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 2010  febbraio 24 Mercoledì calendario

GLI UOMINI D’ORO DELLA NEW ECONOMY. PERSONAGGI E INTERPRETI DI UN’INCHIESTA

Golden boys, fino a ieri. Ragazzi d’oro dell’hi-tech o, se si preferisce, abilissimi surfisti della new economy: cavalcata come un’onda, prima che l’onda si infrangesse, e altrettanto abilmente trasformata, gestita, guidata poi, dopo, mentre diventava via via bolla e da bolla scoppiava. Senza travolgerli. Perché non erano apprendisti-stregoni: ci credevano, ne sapevano, e ci sarà pure una ragione se a un certo punto è il Time’ anno 2003’ a parlare per esempio di Silvio Scaglia come del « global tech guru ». Riccardo Ruggiero no, di «titoli» così non èmai stato omaggiato. E non è mai stato tentato dal salto manager-azionista. Ma pure lui, quanto a curriculum, non scherza.
Scaglia, classe 1958, è l’uomo che i suoi, quando ancora stava in Omnitel (la Vodafone di oggi), chiamavano «il mago»: e sarà anche stata l’epoca in cui i telefonini si vendevano da soli, però passare da 300 mila a otto milioni di abbonati è performance che si commenta da sé. E Ruggiero, classe 1960, all’epoca era l’altro «cavaliere» antimonopolio: tanto tosto, alla guida di Infostrada (controllata Omnitel, dunque lui era uno Scaglia’s boy), che poi sarà proprio l’ex monopolista Telecom’ èra Marco Tronchetti Provera, sede principale ufficialmente insediata a Milano’ a volerlo in prima linea. Per arginare i new comers delle telecomunicazioni. A colpi della loro stessa aggressività sul fronte prezzi, clienti, quote di mercato.
Poi sì, certo: arrivati qui l’immagine surf non si adatta benissimo (non dal lato new economy, almeno) al terzo grande nome coinvolto nell’inchiesta esplosa ieri. Uno come Stefano Parisi, classe 1954, fino al 2004 (ossia l’anno del suo ingresso in Fastweb) non era stato né manager di azienda privata né, meno ancora, azionista. Profilo da grand commis, piuttosto, il suo. Non è mai comparso e mai probabilmente comparirà nella classifica Forbes dei Paperoni mondiali, come Scaglia, tredicesimo in Italia. Impensabile vederlo pagare maxi-multe perché beccato, come capitò a Ruggiero, a schiacciare l’acceleratore di una Ferrari fino a 311 chilometri all’ora («Hanno invertito le cifre, erano 113», cercò di scherzare ammettendo la debolezza per le «rosse» e per la velocità). Ma, anche mentre gli altri due «ragazzi d’oro» andavano all’assalto del monopolio e poi l’uno andava a fondare Fastweb e l’altro si avviava verso Telecom, i mondi non erano poi così distanti. I suoi primi veri cinque anni da grand commis, tra il 1992 e il 1997, Parisi li fa da capo del dipartimento Affari economici della presidenza del Consiglio. Nel ”94, dicono le biografie, è lui il segretario generale del ministero delle Poste e Telecomunicazioni: ed è proprio l’epoca dell’apertura alla concorrenza nel mercato della telefonia. Poi il cambio. Mai negate o nascoste le simpatie – apprezzamenti ricambiati – per Silvio Berlusconi e «il nuovo» centrodestra, lascia Palazzo Chigi per Palazzo Marino: city manager di Milano. Voluto, fortemente voluto da Gabriele Albertini. E qui, in qualche modo, le strade si incrociano ancora da vicino. Almeno quelle di Parisi e Scaglia.
 il 1999. La tecnologia corre velocissima, Internet sembra non avere confini, la new economy impazza e sì, ci sono e scoppieranno molte bolle, ma per le telecomunicazioni è davvero clima da nuova rivoluzione industriale. Scaglia di fare il manager un po’ si è stufato. Delle tlc, dell’innovazione, no. E trova in Francesco Micheli il partner ideale per il salto: eBiscom nasce così, «mente» (Scaglia, l’ingegnere) e «risorse» (Micheli, il colto finanziere) ideali per tentare la scommessa di anticipare il futuro. Ogni palazzo milanese cablato: è questo l’obiettivo, il sogno, lo slogan. Fastweb, costola di eBiscom, è lo strumento.
Ma non da sola: la scommessa è anche della giunta meneghina, del Comune, dell’intera città, e «cittadina» è una quota societaria. C’è l’Aem, l’azienda energetica municipale, a fianco di Scaglia e Micheli nell’azionariato Fastweb e, soprattutto, nel progetto industriale. Il cablaggio. Lo sviluppo di una rete capillare di fibra ottica. L’industria, per una volta, che corre a cercare di anticipare la tecnologia, o quanto meno a viaggiare agli stessi ritmi.
I milanesi, oggi, probabilmente direbbero che il sogno è ancora a metà. E l’inchiesta della magistratura ora ci butta sopra incubi pesantissimi. Per Scaglia, che la sua «creatura» l’ha lasciata solo nel 2007, quando ha ceduto la quota di maggioranza a Swisscom (ma rimanendo in consiglio) per una cifra che ha ulteriormente rafforzato la sua fama di Paperone italiano: però mica per fare il pensionato, per una nuova città (Londra), una nuova scommessa tecnologica ( la web-tv), una nuova società (Babelgum). Per Ruggiero: che la Telecom delle mille traversie l’ha lasciata e oggi fa il megaconsulente per Value Partners, Permira, telecomunicazioni malesi. Per Parisi, che invece ha abbandonato il passato di grand commis e, dopo il city manager e dopo i quattro anni da direttore generale nella Confindustria di Antonio D’Amato, a Milano c’è tornato proprio per guidare Fastweb. Tutti, dicono (direttamente o attraverso i legali), chiariranno tutto. Tutti, ripetono, sono a disposizione dei magistrati. Ma per quanto sicuri che la bufera passerà, per quanto qualcuno parli di «bolla», è una «bolla», questa volta, che al momento almeno i golden boys li fotografa così: come surfisti che l’onda l’hanno persa.
Raffaella Polato