Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 26/2/2010;, 26 febbraio 2010
IL FATTO DI IERI - 26 FEBBRAIO 1939
Il Fado, quel canto lamentoso che Pessoa paragonava a una ”saudade de pedra”, le era entrato nell’anima fin da bambina, quando, piccola venditrice ambulante di arance, lo ascoltava nei vicoli poveri di Lisbona, tra i chitarristi vagabondi del quartiere arabo dell’Alfama. La storia di Amália Rodrigues, la regina del Fado, era nata lì, nei barrios malfamati del porto, dove, ai primi degli anni ”30, aveva debuttato sul palcoscenico improvvisato della strada, prima di esordire, il 26 febbraio ”39, nel Retiro da Severa, la più grande ”casa de fado” della capitale lusitana. Per Amalia, il Fado è una ferita che canta. Con passione e disperazione ne interpreta lo spirito nostalgico, venato di sonorità afro brasiliane. La sua avventura da ”c antora” da strada si trasforma in una carriera trionfale. Dal Brasile a Londra, a New York, porterà quel canto triste come un singhiozzo in giro per il mondo, a trasmettere quella miscela di dolore, malinconia e struggimento che sta alla base del Fado, il Fato, il destino. Affascinante, con la sua voce ”di miele aspro”, avvolta nelle sue tragiche tuniche nere, gli occhi splendenti di furore e aperti alle lacrime. Icona assoluta della terra lusitana, triste e sanguigna.