Vari, La Stampa 26/2/2010, pp. 6-7., 26 febbraio 2010
CARTE DELL’INCHIESTA DI GIROLAMO DA LA STAMPA (3
pezzi) -
L’ambasciatore Sandro Maria Siggia non fa certo una bella figura: passa per complice (morale, si intende) del truffatore. Ricapitoliamo: il consigliori della banda di riciclatori, Nicola Di Girolamo, viene candidato al Senato in un collegio estero. Non era residente all’estero, e dunque, non poteva candidarsi ma grazie all’imbroglio si ritrova residente in Belgio. Riassume il gip: «Attraverso i contatti del Mokbel con Andrini Stefano e con Gianluigi Ferretti - già segretario dell’On. Tremaglia ma ormai in rotta con lo stesso, in quanto ne aveva ostacolato la candidatura, e che proprio per questo si presta a "lavorare" per Di Girolamo - viene individuata Bruxelles come città dove organizzare la finta "residenza" all’estero del Di Girolamo in quanto Stefan Andrini, motore della candidatura in questione, conosce bene l’Ambasciatore Italiano in Belgio».
Ambasciate maldestre
Dunque, quella agli atti dell’inchiesta del Ros dei carabinieri e della Finanza, è una intercettazione compromettente, per l’ambasciatore.
DI GIROLAMO: «Ambasciatore!... io so rimasto, lei ci crede che ho fatto una fotocopia della sua lettera... l’ho portata a casa e c’avevo i brividi e i miei figli hanno avuto i brividi... per cui lei continua ad essere detentore del più, di grandi emozioni per la mia famiglia... e adesso la vogliono conoscere tutti perché».
SIGGIA: «Ebhe... venite a Bruxelles, sarete ospiti da noi».
DI GIROLAMO:«Mi ha fatto... veramente è stato un riconoscimento... la ringrazio di cuore, al di là di ogni, di ogni cosa è stata eccezionale, chiaramente mi auguro che possa avere anche poi un prosieguo, però è stata una certificazione che veramente non mi aspettavo... mi ha commosso, la ringrazio tantissimo».
SIGGIA: «Ma per carità!... senta io le volevo dire, eh sa, siccome lei è l’unica persona che è stata eletta in Belgio. Allora cominciano naturalmente i giornalisti a chiedere di lei, come contattarla, come mettersi in contatto con lei e ultimamente adesso c’era un giornalista belga che voleva sapere qual era il suo studio legale qui in Belgio... il suo recapito in Belgio, naturalmente io ho detto che noi non lo sappiamo, anche perché... per la privacy, insomma non siamo noi che dobbiamo dare queste notizie... va bene però io volevo dirle insomma bisogna in un certo senso che troviamo un modo...».
DI GIROLAMO: «Io intanto la ringrazio per l’informativa... sappia che mi sto già muovendo su questo eh...».
SIGGIA: «Insomma....lei deve cercare di dire che si divide... ma non soltanto tra Bruxelles e l’Italia... ma anche in Germania... anche in... Svizzera... per l’appunto perché proprio il suo lavoro è proprio questo...sommessamente... è chiaro che chi ha uno studio... chi ha uno studio legale importante e ramificato... è evidente che ha interessi in Belgio, in Svizzera, in Germania... e passa il tempo girando da... da... da una sedia all’altra delle sue strutture... va bene... quindi è evidente che passa molto tempo fuori dal... fuori dal Belgio... perché il Belgio è semplicemente una indicazione... una indicazione di... di... residenza... ma l’attività è tale per cui... guardi noi abbiamo qui residente in Belgio... io questo glie lo dico perché...».
DI GIROLAMO: «La ringrazio di questa indicazione e le dico... la ringrazio anche dell’ultima opportunità... io adesso mi muoverò immediatamente per... per poter dare una risposta concreta... immediatamente... grazie mille Ambasciatore...».
Residenza taroccata
Che pasticcione, il futuro senatore. Per la falsa residenza in Belgio, viene coinvolto un impiegato del Consolato, tale Aldo Mattiussi. «Una serie di false dichiarazioni e di conseguenti false attestazioni fanno sì che il Di Girolamo Nicola Paolo risulti, apparentemente, iscritto nel registro Aire del Consolato di Bruxelles come italiano residente in quella città. Non sono mancati alcuni aspetti quasi "umoristici" nelle condotte degli indagati: ad esempio, nella dichiarazione resa in Consolato del luogo di propria residenza, Di Girolamo afferma di risedere nel Comune di Etterbeek, Avenue de Tervueren n. 143, non sapendo che quell’indirizzo (che gli era stato fornito in maniera errata dal giovane realmente abitante in quella casa), e cioè Avenue de Tervueren 143, non si trova a Etterbeek bensì nel limitrofo Comune di Woluwe-Saint Pierre».
Schede manomesse
A leggere le carte dell’inchiesta Fastweb-Telecom due domande non trovano risposte convincenti: in cambio di cosa la ”ndrangheta scende in campo per sostenere Di Girolamo? Il gip si accontenta della giustificazione dell’intestazione di una barca nella disponibilità dell’uomo delle cosche di Crotone, Franco Pugliese. Ma perché la banda guidata da Gennaro Mokbel decide di mandare un suo rappresentante in Parlamento? Da un punto di vista investigativo, sono interrogativi ininfluenti perché le prove sul coinvolgimento della ”ndrangheta nella vittoria (taroccata) del candidato Di Girolamo sono fortissime.
Giovanni Gabriele viene spedito in Germania, per organizzare la confluenza dei voti sul candidato prescelto. Gabriele è al telefono con l’uomo di Mokbel, Macori. I due parlano delle schede elettorali manomesse.
GABRIELE: «Allora io... so appena finito, ne ho scritte, ascolta ne ho scritte 40».
MACORI: «Giovà!! Giovà!!... il 40 le hai viste... te l’hanno date eh... poi..».
GABRIELE: «Poi 40 le ho scritte io con loro. Fammi finire, fammi finire, di quelle 70 che tu dicevi, 40 le ho scritte io 50, arrivo ascoltami...50, le devo scrivere domani».
MACORI: «Ma scrivere... non si dice scrivere... de... li... devi
parlare con gli elettori. Rimedia quelle 10 tue... così diventano 100 inc…c’è la farete 130/140... in più».
La scelta di Nic
Perché Mokbel decide la candidatura del consigliori della banda? Siamo a maggio 2007. Mokbel è a telefono con la moglie e accenna al movimento politico «Alleanza federalista», nato nel 2003 gravitante nell’area della Lega Nord. Ma nell’ottobre Mokbel decide di costituire un gruppo autonomo, Partito federalista italiano. Nel gennaio successivo, è crisi di governo. Si va verso le elezioni. Mokbel punta le sue carte sul suo «schiavo», «portiere» (così dixit in intercettazioni), Nicola Di Girolamo. «Dobbiamo trovare un altro partito dove infilarti - gli dice - perché ieri sera qui è venuto: il senatore de Gregorio, l’Onorevole Bezzi, tutti quanti si so messi a taranterellà però, siccome De Gregorio è l’unico che c’ha l’accordo blindato con Berlusconi... cioè si presenta in una delle liste»... continuando «..so successi de tutti tutti accordi, e poi fanno la segreteria Nazionale, non io, allora io adesso preferisco vedere se te trovo la strada sempre pe Forza Italia, che sarebbe ancora meglio».
Guido Ruotolo
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LE FACILI PREDE DEI CACCIATORI DI SCHEDE -
Case invase dall’odore di fritto o di peperoni arrosto, nonne parcheggiate su vecchi sofà spesso costrette al mutismo per intere giornate. Nessuno parla più la loro lingua - dialetto campano, siciliano, calabrese stretto - e quindi stanno zitte, perché il tedesco non l’hanno imparato. I nipoti ormai passano i pomeriggi collegati a Internet, e non hanno molto da dire. Anche loro in tanti casi non parlano un buon tedesco, perché per imparare una lingua straniera ne serve una di provenienza - gli esperti la chiamano «lingua veicolare» - necessaria per l’appunto a transitarci da un universo linguistico ad un altro. Se la lingua di partenza è un dialetto, difficile che il transito avvenga senza lacune. Solitudini, isolamento, degrado, scarsa attitudine a partecipare alla vita pubblica: è questo lo spaccato della comunità italiana di Stoccarda, nel Land del Baden-Wuerttemberg, che con oltre 160 mila residenti (il 13,7% dell’intera popolazione straniera) è la più grande d’Europa e la terza nel mondo. «L’ultima volta che abbiamo convocato un incontro con le famiglie dei connazionali per discutere di problemi scolastici dei ragazzi - spiegano le autorità consolari di Stoccarda - su 1.700 persone se ne sono presentate 25». Non è servito neanche scrivere sull’invito che c’era il buffet, cosa che in genere funziona.
Dopo oltre un secolo di permanenza in Germania gli italiani non sono riusciti a esprimere un solo candidato in tutto il territorio della Bundesrepublik, neanche in un’amministrazione regionale. Le percentuali dell’Ufficio Regionale di Statistica del Baden-Wuerttemberg parlano chiaro: circa il 5% degli italiani non possiede titolo di studio, il 20% ha la licenza elementare, il 55% la licenza media, il 15% il diploma della scuola superiore, il 5% la laurea, di cui solo l’1% conseguito in Germania. Chi nasce in una famiglia operaia per lo più resta operaio, le pizzerie e le officine si ereditano di padre in figlio. «Una volta una coppia di genitori mi ha detto con orgoglio che il figlio era stato preso alla ”scuola speciale” (Sonderschule)» - racconta Martha, assistente sociale di Ludwigsburg - Non sapevo come spiegare loro che quel genere di scuole sono ”speciali” nel senso che impediscono l’accesso agli studi superiori, e che dunque non c’era proprio niente di ”speciale” di cui andare orgogliosi».
Il sistema tedesco è complesso, selettivo, non fa sconti. Ma è lo stesso per tutti, anche per i turchi, che al confronto degli italiani hanno conosciuto in un paio di generazioni tutt’altra fortuna. Senza arrivare a Cem Ozdemir, uno dei leader dei Verdi tedeschi e membro del parlamento Europeo, la Germania comincia ad avere medici, avvocati e professionisti i cui genitori sono venuti dall’Anatolia con le stesse valigie che avevano i nostri quando partivano dall’altipiano della Sila.
Per la terza generazione si registra un lieve miglioramento, e un quadro esauriente della comunità racconterebbe anche molte storie di successi, ma la realtà è che è ancora molto facile pescare voti nelle case degli italiani in Germania, se si tiene conto che le schede elettorali arrivano in busta assieme alle liste dei candidati, alle istruzioni per il voto, al certificato con relativo talloncino in altra busta, e che si hanno dieci giorni di tempo prima di rispedirla al consolato, che poi la invia al Ministero. In termini burocratici si parla di «segretezza del voto scarsamente tutelata», e del resto una votazione con il sistema dell’allestimento seggi per la rete estera sarebbe troppo costosa. «Io vorrei votare Berlusconi - si è sentito chiedere una volta un addetto alle informazioni consolari - Mi dice soltanto se è di destra o di sinistra?». Spesso la parabola in casa non fa che moltiplicare la confusione, per cui molti elettori seguono la partita elettorale sui talk show italiani e poi quando arrivano le schede con l’indicazione sulla circoscrizione estera non riconoscono né simboli né volti. Terra fertile, la Germania, per i cacciatori di schede.
Francesco Sforza
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MA FU SOLO SPIRITO DI SERVIZIO -
L’imbarazzo, prima di tutto. Lunedì arriva il presidente Napolitano e, nella versione che nessuno ha ancora modificato, il programma protocollare prevede che in testa al comitato d’accoglienza ci sia l’ambasciatore presso il Belgio, Sandro Maria Siggia. E’ un diplomatico esperto, 65 anni, persona garbata con vividi ricordi del frettoloso addio a Saigon nell’aprile 1975 e una lunga carriera lontana dai riflettori. Almeno sino a ieri, quando nelle intercettazioni del caso Di Girolamo è spuntato il suo colloquio col senatore accusato di riciclaggio che avrebbe aiutato a farsi una finta residenza a Bruxelles. Vero o falso? Siggia risponde al telefono, al solito cortese. «Mi scusi - dice -. Non intendo rilasciare dichiarazioni».
Chi lo conosce dice che per lui è stata una giornata qualunque, «ricca di impegni», persino. L’ha passata nella sede di rue Emile Claus, il primo dei tre indirizzi intorno a cui gira la trama bruxellese della vicenda Di Girolamo. E’ qui che l’ancora non senatore del Pdl lo avrebbe incontrato, pochi giorni prima della chiusura delle liste per le elezioni 2008. A portarlo nella cancelleria sarebbe stato un vecchio conoscente, Gianluigi Ferretti, ex segretario del ministro Tremaglia, di cui Siggia era stato capo di gabinetto per gli italiani all’Estero. Motivo della visita, l’esigenza di ottenere in fretta il certificato necessario per essere inserito nella circoscrizione elettorale Europa.
Non aveva scelta. L’unico posto disponibile per Di Girolamo nella scena politica era oltre confine. Di conseguenza, all’avvocato occorreva trovare in fretta e furia una residenza estera. Ferretti suggerì Bruxelles proprio perché sperava nei consiglio di Siggia. Il quale, prontamente, ricevette la coppia e spedì l’avvocato al Consolato, il luogo delle formalità amministrative, il secondo indirizzo della storia, Rue de Livourne, una via popolata da bordelli a un passo dall’elegante Avenue Louise.
Qui, scrivono gli inquirenti, «con la complicità di un impiegato» Di Girolamo ha ottenuto una serie di «false dichiarazioni e di conseguenti false attestazioni» che gli hanno consentito di risultare iscritto al registro anagrafico consolare e quindi all’Aire, l’associazione italiani all’estero. Accettato nella circoscrizione europea, ha successivamente sbaragliato gli avversari ottenendo 25 mila preferenze.
Al consolato bocche cucite. Davanti a un caffè al bar dell’angolo, una fonte mette sul tavolo le carte della difesa. Le dichiarazioni, spiega, non erano false. Di Girolamo, si racconta, chiese di ottenere la documentazione senza mostrare i documenti di residenza a Bruxelles che dichiarò di non avere con sé. Visto che era persona nota, fu chiuso un occhio e accettarono la sua promessa di ripresentarsi a stretto giro coi documenti comunali. Succede spesso, si assicura. Salvo che poi l’avvocato pidiellino non s’è più visto.
Questo porta al terzo indirizzo, Avenue de Tervueren 143. Una maison de maître di quattro piani, giusto a fianco della Casa del caviale. Di Girolamo lo presenta come suo indirizzo, dice che si trova nel comune di Etterbeek, mentre è a Woluwe St.Pierre. Nessuno controlla, non è possibile. Il consolato ha 14 dipendenti e 70.000 anime da pascolare. Nessuno scopre che l’avvocato dorme su un divano e divide l’alloggio con due borsisti dell’Europarlamento. Due anni dopo sulle cassette postali della Tervueren due cognomi italiani, compreso quello dell’ex deputato leghista Robusti, il cui figlio assicura di non aver mai incrociato Di Girolamo. Il quale nel frattempo, a Bruxelles, non risulta essersi più visto. Uno degli ultimi contatti cittadini potrebbe essere la telefonata intercettata di Siggia. La fonte del bar dice che l’ambasciatore chiamò per congratularsi col «senatore belga» e per invitarlo a risolvere la sua pratica amministrativa ancora aperta in Consolato. Spirito di servizio, assicura. Vero o falso? La magistratura indaga.
Marco Zatterin