Davide Brullo, Libero 26/2/2010, 26 febbraio 2010
LE LETTERE DI
GADDA-Da settembre sono il preside del Liceo Linguistico ”San Pellegrino” di Misano Adriatico. Un giorno un’alunna del primo anno, di nome Virginia, mi porge una lettera: apparteneva all’archivio del patrigno di mia madre, spiega. La scrittura è obliqua, quasi cuneiforme, la lettera è dell’8 gennaio 1964. «I disturbi che ormai mi affliggono sono tali da rendermi difficile il vivere e da diminuire in misura gravissima ogni mia possibilità di applicazione e ogni relazione col mondo, compresa la corrispondenza. La ringrazio di cuore della sua gentilezza e bontà, spero e desidero vederla e parlarle. Mi angustia il dubbio che la nuova traduzione possa essere per Lei un nuovo tormento». La lettera chiude così: «Anche di ciò vorrei parlarle: esprimerle qual è la mia vera condizione fisica, psicologica e mentale». Segue firma, Carlo Emilio Gadda.
Una lettera inedita dell’Ingegnere, del più grande scrittore italiano del Novecento. Non celo l’emozione all’allieva: aspetta, ne faccio una fotocopia (l’originale è in carta marrone, fragile come una foglia d’autunno).
Ci sarebbe anche questa, mi dice la ragazza. Come una tigre mi avvento sull’altro foglio, che è consecutivo al primo, è imbucato «Roma, 8 gennaio 1964»: «Esprimo il desiderio e la speranza di vederla a Roma: altrove sarà poco probabile dato il lento aggravarsi delle mie condizioni fisiche, massime nella passata stagione. Le sono molto tenuto di avermi dato loro notizie e vorrei averne altre dalla Sua voce. Mi rammarico di non aver potuto recarmi, a dirle la mia riconoscenza, in Francia e a Parigi. Da mesi sono costretto a casa o, periodicamente, nelle cliniche.(...) Sono in condizioni di salute molto spiacevoli, ma vorrei vederla: se sarà ancora possibile».
Prendo anche questa lettera, la fotocopio. Ce ne sarebbero ancora una trentina... A questo punto trasecolo davvero, parlo con la mamma dell’alunna: dalle sue mani sgorgano fogli che sembrano disegni di Joan Mirò, invece è la scrittura di Jean Cocteau, il paladino delle lettere francesi, poeta, drammaturgo, attore, artista, che dalla dimora di St. Jean Cap-Ferrat, in Costa Azzurra, scrive a «Tres cher Louis». stato il segretario speciale di Cocteau dal 1954 al 1963... Il mistero si fa fitto. Gadda
chiama ”Louis” all’italiana, ”Luigi”, l’indirizzo a cui invia la posta è a Ventimiglia, in provincia di Imperia, l’ultima città del Belpaese prima di sprofondare tra i Galli. nato nel Principato di Monaco, il 18 maggio del 1923; è morto placidamente a Bordighera, il 4 aprile del 2004, continua a dirmi la signora, elegantissima e colta. Ma lui, Louis (o Luigi), chi è?
Il nome completo è Luigi Bonalumi, ha tradotto per Gallimard, Seuil e Flammarion (gli editori più importanti di Francia) i nostri grandi: da Gadda a Giuseppe Berto, da Paolo Volponi a Tomasi di Lampedusa, da Primo Levi ad Anna Maria Ortese. Traduttore eclettico, instancabile, magistrale, ha trapiantato Oltralpe anche autori di ben altra levatura come Nico Orengo, Vincenzo Consolo, Enzo Siciliano e Andrea Camilleri.
Bonalumi amava le imprese estreme: cosa gli importa del banale Camilleri? In una noterella alla traduzione de La bolla di Componenda scrive, «Andrea Camilleri maschera il suo italiano di termini e parole siciliane e lascia al lettore il suono e il piacere d’individuarne il senso». E lui, Luigi, ingolosito dai labirinti lessicali, che fa? «Preferisco essere accusato di scarsa destrezza piuttosto che di assassinio». Quindi, propugna la fedeltà ovunque e comunque, puntando sull’«effetto» piuttosto che sul calco idiota.
Romanziere competente e completo (nel 1947 e nel 1949 pubblica presso le Editions du Rocher L’avoir belle e La Grande Salade), ritrattista di pregio, nel 1986 Bonalumi è santificato dal ”Premio alla Cultura” assegnatogli dalla Presidenza del Consiglio ita-
liano, alloro condiviso con Michelangelo Antonioni e Umberto Veronesi. Ma Luigi è uomo alieno agli onori. Scrive saggi introvabili con titoli borgesiani come Per una teoria generale delle immagini paradossali o pseudo illusioni ottiche oppure studi pirotecnici del tipo Volete tradurre l’etrusco? (i libri pare siano pubblicati dalle edizioni Philobiblon di Ventimiglia).
Pare che Bonalumi abbia scritto un importante articolo sulla traduzione, con uno dei più bei titoli mai uditi, I traduttori letterari sono forse degli angeli? Tra l’altro, sembra che tra i documenti di Luigi vegeti una traduzione in francese delle prime due cantiche della Divina Commedia, mai resa pubblica. Bordeggiamo la leggenda. Lo sforzo più potente di Luigi, comunque, è dentro la scorza linguistica di Gadda, di cui traduce, per le edizioni Seuil, i capolavori, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (nel 1963) e La cognizione del dolore (nel 1974; è la «nuova traduzione» di cui parla Gadda nella lettera di dieci anni prima), quest’ultimo insieme a François Wahl, paladino di Gadda in Francia, che reputa l’Ingegnere bravo quanto James Joyce, mettendolo in dialogo con Manzoni, Shakespeare, Cervantes, Leibniz, Darwin.
L’incontro con Gadda cade in un momento particolare: l’Ingegnere ha appena pubblicato la versionedefinitivadellaCognizione del dolore, sta allestendo Eros e Priapo, esalta la sua allucinata misantropia (nelle lettere Gadda fa capire di non accettare neppure una telefonata, perché comunque «Non so, ora, se quando Lei mi telefonerà a Roma, io sarò ancoraacasaoinunaclinicadoveda giorni aspetto di trovar posto: e in quale clinica»; sempre vago riguardo ai suoi spostamenti, conclude le lettere con un evasivo: «La prego pertanto di telefonare alla mia Concierge, signora Katia»).
Se volete leggere le traduzioni di Bonalumi e toccare con mano il Gadda con la erre moscia, non avete che da venire al ”San Pellegrino”: l’erede di Luigi ha regalato al Liceo i romanzi da lui tradotti.