndrina, non volevano spartire con nessuno. Per questo iniziarono una guerra a colpi di lupare e omicidi con i Maesano. Vinsero loro e conquistarono tutto, misero le mani sul villaggio Valtur, controllarono i lavori del metanodotto e quelli del Porto Le Castelle. Affari che producevano soldi destinati a produrne altri, ma al Nord. In Emilia, Lombardia, Veneto, e in Germania. Un impero che suscitò le gelosie delle altre famiglie presenti sul territorio crotonese. Una quindicina, centinaia di affiliati. Arsenali da guerra, con bombe e armi pesanti a disposizione. Di essere in piena guerra, i crotonesi lo scoprirono un pomeriggio di sei anni fa, il 2 ottobre 2004. Quel giorno la macchina superblindata di Carmine Arena fu sventrata da un colpo di bazooka. Don Carmine si era attrezzato come un signore della guerra libanese, camminava armato e sempre in compagnia, si era fatta anche l’auto corazzata. ”Con questa solo col cannone mi possono ammazzare”, diceva ai suoi. E i nemici, quelli della famiglia Nicoscia, una volta alleati degli Arena, il cannone se l’erano procurato davvero. Da quel giorno i morti si contarono famiglia per famiglia. L’11 dicembre 2004 cadde Pasquale Nicoscia, detto ”macchietta”, e pochi mesi dopo finirono a terra Pasquale Tripaldi e Tonino Lo Porto, uomini degli Arena. Franco Arena, detto ”’u tropeanu”, che aveva preso la reggenza della ’ndrina, fu ucciso pure lui, si salvò Salvatore Arena, ”’u scruccu”, che uscì ferito ma vivo dalla blindata di don Carmine colpita dal razzo del bazooka. ’Ndrangheta potente quella di Crotone e provincia, con uno spiccato senso degli affari. Quattro anni fa le famiglie tentarono il grande salto con la costruzione di ”Europaradiso ”. Un megavillaggio turistico da 14 mila posti letto, un business da 7 miliardi di euro e la promessa di creare 4mila posti di lavoro in un’area che di lavoro è affamata. Dietro il progetto David Appeal, un discusso finanziere israeliano, e soprattutto le famiglie di Crotone e di Cutro. Ma per realizzare ”Europaradiso” c’era bisogno di sbancare qualcosa come 10 mila ettari, di superare i vincoli ambientali posti nella zona a ridosso del fiume Neto, per questo la combriccola chiese aiuto a consiglieri comunali, di destra e del Pd, di funzionari al ministero dell’Ambiente, di colletti bianchi, tutti finiti nel mirino della Procura di Catanzaro in una inchiesta del 2008. Chi si opponeva al megavillaggio rischiava grosso, tanto che in quel periodo un pentito rivelò un progetto di attentato contro Pier Paolo Bruni, pm della Procura di Crotone. Il bazooka era già stato acquistato.