Roberto Giovannini, La Stampa 27/2/2010, pagina 10, 27 febbraio 2010
PARADISI FISCALI, UN’INDAGINE DA DUE MILIARDI
Sono più di duemila gli italiani accusati di aver imboscato nel 2007 e nel 2008 oltre 2 miliardi di euro in paesi «paradisi fiscali», al centro di una indagine dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. I contribuenti sotto inchiesta sono «fortemente sospettati», dicono Fiamme Gialle ed Entrate, di aver evaso le tasse e trasferito a suo tempo il bottino in paesi come Svizzera, Singapore, Liechtenstein, Channel Island nella Manica e Panama. Ma non mancano anche destinazioni nell’Unione Europea. Oltre ad aver spostato in un paradiso fiscale capitali per importi superiori a 500.000 euro attraverso intermediari finanziari, ovviamente i duemila non li hanno dichiarati, né (si presume) hanno usufruito per adesso della sanatoria offerta dallo «scudo fiscale» Tremonti.
Non è detto però che l’indagine si tradurrà in conseguenze concrete: i controlli in corso dovranno appunto verificare se si tratta solo di un’omessa indicazione o se dietro c’è qualcosa di più consistente. In altre parole, questa operazione può anche servire soltanto ad aumentare la pressione sulla (vasta) area di contribuenti infedeli che ancora non hanno aderito allo «scudo fiscale» nella sua quarta versione, che scadrà il 30 aprile. Intanto, c’è anche un pacchetto di verifiche - si parla di quasi 1.700 contribuenti che avrebbero trasferiti fondi all’estero - che la Guardia di finanza sta portando avanti in via autonoma.
L’inchiesta coinvolge imprenditori, sportivi, gente dello spettacolo, liberi professionisti ma anche gente comune, spiega il generale Stefano Screpanti, capo ufficio Tutela Entrate del Comando Generale della Guardia di Finanza.
Per un centinaio di loro i controlli si estenderanno oltre i profili strettamente fiscali, visto che si tratta di contribuenti che hanno già precedenti per reati a sfondo patrimoniale o per legami con la criminalità. La maggior parte dei soggetti interessati alle indagini del Fisco sono residenti in Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte; l’unica Regione senza indagati è la Val d’Aosta.
In pratica, l’indagine nasce dal fatto che gli intermediari finanziari hanno normalmente comunicato all’anagrafe tributaria gli spostamenti dei capitali; ma i circa duemila contribuenti non hanno pensato di indicare questi capitali nel quadro RW, riguardante appunto le attività detenute all’estero, della propria dichiarazione dei redditi.
Stabilito il terreno sul quale indagare, toccherà adesso ai 50 super-esperti fiscali dell’Ufficio centrale illeciti fiscali procedere con verifiche, questionari e colloqui in ufficio le posizioni dei 2.000 italiani. Va ricordato che con il decreto legge varato la scorsa estate spetta al contribuente che ha capitali in un paradiso fiscale provare che non sono frutto di evasione. Gli avvisi di accertamento stanno partendo in questi giorni, ma l’indagine potrebbe richiedere tempi lunghi: «I tempi di conclusione - sostiene il capo della Task Force dell’Agenzia delle Entrate Emiliana Bandettini - variano a seconda della complessità delle attività istruttorie da svolgere e delle tipologie di riscontro da effettuare, ad esempio attraverso la cooperazione internazionale».
Secondo la Guardia di finanza la «top list» dei paesi che lo scorso anno sono risultati tra i più graditi dagli evasori italiani vede in testa la Svizzera, dove si è totalizzato il 31% delle somme evase poi recuperate, seguita dal Lussemburgo con il 16%, da San Marino con il 6% e dall’Uruguay con il 5%. Il resto è stato recuperato nei diversi paradisi fiscali, tra cui Singapore, Olanda, Monaco e Liechtenstein.
Roberto Giovannini