ROSALBA CASTELLETTI, la Repubblica 26/2/2010, 26 febbraio 2010
QUANDO L’ANIMALE DIVENTA KILLER
Non si tratta di un animale "cattivo", ma semplicemente di un animale selvatico di ben sei tonnellate sottratto all´oceano, e "stressato" perché costretto in cattività. All´indomani della morte di Dawn Brancheau, gli animalisti sono unanimi nell´assolvere Tilikum, l´esemplare maschio d´orca che ha trascinato in acqua la veterana addestratrice del Sea World di Orlando affogandola. E avvertono: Tilikum non è la prima orca a ferire o uccidere un essere umano e, sfortunatamente, è probabile che non sarà l´ultima. Per loro, la morte della Brancheau non è che un tragico promemoria del perché animali selvatici come "Tilly" o grandi predatori come tigri e leoni non dovrebbero stare in cattività.
Da Pamela Orsi, che morì nel marzo ´91 aggredita da due elefanti nel San Diego Wild Animal Park, a Steve Irwin, il celebre Crocodile Hunter della tv australiana punto fatalmente nel 2006 da una pastinaca mentre girava riprese subacquee, sono numerosi i casi di addestratori o etologi attaccati mortalmente da un animale. «Capita, come capita che una tigre addomesticata da anni si rivolti contro il suo domatore», commenta Francesco Petretti, biologo, docente dell´Università di Camerino e membro del Comitato scientifico del Wwf. «Bisogna rispettare gli animali anche nella loro capacità di aggredire. La tigre, come lo squalo bianco, è un animale predatore e quindi è naturale che sia pericolosa. Sta a noi mantenere le distanze».
Il problema, come illustra bene il libro «Uomini, prede e predatori. Il rapporto tra noi e i carnivori» dello zoologo olandese Hans Kruuk, è avere romanzato l´immagine di molti animali e avere dimenticato che «molti di loro sono letali». Si pensi, ricorda Kruuk, alle «fotografie di orsi polari su una distesa di ghiaccio che vincono i concorsi di fotografia naturalistica», alle serie tv come Flipper o, per rimanere in tema di orche, ai tre film della saga Free Willy che raccontano le vicende di Keiko, un´orca catturata in Islanda, proprio come Tilikum, e poi liberata. C´è chi parte proprio dal film per dire che non basta avere liberato Keiko, ma bisognerebbe liberare tutte le orche in cattività. Altri ricordano che la stessa Keiko, una volta libera, non si abituò alla vita in mare aperto e morì dopo tre anni. E allora cosa fare di animali come Tilly? «Continuare - suggerisce Petretti - a farli vivere al meglio e usarli come ambasciatori delle proprie specie minacciate».