Adam Posen, la Repubblica 25/2/2010, 25 febbraio 2010
IL DIFFICILE COMPITO DI GERMANIA E CINA
La Germania e la Cina brindano ai rispettivi capodanni con calici avvelenati simili: quanto al surplus, l’ uno e l’ altro paese sono nel proprio blocco valutario l’ economia principale in un periodo di contrazione. L’ attuale rapporto economico tra Germania e Europa meridionale è insostenibile quanto quello tra Usa e Cina. Le economie dell’ area euro che rispetto alla Germania mantengono dei deficit delle partite correnti consistenti e continuativi dovranno prima o poi realizzare degli aggiustamenti. La Germania, con il tasso di cambio fisso, ha all’ interno dell’ eurozona un vantaggio competitivo: preservare la stabilità monetaria implica quindi per definizione che l’ onere dell’ aggiustamento gravi sugli importatori netti - come accade tra Cina e Usa, con le ovvie differenze però. Il tasso di cambio cinese è agganciato al dollaro unilateralmente e i vantaggi vanno per la maggior parte solo in una direzione. La politica monetaria cinese è motivata dal mercantilismo oltre che dal bisogno di stabilità e la Cina non deve renderne conto a nessuno. Nella Ue, redditi, mercato del lavoro e mercato finanziario sono nettamente più convergenti e integrati. Tuttavia, se non si procederà a un qualche aggiustamento, gli squilibri potrebbero comportare dei contraccolpi politici. Se Cina e Germania non trasferiranno una parte della propria domanda interna ai loro partner commerciali, rischiano di perderei mercati e di non riavere indietro il valore investito presso questi partner. Novanta anni fa fu Keynes a scrivere del problema del trasferimento, che egli considerava una delle conseguenze della brutale pace imposta alla Germania a Versailles. Un tasso di scambio fisso e l’ impossibilità di diventare un esportatore (netto) verso i principali creditori impedivano alla Germania di onorarei pagamenti dovuti. I prestiti e la ristrutturazione del debito del piano Young nel 1929 consentirono la stabilizzazione dell’ economia tedesca e la ripresa di un commercio e di una crescita a beneficio di tutti. Gli attuali rapporti politici all’ interno della Ue non potrebbero essere più diversi, ma con la Germania nel ruolo opposto, la dinamica economica odierna è analoga. La reazione negativa di molti politici tedeschi e dei loro elettorati alla prospettiva di un «salvataggio» delle economie meridionali malmesse, dovrebbe quindi essere superata. Le economie dell’ area euro che contano un surplus continuativo o su larga scala dovrebbero essere sollecitate a ridare al sistema una parte dei ricavi commerciali. Ciò stimolerebbe la domanda negli altri paesi, mitigando il problema dei trasferimenti. Se l’ ammontare tassato fosse solo un piccola parte del surplus commerciale della Germania o delle altre economie dell’ eurozona con surplus, non sarebbe percepito come un peso reale e nel lungo periodo si ripagherebbe da solo. Il programma di "riciclo" del surplus - non un "premio" per i paesi "spendaccioni", ma un contributo a un reale aggiustamento - non dovrebbe essere un salvataggio ad hoc che mira alla Grecia ma costituire un esercizio continuativo di cui tutti i membri dell’ area euro potrebbero a un dato momento essere dei potenziali beneficiari. I dirigenti politici accorti di entrambe le parti sanno bene che le attuali tensioni si spiegano in buona parte con gli insufficienti trasferimenti fiscali tra le regioni che vantano un surplus e quelle con un deficit nei periodi di recessione - un rischio riconosciuto già nel 1999 e anche prima dai sostenitori dell’ euro. *Vice direttore del Peterson Institute for International Economics a Washington DC. Il suo ultimo libro è The Euro at 10: The Next Global Currency? (Traduzione di Guiomar Parada) - ADAM POSEN*