Gianluigi Nuzzi, Libero 26/2/2010, 26 febbraio 2010
«LA COOP MI HA ASSUNTO PER FARE LA SPIA»
«Nei supermercati, negli uffici spiavo i dipendenti Coop. Seguivo quelli che si imboscavano, tenevo d’occhio i sospetti che potevano rubare, persino chi si allungava nella pausa caffè o andava a fumare. Tutti. Per mesi ero, credetemi che non esagero, una sorta di agente segreto pagato da Coop Lombardia, utilizzando persino un incarico ufficiale di copertura: operaio addetto al carico/scarico delle merci». Maurizio S., ex militare dell’esercito, con il suo racconto aggiunge un tassello prezioso all’inchiesta che Libero sta conducendo su la ”coop ti spia” ovvero intercettazioni illegali audio e video disposte su manager, direttori e commessi dei supermercati della Coop in Lombardia. Sia la procura di Milano, sia il garante della privacy hanno aperto delle inchieste dopo le nostre denunce ma la storia di Maurizio S. apre nuovi scenari. Innanzitutto perché non vuole che venga indicato il suo cognome?
«Se l’autorità giudiziaria vorrà interrogarmi non mi sottrarrò al mio dovere di cittadino. Racconterò quanto accaduto ma per la tutela della mia famiglia chiedo che il mio cognome non appaia sui giornali».
Da quando ha iniziato a svolgere incarichi di controllo sui dipendenti coop? «Un passo indietro, nel 2003/2004 era collaboratore di un’agenzia di investigazioni nel milanese. Il capo mi chiama per vedermi, mi dice che Massimo Carnevali, responsabile della sicurezza di coop Lombardia cerca una persona di fuori zona, che non conoscesse nessuno a Milano per svolgere un compito delicato ma ben retribuito nel supermercato di Bonola». Di cosa si trattava?
«Io do la mia disponibilità e così incontro Carnevali. Mi spiega che devo controllare i dipendenti. Verificare quanto durano le assenze dal posto di lavoro, magari per il caffè o una sigaretta. Capire chi lavora poco e dove va a imboscarsi seguendoli. Tenere d’occhio che nessun dipendente si metta a rubare soprattutto nell’area no food. Insomma, dovevo sorvegliare i dipendenti».
E come poteva agire senza destare sospetto? «Ero addetto alla ribalta ovvero al carico/scarico delle merci con tanto di tesserino per andare in qualsiasi zona del supermercato».
Scusi ma venne assunto da coop o venne pagato dall’agenzia di investigazioni? «Da entrambi. Ufficialmente l’agenzia di investigazioni riceveva un compenso per le ore lavorate da me a Bonola con la funzione ufficiale di antitaccheggio mentre coop mi aveva assunto come operaio, una copertura. Così passavo la giornata a controllare gli altri fino alle irregolarità più piccole. Verificavo che nessun dipendente rubasse, individuavo chi faceva durare la pausa del caffè più dei classici cinque minuti».
Chi era al corrente della sua attività? «Oltre a Carnevali anche la signora Sonia, responsabile del personale del supermercato e il direttore Morciano». un’accusa grave.
«E me ne assumo la responsabilità, pronto a ripetere queste cose alla magistratura semmai qualcuno avrà voglia di far luce su queste vicende. Due, tre volte alla settimana stilavo il rapporto sulla mia
attività. Loro non volevano nulla di scritto ma le relazioni erano ugualmente dettagliate. Morciano mi faceva chiamare, salivo in ufficio elencando dipendente per dipendente tutte le irregolarità verificate. Ormai era tanto frequente che i miei ”colleghi” iniziavano a insospettirsi».
Cioè?
«Beh ogni due per tre arrivava il mio superiore diretto: ”Maurizio ti vuole il direttore ma che hai combinato?”. Io zitto andavo e raccontavo la mia attività. Alcuni facevano persino battute, pensavano che mi convocassero per una mia prossima promozione.... Io non smentivo così il mistero mi permetteva di muovermi in maniera più agevole».
Maurizio Cavazzan della direzione di Coop Lombardia a Rainews24 sostiene che mai la direzione ha dato incarichi di questo tipo, di spiare i dipendenti e che in fondo si tratta di un episodio a Vigevano nel 2004. Forse qualcuno è voluto andare oltre l’incarico affidato... «Io ho lavorato sui dipendenti di Bonola e non di Vigevano. Non so che tipo di direttive abbiano dato. Di certo della mia attività a Bonola chi doveva sapere era informato e mi chiedeva aggiornamenti sulle investigazioni. Erano i capi del supermercato mica il salumaio....». Il racconto di Maurizio S. è una spina nel fianco a Coop Lombardia che in questi giorni prova ad ergere una difesa, dopo aver presentato un esposto in procura su quanto accaduto. Senza quindi aver querelato il nostro giornale come erroneamente scritto qualche giorno fa. E la vicenda diventa sempre più di dominio pubblico con i sindacati, la magistratura e il garante della Privacy che vogliono vederci chiaro. Giovedì sera Rainews24 ha dedicato l’intera puntata de L’Inchiesta allo scoop di Libero, al caso dei dipendenti intercettati. «Va precisato – afferma Cavazzan di Coop Lombardia – che in questa vicenda l’azienda è parte lesa, ci riteniamo danneggiati da eventuali registrazioni che se sono state effettuate è avvenuto all’insaputa della cooperativa». Cavezzan non trova una parola di solidarietà nei confronti di chi sicuramente ha patito un danno personale ovvero ogni singolo dipendente intercettato. Tra l’altro l’affermazione mal si concilia con le plurime testimonianze raccolte da Libero che indicano in Massimo Travaini, responsabile della sicurezza di Coop Lombardia, uno dei protagonisti più attivi in questa vicenda. In diverse occasioni compare sulla scena anche Ferrè, alto dirigente del gruppo. Ancora, oggi Maurizio S. chiama in causa direttamente i responsabili dell’ipermercato nel quale svolgeva la singolare attività di 007.
Forse per questo Onorio Rosati, segretario della Camera del Lavoro a Rainews24 denuncia la «gravissima violazione della privacy dei lavoratori. Senza chiarimenti ci muoveremo per vie legali per salvaguardare chi lavora in coop». «Perché c’erano telecamere e microspie negli uffici?», chiede Nino Baseotto, segretario generale Cgil Lombardia. «Non è al telefono che si ruba un chilo di pasta quindi questa idea di controllare tutti i dipendenti è inaccettabile. Del resto le ipotesi non sono molte: o Libero ha inventato una storia e quindi deve essere perseguito ma se ha raccontato cose vere abbiamo di fronte una situazione gravissima e bisognerà accertare ogni responsabilità».