FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 24/2/2010, 24 febbraio 2010
QUELLO SCANDALOSO CRISPI CONTESO DA DUE MOGLI
Faccia dunque attenzione chi dice: è gossip. Perché domani si dirà: è storia. L´impegnativo assunto si ricava, con un sovrappiù di soddisfazione, o comunque di consolazione, dalla lettura de Il ministro e le sue mogli, di Enzo e Nicola Ciconte (Rubbettino, 135 pagine, 14 euro), dedicato al caso personale, e perciò politico, capitato tra capo e collo all´allora ministro dell´Interno Francesco Crispi.
Il quale Crispi fu senz´altro un grande patriota del Risorgimento, cospiratore mazziniano, esule per il mondo dopo i moti siciliani del Quarantotto, poi organizzatore della spedizione dei Mille, quindi mente politica della «Dittatura» di Garibaldi nel Sud e dopo l´unità d´Italia ministro dell´Interno, appunto, e per ben due volte presidente del Consiglio. Ma a un certo punto della sua lunga vita e della sua intensa carriera, nel 1878, a 59 anni, per una di quelle debolezze che rendono i potenti uguali ai comuni mortali si ritrovò con due mogli, l´una contro l´altra armata.
Non solo, ma Crispi, che pure aveva un temperamento leonino, dovette fronteggiare avversari ragguardevoli come il suo predecessore, il barone Nicotera, oltre all´ostilità della Corona e in particolare della regina Margherita, che non gli perdonava scelte politiche e condotta privata; e soprattutto si ritrovò per la sua bigamia sotto il fuoco di una terribile campagna di stampa, orchestrata da Il Piccolo, rispetto alla quale infine fu costretto a darsi per vinto, rimettendo l´incarico.
Questa grosso modo la storia, della quale si coglierà il taglio per così dire d´attualità – a riprova del fatto che il presente sembra il più delle volte ispirarsi più al passato remoto che a quello prossimo. Ma il personaggio fantastico del libro, assai più di Crispi che vi fa una ben misera figura, è la sua vera moglie, la ripudiata, che poi in realtà sarebbe la seconda moglie dell´uomo politico, essendo la prima morta lasciandolo giovane vedovo, esule e squattrinato.
Il suo nome era Rosalie Montmasson, nativa dell´Alta Savoia, figlia di contadini, poco istruita, ma con un bello spirito ribelle, un temperamento assai coraggioso e fiero del suo venire dal popolo. Per farla breve: a 26 anni Rosalie conobbe a Marsiglia il fascinoso avvocato siciliano e se ne innamorò. O meglio, forse: dopo averlo strappato a un´altra donna – e anche in quel caso furono scene selvagge, con carabinieri e tutto – andò a viverci assieme in giro per l´Italia e per l´Europa, Torino, Malta, Londra Parigi. Dovunque lui, ardente d´Italia, complottava; dovunque lei lo seguiva mantenendolo con il suo duro lavoro di lavandaia, stiratrice, pulitrice di pavimenti, in Francia per mangiare Rosalie se ne andava per campi a fare cicoria.
A Malta nel 1854 si sposarono, dopo molte insistenze di lei. Fu un matrimonio un po´ alla buona, con un prete arrangiato e una penuria di documenti, con un decreto di espulsione già emesso. Dopodiché tornarono raminghi a tramare, la stessa Rosalie compì missioni segrete, rischiò la vita. Fino a quando, dopo aver convinto Garibaldi, si arruolò anche lei tra i Mille, unica donna ed eroina di quella incredibile avventura. Questo la fece entrare, anche come moglie di Crispi nell´epica leggenda, tanto che già allora non mancava chi diceva che si fosse travestita da uomo.
Ma la vittoria e per certi versi il potere logorarono il ménage di casa Crispi. La coppia accompagnò le tappe dell´unificazione: Torino, Firenze, Roma, costantemente in bolletta (ma Rosalie non poteva più lavorare). Lui sempre più distante, lei sempre più gelosa: nel momento in cui cominciava a sfiorire prese a bere, a fare spese pazze, a portarsi a casa animali, a fare scenate, a rompere piatti, a tagliarsi le vene. E così come gli era già accaduto, ormai maturo e promettentissimo cinquantenne, Crispi si trovò un´altra donna, molto più giovane, donna Lina, che gli diede anche una figlia. Nei modi tempestosi che si possono immaginare, Natalie fu liquidata.
Sennonché, anche donna Lina volle farsi sposare. In gran segreto e con procedure che oggi si direbbero poco trasparenti. Qualcuno spifferò la faccenda ed eccoti lo scandalone della immorale bigamia. Di qui il solito e vano dilemma: questione pubblica o privata? Nell´uno e nell´altro caso si richiamarono leggi, atti parlamentari, personaggi come Rosolino Pilo, Garibaldi, Agostino Bertani. Rosalie chiese udienza alla Regina, che le rispose: «Che venga, sarà bene accolta». La campagna del Piccolo culminò – corsi e ricorsi della storia – in sei domande. A cui Crispi non volle dare risposta.
Ma dopo aver fatto il diavolo a quattro si dimise, e De Pretis dovette trovarsi un altro ministro dell´Interno. Poi però Crispi ottenne la vittoria giudiziaria, per la gioia dei curiosi di matrimonialismo spasmodico. Rosalie restò nell´ombra. Sulla sua tomba si fece scrivere che era la moglie. Magra consolazione perché il gossip nell´aldilà non vale.