Michele Masneri, Il Riformista 25/2/2010, 25 febbraio 2010
DA ACEA A GENERALE F. G. CALTAGIRONE HA MOLTA SETE
Distinguersi, in una famiglia tutta di maschi, tutti imprenditori edili, tutti che si chiamano indistintamente Francesco, Gaetano, o addirittura Francesco-Gaetano, può diventare un obiettivo di vita, quando intorno a te è pieno di omonimi cugini molto andreottiani.
il caso di Francesco-Gaetano Caltagirone, detto Franco, o Francolino per gli amici, mentre per tutti gli altri è semplicemente l’Ingegnere, che per emanciparsi dal clichè famigliare diventa appunto ingegnere, si forma una solida cultura che abbraccia la storia antica, in particolare quella romana – libro preferito, ”Ascesa e declino dell’impero romano”, di Edward Gibbon – e colleziona, prima ancora di pacchetti azionari, monete antiche e ceramiche: tutti ottimi elementi per distinguersi innanzitutto dai cugini meno eruditi del ramo Gaetano, quello defunto a Roma la settimana scorsa, famoso per la frase «a Frà che te serve» e per i grandi finanziamenti alla prima repubblica. Da questi cugini, che fino al 1977 erano quelli ”bene”, Francolino era soprannominato bonariamente ”Treccani” tanto era colto; ma dal ”77 - scandalo Italcasse, poi fuga a New York e arresto - a Gaetano e alla sua parte di clan passa la voglia di fare gli spiritosi, ed è Fgc l’uomo su cui puntare. Che Gaetano non gli fosse simpatico, del resto, è confermato dal fatto che al di lui funerale una decina di giorni fa non c’è andato.
La vita di Fgc ha le sue sliding doors. La prima è nel 1946, quando suo padre Francesco, figlio del fondatore della dinastia Gaetano, quello che alla fine dell’800 ridefinisce Palermo con la sua edilizia intensiva fatta di miracoli come il cemento armato e gli ascensori - decide di trasferirsi in Argentina dopo aver già accumulato una discreta fortuna a Roma con molti palazzi edificati negli anni Trenta (le vie Bissolati e Barberini, ancor oggi feudo della famiglia, per esempio).
Ma solo un anno dopo Francesco muore d’infarto e Francolino che ha solo 4 anni si ritrova solo a Buenos Aires insieme ai fratelli Edoardo e Leonardo e alla mamma Giuseppina, che è figlia del poeta Edoardo Cacciatore, membro del Gruppo 63 e concorrente di Montale. La famiglia torna dunque a Roma, Francolino si prende la laurea in ingegneria e soprattutto non resiste al virus familiare del mattone.
Nel ”65, a 23 anni, costruisce la sua prima palazzina e si getta nel business dell’edilizia. Sono gli anni giusti, e la ricetta è semplice: si comprano terreni, si edifica, si aspetta - magari proattivamente - il cambio di destinazione d’uso. Un sistema che dura fino al ”67 quando con il nuovo piano regolatore scattano i nuovi vincoli. Con gli anni Settanta e la stagflazione molti colleghi palazzinari si ritirano, Fgc invece rilancia, e si trasforma in grande immobiliarista: dai 20 mila metri cubi costruiti nel ”67 sale ai 300 mila del ”78.
Poi nel 1983 comincia la seconda vita di Fgc: quella di grande costruttore. Acquista dallo Ior il colosso delle costruzioni (in crisi) Vianini e lo risana. Nel 1992 compra anche la Cementir dell’Iri e diventa il primo costruttore italiano. Terza vita, terza passione: dal 1996 Fgc si lancia nella carta stampata. Compra Il Messaggero dalla Ferruzzi ormai in smobilitazione; poi Il Mattino di Napoli; poi il Corriere Adriatico; e ancora il Nuovo Quotidiano di Puglia e il Gazzettino di Venezia. Acquisterà anche il Tempo, salvo poi rivenderlo poco dopo. Oggi la Caltagirone editore è il secondo editore di giornali nazionale (dietro il gruppo Espresso) ed è stato il primo a scommettere sulla free press con Leggo, numero uno del settore con 2.328.000 lettori medi giornalieri.
Passione lucida, quella di Fgc per la stampa: che si concentra sui giornali locali e poi sulla free press, due settori anti-ciclici che lo mettono al riparo dalla crisi attuale. E poi Fgc non è disposto a strapagare, se sbaglia bersaglio fa marcia indietro come nel caso del Tempo, subito rivenduto all’altro costruttore romano Bonifaci. Passione anche cinica, forse, dal momento che non ha mai avuto grande considerazione per gli organi di stampa finchè non ha iniziato a collezionarli.
Sicuramente una passione funzionale alla crescita della sua influenza e nel caso di Roma a una specie di egemonia.
Caltagirone ha tre figli, tutti molto riservati: Francesco jr che guida le attività di Cementir, Alessandro al comando di Vianini e Azzurra, sposata a Pier Ferdinando Casini (con cui ha generato un altro Francesco, tanto per mimetizzare ulteriormente l’onomastica di famiglia) che si dedica alle attività editoriali.
Riservatezza che in questa fase sta un po’ diminuendo in Fgc: per esempio si fa vedere spesso all’opera, sua altra grande passione. E se una stretta di mano un po’ troppo deferente da parte di Alemanno alla prima di un Falstaff recente testimonia il gradimento del sindaco per l’endorsement da parte di Fgc alle ultime comunali, il rapporto con Alemanno è fondamentale in un’altra partita in corso, quella per il controllo di Acea, la utility romana di cui Fgc è ormai secondo azionista con l’8,7 per cento, e da cui potrebbe scalzare i francesi di Suez-GdF. Anche se chi lo conosce bene è sicuro che non comprerà dalla privatizzazione, ma dal mercato. Gli studiosi di caltagironismo ritengono che sceglierà la strada già sperimentata in Mps e in Generali, fare da partner strategico della Fondazione Mps nel primo caso e di Mediobanca nel secondo. la strada che Caltagirone ha seguito sempre negli ultimi anni, sin da quando nel 2005 da capo dei contro-pattisti di Bnl, uscì dalla banca con una plusvalenza da 250 milioni. In Mps è salito fino al 5 per cento, ed è entrato nel cda di Rocca Salimbeni assumendone la carica di vice presidente. In Generali siede nel board, e ha accumulato una partecipazione che negli ultimi giorni è salita fino al 2 per cento.
Insomma, Fcg ha un ruolo di primo piano in alcune delle partite più importanti del momento. I partner si fidano di lui, è un uomo chiave per Mps perché ha dato una mano a Giuseppe Mussari a rafforzare la sua proiezione esterna. un uomo chiave in Generali perché ha un rapporto ottimo e consolidato con Cesare Geronzi, ma anche con i due manager operativi Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot dei quali ha stima: li vede nel comitato esecutivo in cui è entrato un anno e mezzo fa.
Oltre a Casini, ovviamente, coltiva buoni rapporti con la politica, sono di sostanziale reciproca attenzione quelli con Berlusconi e decisamente buoni quelli con Massimo D’Alema, Gianni Alemanno e soprattutto Romano Prodi, ammiratore delle sue monete, e invitato dall’Ingegnere a scrivere per il Messaggero, invito cui l’ex presidente del Consiglio ha aderito, come Carlo Azeglio Ciampi del resto che interviene sul quotidiano diretto da Roberto Napoletano da quando lasciò il Quirinale.
La domanda adesso è: dove vuole arrivare l’Ingegnere, che oltre tutto è molto giovane, essendo nato nel ”43, ed è dotato di una leggendaria liquidità? Per il momento nessuno lo sa.
Difficile pensare che voglia continuare a divertirsi con le plusvalenze per cui è famoso (oltre a Bnl, i 38 milioni guadagnati dalla vendita della sua quota in Rcs, per esempio, da cui uscì per tempo quando si rese conto che qualcuno prima o poi sarebbe stato tentato di imputargli tentativi di scalata). C’è chi dice che l’essere nato in una grande famiglia, l’aver vissuto all’estero, l’aver conosciuto alti e bassi della storia lo porta a volersi distinguere non solo dal resto del clan, ma anche da una certa imprenditoria del centro-sud troppo rappresentata da antichi stereotipi romaneschi. Così quando comprò il Messaggero disse a Massimo Gaggi del Corriere della Sera che era «anche per sfatare il mito di una città fatta solo di industriali all’amatriciana».
Di sicuro oggi, con 5 società quotate, un patrimonio calcolato in oltre 20 miliardi di euro, una presenza massiccia nei media, oltre che - per parentela - un piede nella politica nazionale, Fgc non rischia più di essere confuso con alcun imprenditore. Laziale o meno.