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 2010  febbraio 24 Mercoledì calendario

BROGLI E INFILTRAZIONI, IL BUCO NERO DEL VOTO ALL’ESTERO

ROMA - Ciriaco De Mita lo ha ripetuto per decenni, ogni volta che spuntava l’idea di allargare al mondo il nostro corpo elettorale: «Non diamo il voto agli italiani all’estero. Perchè il voto all’estero è l’istituzione del broglio». Di voti falsi e contraffatti, di semplici errori, di schede pre-votate fuori dai seggi, di voti calcolati due o dieci o cento volte, di migliaia di voti scritti tutti con la stessa calligrafia e con la medesima matita, di voti finiti nell’immondizia in Argentina o abbandonati in uno zoo in Guatemala o che si sono perduti nel tragitto fra l’Oceania e Roma o fra il Brasile e l’Italia o fra il Giappone e l’Urbe, di voti quantitativamente superiori al numero di nostri connazionali all’estero aventi diritto elettorale e di altri pasticci, imbrogli, manomissioni, frodi e indicibili scambi occulti sono piene le cronache di questi anni, dal 2006 in poi. E due ministri dell’Interno, Pisanu e Amato, hanno sempre avvertito, invano: «Le regole del voto all’estero sono tutte da rivedere».
Se adesso l’inchiesta giudiziaria coglie nel segno, e davvero risulterà la massiccia presenza della ”ndrangheta nel voto degli italiani nel mondo, c’è da spaventarsi maledettamente. Il senatore del Pdl è lo stesso per il quale il 7 giugno del 2008 furono chiesti gli arresti. I pm gli contestavano di aver falsificato il suo luogo di residenza, Bruxelles, per potersi candidare nella circoscrizione Europa. Il Senato, in maniera bipartisan ma con il no di Di Pietro, respinse la richiesta di custodia cautelare. Ma adesso ci risiamo, e gli addebiti sono più gravi. Di Girolamo eletto in Germania con i voti della ”ndrangheta? Questo si vedrà.
Che il voto all’estero sia terreno per le incursioni delle mafie del resto non deve stupire troppo. Alla vigilia delle ultime elezioni politiche, nel 2008, nelle carceri italiane, in quella milanese di Opera e in quella di Rebibbia soprattutto, boss della camorra, delle cosche calabresi e di quelle siciliane si sarebbero attivati - come denunciarono gli inquirenti - per individuare i partiti politici e i candidati da sostenere. Le procure di Reggio Calabria, di Palermo e di Napoli si attivarono per captare questi movimenti di criminalità elettorale. Che avevano lo scopo di individuare e di far eleggere, anche nelle circoscrizioni estere, personaggi capaci di lavorare in Parlamento per l’attenuazione del carcere duro cui vengono sottoposti i boss, insomma per annacquare il 41 bis. Poi i pm calabresi si sono concentrati sul Venezuela e su Aldo Miccichè, imprenditore di stanza laggiù, accusato di contatti con la ”ndrangheta per portare voti tramite Marcello Dell’Utri - che si è subito dichiarato innocentissimo - al Pdl.
Presunti brogli di altro tipo, che hanno fatto scandalo, sono quelli che appaiono in un video - girato in una cantina australiana di Sidney - in cui si vedono alcune mani che compilano schede elettorali, indicando le preferenze per Antonio Randazzo e per Marco Fedi, poi eletti per il centro-sinistra nel 2006, legislatura in cui la risicatissima maggioranza unionista si reggeva con i voti dei senatori eletti all’estero. Gli imbroglioni - «I soliti ignoti» versione australiana? - sarebbero stati ricompensati con alcune casse di birra. I due onorevoli si sono sempre dichiarati estranei alla vicenda, e tuttavia il caso politico infuriò. Anche perchè Berlusconi già aveva chiesto la riconta dei voti degli italiani all’estero e i capannoni a Castelnuovo di Porto - dove vengono raccolte le schede arrivate dai vari Continenti - sono stati per alcune settimane, dopo la contestatissima consultazione di sei anni fa, il set del grande scontro politico fra destra e sinistra. Tutto incentrato sull’inaffidabilità, gli sbagli, gli imbrogli e gli infiniti pasticci - o peggio - che fanno del voto degli italiani nel mondo un vero buco nero. In cui saltano le regole matematiche. Impazziscono i pallottolieri. E possono infilarsi i malfattori.