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 2010  febbraio 24 Mercoledì calendario

E’ DAVVERO DA DEFICIENTI GUARDARE IL GRANDE FRATELLO?

Il nuovo conflitto generazionale sarebbe dunque tra padri che proibiscono ai figli di andare al Grande Fratello, e figli che considerano il divieto fuori dal tempo. Solo vent’anni fa, nel film di culto L’attimo fuggente, con Robin Williams, il padre proibiva al figlio di recitare ne Il sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, e il ragazzo si uccideva. Oggi ad essere maledetto dal perbenismo (o dalle insicurezze) paterne è ancora uno spettacolo (rappresentazione di ogni contraddizione come sempre fu), ma il Bardo è ormai lontano. Shakespeare era considerato immorale perché rappresentava un sogno (i sogni), il Grande Fratello inquieta perché è reality, ha comunque a che fare con la realtà, pretende di rappresentarla. Una realtà-spettacolo, vera e falsa assieme (come gran parte della realtà), che sembra attrarre molti figli, e di fronte alla quale molti padri non sanno che fare, se non dire: «no». Giusto o sbagliato? E le migliaia di ragazzi che vorrebbero andarci sono davvero tutti cretini come pensa il professor Placido in Genitori e figli? Forse si tratta di domande troppo affrettate. Intanto, mi sembra ingiusto verso i ragazzi fare della passione per i reality, e del desiderio di andarci, una colpa generazionale, una questione solo giovanile. I programmi che lasciano aperte le porte anche a partecipanti più grandi sono affollati di aspiranti di tutte le età, anche piuttosto anziani e non sempre in ottima forma, e ciò conferma che (come ricordava Brassens in una canzone indimenticabile): «L’età non c’entra nulla, quand on est con, on est con, quando si è scemi si è scemi». Ma soprattutto, siamo davvero sicuri che sia così stupido voler andare in un reality show in una fase storica nella quale ogni aspetto della realtà, dall’amore all’arte alla politica all’economia, prende la forma dello show, dello spettacolo? Mentre lo spettacolo, l’evento, si dilata d’altra parte fino a diventare industria, finanza, politica, cultura? Come mai l’unico Savoia relativamente popolare (malgrado i fischi a comando e qualche incontenibile attacco di invidia), è uno che ha impegnato con costanza e metodo tutto il suo uso di mondo per infilarsi senza troppi danni dietro le quinte televisive? Il fatto è che il mondo postmoderno è spettacolo, reality, sitcom, evento, e quindi anche Grande Fratello, anche se non solo GF (anzi probabilmente meno di quanto risulti dal conflitto un po’ manierato di Genitori e figli). I padri che si tengono lontani da questa volgare realtà, rischiano di essere dei babbi in barca, come lo sballatuccio papà di Chiara nel film di Veronesi. Che cosa dovrebbero fare, allora, poveri papà? Magari farsi una cultura spettacolare, smetterla di correre ad ascoltare maestri dell’altro ieri per le strade assolate del Festival di Mantova o altrove, e provare invece ad ascoltare quali siano le passioni dei figli, cercando di attizzarle bene. Perché è certo che al figlio farà meglio appassionarsi per eventi così così, che deprimersi dietro pseudoculture da tempo ammuffite.
Caludio Risè