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 2010  febbraio 27 Sabato calendario

[DROGA A SCUOLA]


Ogni giorno che si leva su quest’Italia confusa, all’ora del caffé e del primo sguardo ai giornali, davanti a tre scuole su cinque si sta spacciando cocaina. Così, alla luce del sole, che se solo provi a chiamare i cani antidroga della Polizia scateni un putiferio «democratico» tale, di assemblee e di controdenunce, che alla fine ti conviene rinunciare.
Il dato - agghiacciante, se siamo ancora in grado di stupirci - viene dall’immane lavoro che stanno facendo i 550 Servizi per le Tossicodipendenze sparsi per la Penisola. Un dato a spanne, certo, ma che se pecca lo fa per difetto, e che si porta dietro un’altra drammatica rilevazione: negli ultimi dodici mesi il consumo di cocaina, in Italia , è aumentato, a seconda delle piazze, fra il 6 e il 10 per cento. E il prezzo, bassissimo, resta invariato perché, come dice un poliziotto, «a un prezzo più basso di così, allora la regali».
Infatti, si regala. Con dieci euro, un ragazzetto di 14 anni di una qualsiasi scuola romana può oggi assicurarsi la sua dose. E poco gli importa se a quel prezzo rischia anche la vita, rischia di consumare coca tagliata con psicofarmaci e ogni genere di stimolanti manipolati da spacciatori senza scrupoli. Se invece il ragazzetto ha soldi in tasca può arrivare a un massimo di 60-70 euro, cocaina sufficiente per quattro-cinque strisce. E la giornata, la sua triste giornata, è fatta.

Qualcuno, in classe, si accorgerà di lui, di quegli occhi spenti, di quell’aria stralunata? Difficile, molto difficile che accada perché, come spiega il tossicologo Claudio Leonardi, responsabile del Sert Roma C, al quartiere Appio, «gli insegnati non sono formati per questo, non hanno gli strumenti per affrontare il disagio che dalle famiglie si trasferisce a scuola e poi si riversa nella droga». E tanto meno, questi docenti, sono formati «per gestire ipotesi di azioni di controllo», i cani antidroga di cui si parlava. C’è una storia esemplare in questo senso, una storia che potrebbe fare da apripista, e la racconta Anna Messinese, preside del Professionale «Sisto V-Federico Cesi» di Viale Jonio, sempre a Roma. Fu a giugno scorso, alla fine del suo primo anno in quell’Istituto, che la preside Messinese chiamò a raccolta gli allievi delle ultime classi per farli assistere a una vera e propria esecitazione dimostrativa dei cani antidroga della vicina caserma della Guardia di Finanza. Con annesso un avvertimento: è vero che potreste essere sorpresi da questi cani anche soltanto con una dose per uso peronale, ma la segnalazione finirebbe sul vostro curriculum e dal curriculm ai vostri futuri datori di lavoro. Cari ragazzi, perché rischiare?

Funzionò, dice oggi la preside, tanto che vuole ripetere lo show. Non ha trovato ancora una soluzione, invece, alla mancata formazione specifica dei suoi docenti e per questo allarga le braccia: «E’ vero, andrebbe fatta. Andrebbero dotati gli insegnanti degli strumenti necessari per reggere la comunicazione anche su questo piano, sul piano della droga».
«Bisognerebbe cominciare dalle elementari» raccomanda crudamente il tossicologo Leonardi «e non per spiegare loro cosa sono le droghe, ma per cogliere in anticipo i segnali di disagio, per affrontarli prima che il disagio si indirizzi verso la droga. Sottovalutiamo l’alcol, ad esempio, e facciamo male».

Altre due sono le spie che gli esperti tengono sempre accese sui nostri ragazzi: lo «stress da performance» - cioè l’assoluto bisogno di affermarsi nel gruppo - e la solitudine in famiglia, «l’assenza di una condivisione dei problemi». E Leonardi conferma, con l’autorità di chi lavora sul campo, il risultato di molte inchieste giornalistiche, a cominciare da quelle del Messaggero: «E’ vero, si comincia a consumare cocaina a 12-13 anni». Purtroppo, il consumatore di cocaina - anche il giovanissimo consumatore - tutto si ritiene fuorché un drogato. Anzi non pensa neppure che la cocaina sia una vera droga, ma piuttosto un piccolo paradiso da ”gestirsi” assolutamente da soli. Se non ci fosse di mezzo questo micidiale equivoco, non si spiegherebbe come mai, su 175mila abituali consumatori di cocaina in Italia, solo 30mila di loro si siano rivolti ai Sert. E gli altri 145 mila? Inghiottiti da questa voragine.