Giorgio Dell’Arti, La Stampa 27/2/2010, pagina 84, 27 febbraio 2010
VITA DI CAVOUR - PUNTATA 5 - SOTTO L’OCCHIO IMMOBILE
Riassumo?
Riassuma.
I Cavour avevano fatto una gran carriera sotto Napoleone. Ma Napoleone a un certo punto perse una qualche battaglia decisiva...
Lipsia.
E tornarono i Savoia.
Dopo la caduta di Napoleone, si organizzò a Vienna un congresso per ridistribuire i territori conquistati dai francesi. Vittorio Emanuele I, il nostro re di Sardegna, voleva addirittura terre in America, oppure che gli si desse Cipro. Gli austriaci puntavano ad annettersi l’alto Novarese, in modo da avere una testa di ponte oltre il Ticino. Metternich intrigava per mettere sul trono di Torino Francesco IV d’Absburgo, cioè il duca di Modena. La scusa era che Vittorio Emanuele non aveva figli maschi e che Francesco IV era suo genero. Talleyrand impose però che si riconoscesse come linea di successione quella secondaria dei Savoia-Carignano.
Sa che sono troppi personaggi per una risposta sola? L’unico che ho sentito nominare è Metternich.
Metternich, il cancelliere austriaco, l’uomo biondo dall’occhio destro perennemente immobile, che rideva e mostrava a un tratto quanto fosse enorme la sua bocca. E Talleyrand non l’ha mai sentito nominare?
Sì, mi pare.
Talleyrand, il vescovo zoppo, un tale campione di cinismo e di astuzia che alla sua morte, nel 1838, il re chiese: «Come mai proprio adesso?». Poco prima del Congresso di Vienna, la Francia s’era impegnata a pagare 700 milioni di indennità per i danni provocati da Napoleone e a mantenere sul suo territorio 150 mila soldati stranieri. In questo modo Talleyrand, ministro degli Esteri, s’era guadagnato il diritto di parlare a nome della Francia «restaurata».
E dobbiamo spiegare.
Il Congresso di Vienna aveva, per quanto possibile, restaurato la situazione precedente. Oddìo non s’era potuto sempre rimettere tutto com’era prima del 1789. I confini francesi vennero riportati al 1792, gli stati tedeschi al 1804...
Quanti stati tedeschi c’erano?
Saranno stati un 300 prima del Congresso. Divennero 39, dopo. Si riunivano in un’assemblea, detta Dieta, a Francoforte, la stessa città che oggi ospita la Banca Centrale Europea. La Dieta di Francoforte faceva discutendo assai poco quello che volevano gli austriaci, e la Prussia ne soffriva parecchio. Gli stati tedeschi ci interessano perché Napoleone li aveva occupati e questo aveva favorito lo sviluppo di un’identità nazionale. A scuola le avranno spiegato il Romanticismo, magari si ricorda pure cos’è...
Sì, l’amore, poesie alla luna...
In politica fu l’estendersi, fino a diventare moda, di una ricerca delle proprie radici e fratellanze. La lingua era un fatto fondamentale: l’italiano per noi, il tedesco per loro. Napoleone, quando aveva annesso il Piemonte, aveva praticato tutta una politica scolastica perché ai bambini fosse imposto il francese. Trovò moltissima resistenza, anche nelle valli dove si parlava invece il dialetto.
Stava dicendo della restaurazione.
Può anche adoperare la maiuscola: Restaurazione. Il periodo che va dal 1815 al 1830 o al 1848. Altre parole da imparare: Reazione, cioè quelli che resistono alle idee della Rivoluzione, termine che adoperiamo ancora oggi riferendoci a certi elementi esagerati di destra, detti «reazionari». Poi: la Santa Alleanza, cioè gli austriaci, i russi e i prussiani che si impegnano a intervenire insieme contro chiunque tenti di cambiare gli assetti decisi al Congresso. Tornando a «Restaurazione»: si trattava di restaurare anche i re che c’erano prima. In Francia, non si poteva resuscitare Luigi XVI, decapitato, e venne chiamato Luigi XVIII, suo fratello. Un uomo talmente grasso che non riusciva quasi a stare in piedi. Dotato di notevole finezza, però. Durante l’esilio in Inghilterra aveva apprezzato Parlamento ed elezioni. Vede, in politica non si può mai ritornare per davvero al punto di prima, così Luigi XVIII concesse una Carta costituzionale che manteneva i princìpi di libertà, uguaglianza e tolleranza religiosa, dava il diritto di voto a centomila cittadini, lasciava libera la stampa, ma col potere del governo di reprimerne gli abusi. Stette attento però a restare re per diritto divino. Quando un cortigiano, alla notizia della caduta di Napoleone, era corso a dirgli: «Sire, siete re di Francia», Luigi aveva risposto: «Ho mai cessato di esserlo?». Adesso era «Luigi XVIII, per grazia di Dio re di Francia e di Navarra».
Cioè, lui era re perché l’aveva voluto Dio?
Sì, questo era il principio dell’assolutismo. I re stavano in trono perché così aveva deciso, in un qualche giorno di cui s’era persa memoria, l’Onnipotente. La Rivoluzione aveva tagliato la testa a Luigi XVI e dimostrato che Dio, se pure c’era, non aveva troppo amore per i sovrani. Ma il Congresso di Vienna, restaurando, ribadì che invece Dio c’era, e i re voluti da Dio pure.
Tra questi Vittorio Emanuele I.
Re assolutissimo. Che tornò senza concedere le elezioni né il Parlamento né il resto. Per i Cavour, massoni e bonapartisti, una vera jattura. Come vedremo sabato prossimo.
Giorgio Dell’Arti