Fabrizio Caccia, Corriere della Sera 25/02/2010, 25 febbraio 2010
FERRARI, JAGUAR, SUPERYACHT. LA VITA DORATA E LE CONSULENZE IN SVIZZERA
Ora il senatore Nicola Di Girolamo se ne sta chiuso, in attesa di sviluppi, nella sua bella casa del quartiere Prati, circondato solo dagli affetti più cari, la moglie Antonella, i figli Francesco e Alessandro - di 19 e 16 anni - e il piccolo cane Teo, dal pelo bianco, che abbaia ogni volta che squilla il telefono. Perciò, in queste ore, Teo abbaia spesso. «Se c’è una cosa che più di tutte mi dispiace - confessa Di Girolamo a uno dei pochi con cui ha ancora voglia di parlare - è la sofferenza indicibile che sto facendo provare a loro». Indica la moglie e i due figli. «Prima di entrare in politica stavo benissimo, questa è la verità, adesso invece ecco il prezzo che pago», si sfoga.
Certo, il quadro della sua vita privilegiata all’improvviso è cambiato. Da giorni la Jaguar e la Ferrari del senatore - eletto dai voti della ”ndrangheta, secondo l’accusa - sono malinconicamente ferme nel garage. Anche la barca «Indiana», uno yacht di 54 piedi da un milione e mezzo di euro, rimarrà ormeggiato ancora per chissà quanto nelle acque di Porto Ercole, all’Argentario, dove pure Di Girolamo risulta possedere una discreta dimora.
Due anni fa, quando arrivò la prima richiesta d’arresto, il senatore del Pdl si svegliò presto quella mattina - dicono sia molto religioso - e andò a pregare alla messa delle 7 davanti alla tomba di Papa Wojtyla, in Vaticano. Non si sa se riconfermerà il rito anche stavolta: all’epoca, di sicuro, gli portò bene.
I suoi colleghi di Palazzo Madama dicono che Di Girolamo è romano, sì, ma in giro si vede poco. Niente salotti, feste, ristoranti. Non frequenta neppure le sedi del partito. Un fantasma. tifoso della Roma ma non si vede nemmeno all’Olimpico, nessuno lo ricorda in tribuna Monte Mario la domenica in mezzo ai vip. Uno dei suoi pochissimi amici rimasti (pare che fossero Zacchera e Gasparri un tempo gli «aennini» più vicini a lui) oggi invece è il senatore Sergio De Gregorio, presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato. Il quale, però, giura che la situazione economica del collega non è affatto così florida come sembra: «Gli hanno pignorato lo stipendio di senatore e anche la casa, per 270 mila euro, dopo che è fallita una società che costruiva barche e che lui aveva deciso di finanziare». Già. Perché la nautica è la sua vera passione. L’ultima vacanza è stata una crociera, quest’estate, in barca da Punta Ala alle Eolie, via Ischia, con moglie e figli impegnati a spazzare il ponte di «Indiana». L’equipaggio erano loro: lei, Antonella, siciliana d’origine, fa la casalinga; Francesco il figlio più grande studia Giurisprudenza all’università; Alessandro il più piccolo va al liceo classico. La casa di Prati, poi, si trova a due passi dalla bottega, cioè lo studio legale di via Filippo Corridoni che condivide con l’avvocato Giacomo Straffi e un’altra quarantina di dottori commercialisti. Di Girolamo era a Lugano, due giorni fa, quando si è scatenata la tempesta: avvocato tributarista, è infatti anche consulente di una banca d’affari in Svizzera. «Quel Mokbel che l’ha inguaiato - chiosa in ultimo De Gregorio - era un cliente del suo studio romano, l’ha conosciuto là». Vicepresidente della Fondazione «Italiani nel Mondo» (di cui è presidente lo stesso De Gregorio) e presidente dell’Associazione parlamentare di amicizia Italia-Turchia, si sa davvero poco del senatore adesso inquisito «con l’aggravante mafiosa». Con la sua fondazione, in passato, avrebbe donato due minibus per portatori di handicap ai Frati cappuccini di San Gennaro a Pozzuoli e alle Suore degli Angeli di Napoli. «In fondo, è un uomo mite», conclude De Gregorio.
Fabrizio Caccia