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 2010  febbraio 25 Giovedì calendario

NIENTE CRISI, SIAMO COOP


Mezzo milione tondo di occupati. il traguardo fissato per il 2010 dal vertice di Legacoop, che lo scorso anno ha distribuito 485 mila buste paga. Un obiettivo ambizioso. Ma alla portata del gigante rosso, in grado di fronteggiare la crisi molto meglio dell’azienda Italia. Nel 2009, mentre il prodotto lordo nazionale lasciava sul campo quasi 5 punti, le 14.676 cooperative associate hanno portato a casa una crescita del giro d’affari dell’1,6 per cento (a quota 56,8 miliardi) e un incremento occupazionale dello 0,77 per cento (contro una diminuzione della forza lavoro complessiva del paese che l’Istat ha calcolato nel 2,2 per cento).

La performance ha in realtà una spiegazione semplice: Legacoop, che rappresenta circa il 45 per cento dell’intero mondo cooperativo (cui si deve il 7 per cento del Pil nazionale), è molto diversificata e la sua struttura produttiva ha un profilo sostanzialmente diverso da quello italiano. "Nella nostra realtà", spiega il presidente Giuliano Poletti, ex numero uno dell’Emilia Romagna e prima ancora amministratore locale con la casacca dell’allora Pci, "c’è un peso minore dell’industria, che più ha subìto i morsi della crisi". In effetti, basta spulciare il bilancio preconsuntivo messo a punto dal Centro studi della Lega per scoprire che a salvare i conti, impiombati dalle perdite del manifatturiero (meno 2,4 per cento), sono stati il commercio (più 6,3 per cento) e i servizi (più 5 per cento).

Ma se la Lega è riuscita a galleggiare sulla crisi non è solo per una questione di mix produttivo. Ci sono almeno altri tre fattori. Primo: l’industria delle costruzioni, che garantisce una fetta importante dei ricavi, ha un portafoglio ordini a lunga scadenza e quindi viene colpita solo in una seconda fase dai rallentamenti del ciclo economico. Secondo: il fenomeno delle cooperative sociali (assistenza socio-sanitaria e inserimento lavorativo di categorie svantaggiate), che hanno sfruttato l’onda lunga degli ultimi due decenni per continuare a crescere, sia pure a piccoli passi. Terzo: la forte patrimonializzazione delle cooperative (negli ultimi 5 anni l’85 per cento degli utili è stato destinato a riserve), che le ha rese meno esposte alla stretta finanziaria.

Poletti, che è in sella da sette anni, scade nella primavera del 2011. Per questo ci terrebbe particolarmente a festeggiare il traguardo del mezzo milione di dipendenti nel 2010. Sotto sotto, ci crede. Però ufficialmente mette le mani avanti. Un po’ perché sa che le cooperative sono riuscite a limitare il ricorso alla cassa integrazione (per le coop dell’Emilia-Romagna la Cig è stata pari alla metà di quella media dell’industria nazionale) solo grazie ai contratti di solidarietà. Con i quali però non si può andare avanti in eterno.

Ma se Poletti non si sbilancia è soprattutto perché il 2010, che vedrà l’avvio delle complesse procedure congressuali per la sua successione, s’è aperto all’insegna dell’incertezza del quadro politico. A livello nazionale e in quell’Emilia-Romagna che assicura a Legacoop tra il 65 e il 67 per cento del suo fatturato complessivo, e cioè una cifra dell’ordine dei 37 miliardi di euro l’anno. Nella Bologna che ha governato per 54 anni di fila, il Pd è alla canna del gas.

Oggi la Lega non è più semplicemente il braccio economico del maggior partito del centro-sinistra. "Il rapporto che ha storicamente legato la Lega all’attuale Pd s’è molto allentato", testimonia il senatore Filippo Berselli, numero uno del Pdl regionale e presidente della commissione Giustizia del Senato. E Giuliano Cazzola, ex sindacalista Cgil di lungo corso e oggi vice presidente Pdl della commissione Lavoro della Camera, si spinge ancora più in la: "Se prima la Lega era la cinghia di trasmissione del partito, oggi la situazione è addirittura invertita. Un tempo decidevano le segreterie e basta; ora invece ci sono cordate interne che sono legate alle aziende più grandi e, in assenza di azionisti, rispondono solo a se stesse". però indubbio, e inevitabile, che le coop scontino l’indebolimento del loro punto di riferimento politico. "Diciamo che nel mondo delle costruzioni in questi anni le cooperative non sono state svantaggiate dalle amministrazioni rosse", ironizza Guidalberto Guidi, imprenditore modenese e presidente dell’Anie, la federazione che raggruppa le 900 aziende elettrotecniche ed elettroniche della Confindustria. Nell’industria del mattone rischia insomma di ripetersi quanto già avvenuto negli ultimi anni nella grande distribuzione: "avevano il monopolio e adesso non più", dice Berselli.

Sostiene una bolognese doc come Rita Ghedini, a Palazzo Madama per il Pd: "Le fortune delle cooperative non sono in alcun modo legate al destino del partito, ma solo alle loro capacità imprenditoriali". I primi a non crederci sono proprio gli uomini della Lega. Lo si è visto già il giorno dopo l’esplosione del Cinzia-gate, lo scandalo che ha travolto il sindaco di Bologna, Flavio Delbono. Legacoop ha detto chiaro e forte di non voler certo fare da spettatore. Al contrario, quando sarà il momento, giocherà. E lo farà in proprio, mettendo in campo tutto il suo arsenale di grande lobby. Non a caso, in pista per la successione s’è allineato lesto Luciano Sita, che prima di sbarcare in giunta come assessore è stato un manager storico della Lega. Con Mister Granarolo in municipio per Poletti e soci sarebbe tutto molto più semplice.