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 2010  febbraio 25 Giovedì calendario

LA KALHOR: «SONO FELICE, MA CHE FATICA». IN GARA ANCHE L’AZERA DI MILANO, «SCARTATA» DA GRENADA

WHISTLER MOUNTAIN (Can) Nella foto sull’accredito olimpico ha il velo, sotto il casco la tuta arriva a coprirle la testa, addosso la tuta azzurra della stessa marca degli americani: Marjan Kalhor è la prima, orgogliosissima, donna iraniana a partecipare a un’Olimpiade invernale. Penultima al via, con il pettorale 85, con le più forti già nella tenda per prepararsi alla seconda manche, Marjan ha chiuso ultima, a 21 secondi e 75 dalla Goergl, meglio delle 18 finite fuori, compresa la Vonn. Stanca e felice: «E’ stata dura, ero davvero stanca, nella mia vita non sono mai scesa su una pista così difficile e lunga». Divisioni In Iran uomini e donne non possono salire sulla stessa funivia, qui Marjan sfrutta i privilegi di essere atleta: può vestire una tuta aerodinamica e quindi aderente, per non perdere competitività e uno scaldacollo rosso che le copre il mento. Ha potuto conoscere la Zettel, il suo mito: «Spero che vinca lei, è la più forte», ha stretto i denti dopo la caduta in allenamento: «Ho picchiato la testa e il gomito destro, ma fa niente», ha sorriso, dietro l’apparecchio ai denti. Ha risposto, in persiano tradotta dal giornalista iraniano, alle decine di giornalisti che l’hanno attesa al traguardo: «E’ bello avere tutte queste attenzioni, un onore che tanta gente sia qui per me. Molto più divertente qui che ai Mondiali in Val d’Isere, un anno fa (finì 60ª in gigante). Sono felice, è stata la gara più dura di sempre per me, la più importante della mia carriera. Alla fine non ce la facevo più, ma in Iran mi avranno guardato in tv, questo è un giorno importante». Spirito Nella categoria l’importante è partecipare, la milanese Gaia Bassani Antivari ha già vinto la sua gara. Doveva essere al via a Salt Lake City 2002, affiliata alla federazione di Grenada, che però non presentò la richiesta di partecipazione e anzi, la fermò. Nuovo giro, nuova nazionalità: ha trovato asilo a Baku, in Azerbaigian, per realizzare le sue ambizioni olimpiche. La più applaudita è la peruviana Ornella Oettl Reyes, con le renne disegnate sulla tuta. La più impronunciabile la cipriota Sophia Papamichalopou-lou: «Ho imparato a sciare a Cipro, ma mia mamma è austriaca, mi sono specializzata lì». La più sradicata è Cynthia Denzler, ai Giochi come colombiana. Nata in California da genitori svizzeri, vive e si è sempre allenata a Gryon, di mestiere fa la manager. E’ olimpica grazie a papà Hanspeter, ex atleta, ex allenatore di sci, ora proprietario di una fabbrica di jeans a Pereira, in Colombia. «Come svizzera o americana non mi sarei mai qualificata, lo so». Non è arrivata in fondo, ma l’importante è partecipare.