Varie, 26 febbraio 2010
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Latouche Serge
• Vannes (Francia) 12 gennaio 1940. Economista. Filosofo • «[...] è da anni il più autorevole critico dello sviluppo. Una delle sue opere di maggiore successo, uscita proprio mentre l’Occidente sprofondava nella più grave crisi degli ultimi settant’anni, si intitolava Breve trattato sulla decrescita serena (Bollati Boringhieri, 2008). Il rischio è che la decrescita si confonda con la recessione, tutt’altro che serena. Come conciliare la necessità di dare sbocchi professionali ai giovani, con un orizzonte di stagnazione, precariato, regresso del potere d’acquisto? Per evitare questa impasse, Latouche suggerisce un cambio di terminologia nel suo [...] saggio L’invenzione dell’economia [...] A scanso di equivoci, parliamo di ”a-crescita” come si parla di ateismo. Perché proprio di questo si tratta, dice Latouche: ”Uscire dalla religione della crescita”. Una religione che esige dalle masse dei credenti una fede cieca, assoluta, irrazionale. [...] La critica di Latouche va al cuore della scienza economica, che smonta e demistifica assegnandole una parabola storica ben precisa: è da Aristotele a Adam Smith che la visione economica si codifica e conquista un ruolo centrale, dominante, infine totalitario, nella civiltà occidentale (poi conquista via via tutte quelle altre zone del mondo che si sono modernizzate emulando i modelli dell’Occidente). Il marxismo in questo senso è una finta alternativa, un rovesciamento fallito, la sua prospettiva rimane la stessa: il produttivismo, l’idolatria dello sviluppo. ”Viviamo ancora – scrive Latouche – in piena apoteosi dell’èra economica. Viviamo l’acme della onnimercificazione del mondo. L’economia non solo si è emancipata dalla politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Occupa la totalità dello spazio. Il discorso pubblicitario, che invade tutto, diffonde la visione paneconomica e la spinge fino all’assurdo: pretendendo di dare un senso alla vita, ne rivela la mancanza di senso”. Pochi autori possono unire l’erudizione e la profondità analitica di Latouche, insieme con la sua capacità di attaccare alle radici venti secoli di pensiero occidentale: in passato proprio Karl Marx, e tra i contemporanei Giovanni Arrighi, si sono cimentati con operazioni così ambiziose. [...]» (Francesca Bolino, ”la Repubblica” 6/2/2010).