Massimo Pedretti, Il Messaggero 24/2/2010, 24 febbraio 2010
LAZIO E PUGLIA, IL BOOM DEL FOTOVOLTAICO
CON l’annunciata costruzione a Fiumicino di una centrale elettrica fotovoltaica da 10 Mw viene confermata l’attenzione del nostro Paese nei confronti delle energie rinnovabili in alternativa ai combustibili fossili. La joint venture tra la multinazionale spagnola Fotowatio Renewable Ventures e l’italiana Solesa Green Power, con un investimento di 44 milioni di euro finanziati in project financing, realizzerà il più grande impianto fotovoltaico della provincia di Roma e uno dei maggiori a livello nazionale. Il progetto che si va ad aggiungere alle cinque centrali da un Mw ciascuna in via di completamento in Puglia prevede l’inizio dei lavori entro la fine di aprile e il completamento entro la fine dell’anno.
L’impianto di Fiumicino produrrà 14 milioni kWh di elettricità, sufficienti per il fabbisogno di circa 2.700 abitazioni, con un risparmio di emissioni nocive di circa 16 mila tonnellate di anidride carbonica (CO2). Si tratta di un piccolo tassello che aiuterà a migliorare la performance negativa del nostro Paese in relazione alle emissioni. Con 550 milioni di tonnellate annue di CO2, infatti, l’Italia è il terzo Paese europeo per emissioni (era quinto nel 1990 e quarto nel 2000).
Rispetto al 1990 anno di riferimento per l’obiettivo di riduzione del 6,5% entro il 2010 del Protocollo di Kyoto la crescita delle emissioni lorde italiane è stata del 7,1%, soprattutto a causa dell’aumento dei consumi per trasporti (+24%), della produzione di energia elettrica (+14%) e della produzione di riscaldamento per usi civili (+5%). Le emissioni nette, considerando i cambiamenti d’uso del suolo e l’incremento della superficie forestale, sono cresciute del 5%. Tutto ciò, mentre a livello europeo si registra una riduzione del 4,3% (Europa a 15) delle emissioni rispetto al 1990, con Germania, Regno Unito e Francia che hanno già superato gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, seguiti dall’Olanda che li sta raggiungendo.
Fotovoltaico, eolico, geotermico e idroelettrico senza dimenticare il nucleare sono dunque le strade da seguire per risparmiare in termini economici e di emissioni. In particolare, visto che siamo partiti dall’impianto di Fiumicino, il mercato fotovoltaico in Italia ha vissuto una crescita importante nell’ultimo anno. Nei primi 6 mesi del 2007 la potenza fotovoltaica installata era pari a 19 MWp con 1.773 impianti; a fine anno il settore ha fatto registrare una crescita record del 300%. Il ”rally” è proseguito nel 2008, in crescita del 110% rispetto all’anno precedente, con 146 Mwp installati e 11.800 nuovi impianti: un giro d’affari di circa 800 milioni di euro. Al 31 dicembre 2009 gli impianti erano oltre 50 mila, pari ad oltre 700 Mwp.
Ma non basta. L’industria delle rinnovabili e, di conseguenza, i posti di lavoro sono destinati a crescere moltissimo nel nostro Paese. Ma è certo che se continuerà a mancare una convergenza tra pubblica amministrazione, imprenditoria e ricerca, rischiamo di essere tagliati fuori dal grande business della green economy che altri Paesi europei stanno già cavalcando. Il nuovo obiettivo fissato dall’Unione europea è vincolante: l’Italia deve arrivare al 17% di produzione da fonti rinnovabili (dall’attuale 5,2%) rispetto ai propri consumi entro il 2020, pari a una produzione di 22,5 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) e quindi agire sulle principali voci dei consumi energetici: elettricità, calore, raffrescamento, biocarburanti. Le Regioni del Nord, grazie al ”vecchio” idroelettrico sono quelle che storicamente hanno la maggiore produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, mentre è in quelle del Sud dove, grazie a eolico e solare fotovoltaico, negli ultimi anni c’è stata la maggiore crescita.
La sfida è quella di trasformare l’obbligo in un’opportunità di cambiamento in positivo, innovando e creando nuovi posti di lavoro in ogni territorio a seconda delle vocazioni e delle risorse naturali presenti. In questo le Regioni hanno una responsabilità fondamentale: l’Ue aspetta il Piano nazionale già a giugno 2010, con un’articolazione degli impegni divisi per regione. Questo sarà il primo banco di prova dei nuovi governatori nella loro interlocuzione con il governo. Diversamente, come per l’Accordo di Maastricht, pagheremo altre multe.