Fabrizio Goria, Il Riformista 24/2/2010, 24 febbraio 2010
PURE L’ITALIA HA GIOCATO CON I DERIVATI IN DIECI ANNI SONO ENTRATI 8,1 MLD
Dal 1998 al 2008 il ministero dell’Economia ha guadagnato circa 8,1 miliardi di euro da operazioni sui derivati swap. L’agenzia Bloomberg riprende le ultime statistiche di Eurostat e spiega quali sono state le transazioni finanziarie compiute dal nostro Paese. E sebbene il bilancio totale sia positivo, nel biennio 2007/2008 sono state registrate perdite per 729 milioni di euro.
Non solo la Grecia, quindi. Stando alle cifre diramate da Eurostat, nel decennio 1998-2008 sono state svariate le transazioni compiute dal Tesoro. Principalmente due le modalità utilizzate: l’interest rate swap e il cross currency swap. Tutte e due sono azioni che permettono di speculare sui cambi fra le valute. Tuttavia, come tutti i derivati, il rischio è l’esposizione a forti perdite. E nel 2007 queste si sono attestate a 337 milioni di euro per il Tesoro. Più incisive quelle del 2008, pari a 392 milioni di euro. Colpa dell’inversione di tendenza nelle contrattazioni euro-dollaro. La moneta europea dopo il picco di 1,60 su biglietto verde registrato nell’aprile 2008 ha perso oltre il 22 per cento nell’arco di pochi mesi. Infatti, nel decennio esaminato dall’istituzione statistica lussemburghese i benefici maggiori per il nostro Paese si sono avuti nel 1998, quando la riduzione degli interessi passivi attraverso gli swap è stata di 3 miliardi di euro. Significativi anche il 2002, anno in cui sono stati guadagnati quasi 2 miliardi di euro, e il 2005, circa un miliardo. A esclusione dell’ultimo biennio oggetto dello studio, tutti gli altri anni hanno chiuso in nero per svariati milioni di euro. Così, si è potuto agire attivamente sull’indebitamento netto del Paese, diminuendolo.
Dopo l’identificazione del ruolo di Goldman Sachs con la Grecia, sono tornate alla ribalta le transazioni compiute anche dall’Italia in passato. Soprattutto, quella che nel 1996 riuscì a procrastinare i debiti correnti del nostro Paese per garantire l’entrata nell’Eurosistema. Operazione confermata anche dal senatore del Pdl Mario Baldassarri, che più volte ha ricordato come il cross currency swap non era un pratica tanto rara. Anzi, in molte occasioni può essere utile. Lo spostamento temporale dei debiti può migliorare lo stato dei conti pubblici. Inoltre, tramite interest rate e cross currency swap è possibile coprirsi dai rischi di cambio valutario. Ed è esattamente questa la ragion per cui gli Stati con un debito elevato possono servirsene. In quel caso l’advisor fu JP Morgan, ma non è da escludere che ci siano stati altri istituti di credito coinvolti. Secondo fonti della City «altre banche che hanno operato con l’Italia sono state Barclays e Citigroup». Del resto anche Domenico Siniscalco, che nel 2004 è stato l’inquilino di Via XX Settembre, aveva ricevuto un’offerta simile riguardo agli swap. Lui rifiutò, ma ora si deve comprendere in che ambito siano stati utilizzati questi strumenti finanziari dal Tesoro italiano.
La differenza fra Italia e Grecia consiste nella comunicazione delle cifre a Eurostat. Goldman Sachs, principale consulente di Atene per gli swap del 2000 e del 2001, ha forzatamente modificato alcuni elementi per mascherare parte dell’indebitamento ellenico. In sostanza, hanno omesso di comunicare la reale entità delle transazioni e dei tassi di cambio fra le valute, assumendone uno storico implicito in accordo con la Banca centrale di Atene. Proprio due giorni fa è giunta la conferma di questo atteggiamento da Gerald Corrigan, managing director della banca newyorkese. «Con il senno di poi in alcuni casi particolari di fine anni ”90 e di inizio 2000 gli standard di trasparenza avrebbero potuto e probabilmente avrebbero dovuto essere più alti», ha detto Corrigan. Ma il banchiere ha poi specificato che «non c’è da stupirsi se qualche Stato ha fatto swap valutario, lo si fa spesso».
Finora, nessun commento ufficiale da Eurostat riguardo l’Italia. Pesa invece l’ombra gettata sui conti italiani. Resta da vedere in che modo potrà influire questa notizia sulla candidatura di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, alla presidenza della Banca centrale europea. Già vice chairman di Goldman Sachs dal 2002 al 2005, Draghi ha nei giorni scorsi smentito di essere a conoscenza delle transazioni compiute dalla banca statunitense con Atene. Ma dopo la polpetta avvelenata del settimanale tedesco Spiegel, non si può escludere che le operazioni compiute dall’Italia possano diventare un pretesto per attaccare il governatore. Dopo le polemiche sullo scudo fiscale, ieri è stato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti a difendere Draghi. A margine dell’incontro con la stampa estera, ha detto che «l’Italia ha un ottimo candidato alla presidenza della Bce», sottolineando però che mancano ancora 20 mesi al rinnovo dei vertici dell’istituzione di Francoforte.