Fabrizio Goria, Il Riformista 23/2/2010, 23 febbraio 2010
GOLDMAN SACHS RISPONDE «TUTTI FACEVANO GLI SWAP»
Goldman Sachs risponde agli attacchi riguardo le presunte mistificazioni sul debito pubblico della Grecia. «I cross currency swap erano legali e si trattava di una pratica comune per gli Stati Ue», ha detto ieri la banca newyorkese. Intanto, emerge che Atene non ha operato solamente con Goldman. L’indagine sulle operazioni di trading del Tesoro ellenico, richiesta la scorsa settimana dal commissario Ue degli Affari economici e monetari Olli Rehn, inizia a dare i suoi frutti. Sono oltre 15 le società finanziarie che hanno compiuto operazioni di swap sulle valute con la Grecia. Fra queste ci sono anche Barclays, Citigroup, JP Morgan Chase e Morgan Stanley.
A oltre due settimane dalle primi rumors, è giunta la replica ufficiale della banca newyorkese, che finora non aveva rilasciato dichiarazioni. «Il governo greco ha affermato (e noi concordiamo) che queste transazioni erano in linea con i principi di Eurostat in vigore all’epoca», ha detto Goldman Sachs in un comunicato stampa apparso sul proprio sito internet. L’istituto di credito spiega quali sono state le operazioni compiute con il Tesoro greco. Lo swap sui cambi, spiega Goldman, è stato effettuato per due volte (dicembre 2000 e giugno 2001). Entrambe le azioni hanno goduto di un «tasso di cambio storico implicito», continua la banca, precisando che «si trattava di una pratica comune presso diversi paesi europei, che peraltro non ha inciso sull’effettivo stato dei conti della Grecia». Queste transazioni «hanno ridotto il valore in euro del debito in valuta estera di 2,367 miliardi di euro e diminuito il debito del paese di solo l’1,6 per cento, da 105,3 per cento a 103,7 per cento». Ancora, sono state molte le ristrutturazione del portafoglio dei cross currency swap della Grecia, «per adeguarle alle valute correnti e migliorare i coefficienti del debito pubblico». Infine è intervenuto anche Gerald Corrigan, managing director di Goldman Sachs: «Con il senno di poi in alcuni casi particolari di swap di fine anni ’90 e di inizio 2000 gli standard di trasparenza avrebbero potuto, e probabilmente avrebbero dovuto, essere più alti».
Nel frattempo, l’agenzia Bloomberg parla di numerosi altri casi simili, con 15 istituzioni finanziarie come intermediari. La conferma arriva anche da Bruxelles. Non c’è solo lo swap da un miliardo di euro del 2001, a opera di Goldman Sachs. Sono molte altre le transazioni volte a ridurre il debito complessivo della Grecia. Almeno due con la britannica Barclays e tre con la statunitense Citigroup. Finora non è emerso altro, ma da Bruxelles lasciano intendere che l’indagine aperta mira anche a puntualizzare la posizione di tutti i soggetti finanziari che hanno intrattenuto rapporti con il Tesoro greco.
Operazioni come queste non sono rare per gli Stati. Anche l’Italia ha usufruito del maggiore beneficio del cross currency swap, la procrastinazione del debito. Per permettere l’entrata del nostro Paese nella moneta unica europea, JP Morgan aveva utilizzato proprio questo stratagemma nel 1996. Di fatto non c’era alcun vincolo di legittimità. A livello comunitario, questo processo finanziario divenne illegale a partire solamente dal 2003.
Intanto, non si placano le voci su un imminente aiuto congiunto dell’Ue. L’obiettivo è quello di ristrutturare parte del debito a breve termine di Atene, quantificato in circa 53 miliardi di euro. Sul piatto, secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, ci sarebbero 25 miliardi stanziati dai Paesi membri. La Commissione smentisce. Il portavoce di Rehn, Amadeu Altafaj, ieri è stato chiaro: «Al momento resta valido quanto detto dal Consiglio Europeo e dall’Ecofin e cioè che gli Stati membri sono pronti a intervenire in caso di necessità per preservare la stabilità dell’eurozona». Altafaj ha poi specificato che «non vi è alcun piano, non è stato stanziato neppure un euro anche perché la Grecia non ha richiesto un singolo euro». Più probabile, come ha chiesto il Governo ellenico, che si proceda con la fissazione di tassi d’interesse interbancari più bassi rispetto a quelli Ue.
L’impressione è che si stia attendendo la conclusione della due diligence sui conti pubblici di Atene. Ieri è giunto nella capitale ellenica un pool di funzionari della Commissione, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale. Prima tappa, la Banca centrale. Lo scopo è quello di fare chiarezza sulle zone d’ombra dei bilanci statali. Secondo fonti della Commissione, «non è da escludere che si possa richiedere un maggiore sforzo alla Grecia per il piano di ristrutturazione del proprio debito».
Sul fronte della finanza, aumentano le posizioni ribassiste dei principali investitori internazionali. Nel mirino dei servizi segreti di Atene sono finiti quattro grossi hedge fund: Brevan Howard, Paulson, Moore Capital Management e Fidelity International. Per tutti il sospetto è lo stesso, speculazione sul debito sovrano ellenico attraverso i Credit default swap, derivati che immunizzano dal fallimento di un asset. Avanza quindi l’idea di bloccare ogni transazione finanziaria sui titoli greci per evitare ogni strumentalizzazione della situazione di Atene.
Fabrizio Goria, Il Riformista 23/2/2010 FDF